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Musica, il futuro è streaming?
Paolo Morati 03/03/2014
Tra Sanremo e quant’altro non abbiamo ancora parlato dei dati di mercato 2013 relativi alle vendite di musica in Italia. Rilasciati da Deloitte per FIMI (Federazione industria musicale italiana), si aprono con la notizia positiva di un ritorno dopo undici anni alla crescita del fatturato di settore, seppure contenuta al +2% anno su anno per un totale di 117,7 milioni di euro (11% dei quali generati dalla musica classica). Una inversione di tendenza che viene fatta risalire a sostanzialmente tre fattori: rallentamento nel declino del supporto fisico (-4%, ma il vinile nella sua nicchia cresce, +6%), tenuta del download (+6%, e 62% del comparto digitale) e significativo successo dei servizi di streaming. Per questi ultimi si parla di un sostanziale boom (+182%, per 7 milioni di euro di fatturato) nell’ambito della musica in forma digitale in generale (+18%) la quale oggi copre il 32% del totale in termini di giro d’affari.
Enzo Mazza, presidente di FIMI ha commentato così questi dati: “Il mercato digitale italiano comincia a consolidarsi avvicinandosi ai mercati maggiori, anche se resta sicuramente in ritardo rispetto alle proprie potenzialità. Siamo in una fase ancora molto fragile dell’economia musicale, che ha visto un calo del 70 % negli ultimi dieci anni. Se guardiamo al risvolto positivo, l’offerta diversificata con molte piattaforme attive nei vari segmenti, sta incontrando sempre di più l’interesse dei consumatori, anche grazie alle caratteristiche social di molti servizi che coinvolgono i fan degli artisti offrendo cataloghi di fatto illimitati”.
Il successo dei servizi in streaming va in sostanza di pari passo con l’evoluzione tecnologica che permette di fruire in tempo reale di musica in un formato la cui qualità dipende anche dalla scelta fatta – gratis o a pagamento – e che sembra destinata a diventare effettivamente la chiave di volta per un mercato ormai da tempo in sofferenza. Bisognerà capire quanto questo possa compensare il calo enorme che c’è stato rispetto ai tempi delle vacche grasse, quando le vendite dei dischi si misuravano in milioni e non – se va bene – migliaia di copie. Chiaro che se da un lato la pirateria sembra sempre incontrollabile, nonostante ld svariate contromisure messe in atto per contrastarla, l’idea di servizio si sta affermando come alternativa legale e fruibile in modo piuttosto comodo.
FIMI nel suo comunicato cita in particolare piattaforme come Spotify, Cubomusica e Deezer che a seconda delle opzioni e formule applicate, alla voglia di ascoltare pubblicità, a cui si aderisce portano le canzoni in punta di click sui vari dispositivi utente. Non è quindi difficile immaginare un prossimo (lontano?) futuro dove sarà anche qui la cosiddetta cloud a dominare il mercato. Bisognerà vedere con quali numeri e, soprattutto, quale sarà il ruolo delle case discografiche così come le abbiamo sempre conosciute.