Morandi, Rovazzi e lo scandalo del playback

12 Giugno 2017 di Paolo Morati

Gianni Morandi Fabio Rovazzi

Fabio Rovazzi e Gianni Morandi ‘cannano’ completamente il playback della loro Volare sul palco dei Wind Music Awards, partono i commenti sarcastici (e i titoloni, manco fosse scoppiata la terza guerra mondiale) e la risposta ironica di Morandi. Pare, insomma, una questione di stato l’esibizione del giovane Youtuber (è lui il primo a dire di non essere un cantante…) trasformatosi in leader dei tormentoni, e dello storico, inscalfibile e sorridente bolognese, tanto social anche lui, all’Arena di Verona. Da parte nostra, cresciuti nell’epoca del playback, abbiamo visto di peggio: quando c’erano i pienoni da Festivalbar, una delle occasioni estive per vedere i propri idoli in televisione, e certi Sanremo anni Ottanta, in quella breve finestra di tempo c’era sostanzialmente una passerella di brani registrati. Da decine di milioni di telespettatori.

Il playback, del resto, se fatto come si deve, non è una cosa che deve scandalizzare. Esiste in Italia così come negli altri Paesi, ce lo ricordiamo noi italiani a Discoring così come gli inglesi a Top of the Pops (il termine corretto inglese è lip-sync, ossia sincronia del labiale). Trasmissioni storiche, utili a promuovere i brani, ancor più quando per saperne l’esistenza o li ascoltavi in radio o li guardavi in televisione. Però lo devi saper fare, mimando sul palco (in passato giravano dei fuori onda con l’audio originale, per capire come i cantanti si attrezzavano per non sbagliare. Magari sussurrando comunque il brano), e vale tra l’altro anche per gli strumenti musicali, facendo comunque meno scandalo. Quante volte abbiamo ad esempio notato che i musicisti (o figuranti assoldati per l’occasione) suonavano ben altro rispetto a quanto si sentiva? Magari toccando a caso una tastiera o le corde di una chitarra?

Poi, Volare del duo Rovazzi-Morandi e con il cameo di Javier Zanetti nel video, non è certo un brano che si presta a un’esibizione perfettamente sincronizzata, e tutto questo rumore sembra nei fatti esagerato. Certo avrebbero potuto prepararsi meglio, ma ai Wind Music Awards c’è stato un po’ di tutto. Da chi ha cantato dal vivo con la sua poderosa band (vedi Zucchero, tanto di cappello), e chi invece ha preferito i nastri registrati, per dirla alla vecchia maniera. Ma tutto sommato lo scopo resta sempre quello: fare promozione, ritirare un premio, farsi vedere. Nel bene e nel male, insomma, basta che se ne parli. E da questo punto di vista è sufficiente valutare di chi si sta discutendo di più in questi giorni per capire come un errore a volte porta più fieno in cascina di un’esibizione perfetta… storia vecchia, che si ripete.

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