Milano-Torino no logo

28 Settembre 2012 di Daniele D'Aquila

Siamo nell’era della comunicazione, dove le informazioni viaggiano veloci da un capo all’altro del mondo. Basta un click per sparare il famoso battito d’ali di farfalla dal Mediterraneo all’altro capo del mondo (con la fedeltà che il digitale ci permette) senza dover attendere che si tramuti lentamente in un tornado nei Caraibi. La fretta è cattiva consigliera, però, l’incompetenza ancora peggio. No, tranquilli, non stiamo tornando sul caso Cocilovo-Sallusti che già ammorba ogni pagina ci passi davanti agli occhi in questi giorni, non siamo così alti per argomenti così delicati. Ci occupiamo più volgarmente di sport e informazione, in particolare di sport professionistico e informazione tv, sponsor e lustrini, soldi e immagine. E poi suoni, luci, colori, etc…

Lo sport è il ciclismo e per una volta non si tratta di doping, bensì della Milano-Torino. Cos’è la Milano-Torino?! Qui serve una disambiguazione come su Wikipedia (l’abbeveratoio preferito da chi non ha mai battuto un calcio d’angolo, quasi-cit.), perché di Milano-Torino ce ne sono ormai due, per quanto il paragone farà storcere il naso agli addetti istituzionali. Una è la più famosa e di più antica tradizione, una classica corsa in linea del circuito professionistico, la più vecchia in assoluto, nata nel 1876, ben prima ancora del Giro d’Italia o della Milano-Sanremo per dire. Tra evoluzioni varie e saltuarie interruzioni lungo la sua storia, è stata ripristinata proprio quest’anno, partendo da Novate Milanese in onore di Vincenzo Torriani e arrivando alla mitica salita di Superga. Per la cronaca si è corsa l’altro ieri ed ha vinto lo spagnolo Contador davanti a Ulissi e Kessiakoff, con Nibali staccato.

L’altra è la più umile Milano-Torino clandestina per biciclette a scatto fisso, una via di mezzo tra una randonnè e una cicloturistica non competitiva (anche se alla fine ad arrivare secondo non ci sta nessuno, figuriamoci terzo) organizzata a partire dal 2008 ogni mese di marzo da un gruppo di amici nostalgici della gloriosa era del ciclismo su pista. La biciclettata non istituzionale infatti si svolge su bici da pista, un po’ per competizione, un po’ per divertimento, un po’ per provocazione nei confronti della mancanza di strutture adeguate per questa gloriosa quanto dimenticata disciplina. Ora, vien da sorridere a pensare a quanto distanti siano una competizione storica dello sport professionistico ed una libera iniziativa amichevole, una gara istituzionalizzata da federazioni e sponsor e una biciclettata autoprodotta, ciclisti professionisti con l’ammiraglia al seguito e tonici ragazzotti dilettanti col panino nello zainetto, icone dello sport-business mondiale dal capello leccato e anarchici ciclo attivisti ricoperti di tatuaggi. In comune solo una cosa: spingere sui pedali per arrivare prima degli altri.

La Milano-Torino clandestina sorge sulla scia della nouvelle vague dello scatto fisso metropolitano, tra mezzi minimalisti per ciclo attivisti (secondo il motto che “quello che non c’è non si rompe e non necessita di manutenzione”) e bici da pista per surfer del traffico (perché per sopravvivere nella giungla del traffico metropolitano una bici da pista può essere ciò che è per Tarzan la liana). Una lunga storia che va dal vecchio gruppo di Chaingang alle iniziative per chiedere il ripristino del velodromo Vigorelli di Milano, tant’è che due edizioni fa si partì come di consueto dal piazzale del Vigorelli per tagliare l’arrivo addirittura sulla pista del Motovelodromo Fausto Coppi di Torino (con regolare autorizzazione e noleggio tramite autotassazione dei partecipanti), per unire idealmente i due velodromi in attesa di restauro e dare all’iniziativa il sapore delle grandi classiche del nord come la Parigi-Roubaix.

Nasce per iniziativa di Marcello Scarpa detto “il Reverendo Menthos” che a tutt’oggi la porta avanti e di varie altre persone, molte delle quali si ritrovano per anni sul blog www.ciclistica.it di Alberto Biraghi (giornalista ed editore specializzato in politica e chitarre per lavoro, e per libera vocazione civica ciclo-attivista nonché famigerato fustigatore web della mala-politica, particolarmente inviso all’attuale amministrazione milanese a cui non ne perdona una…), blog attivo dai primi anni del terzo millennio che sviscerava la bici a 360° gradi (dal collezionismo all’agonismo, dalla ciclomeccanica alla mobilità urbana, etc…). Blog che con il tempo è diventato addirittura un negozio di biciclette di proprietà dei due divenuti soci, Menthos e Biraghi appunto, e addirittura una squadra agonistica amatoriale:  Ciclistica Squadra Corse. Squadra corse, che per persona dello Scarpa, potremmo dire a spanne che detiene l’organizzazione della Milano-Torino quindi, per quanto poco si possa parlare di “detenere” un qualcosa che ha forma solo aleatoria e che ha padri indefiniti.

Fatto sta che l’altro giorno si è svolta la Milano-Torino istituzionale, quella importante, quella del circuito professionistico, e i media ce ne han dato notizia, seguendo l’evento in diretta tv e attraverso le varie forme dell’informazione sportiva.  Tra queste fonti c’è stata ovviamente Sky, il colosso di Murdoch che copre l’informazione sportiva a 360° stando sempre sul pezzo. Peccato che nel banner in sovraimpressione, mandato in onda dal più importante network sportivo operante nel nostro paese, appariva a corredo della notizia della vittoria di Contador non il logo ufficiale della manifestazione professionistica, bensi il logo della gara clandestina, come si può ben vedere qui  e pure qui.

Non sappiamo se l’errore dipenda dal maldestro personale della redazione che è corsa su Google ed ha cercato frettolosamente la prima immagine grafica che rispondesse alla ricerca Milano-Torino, o dal disinformato personale di regia che ha sbrigativamente ricevuto l’incarico di cercarsi in rete un logo della Milano-Torino da piazzare in sovraimpressione. Quello che possiamo immaginare è però il “piacere” e la “soddisfazione” di organizzatori, partecipanti e sponsor della gara professionistica a vedere il  marchio di un’anarchica gara clandestina,  addirittura con ben in vista (e senza nemmeno esser state croppate) la scritta “Ciclistica Squadra Corse” nonchè l’ironica (e autoironica) goccia di sangue (a corredo della notizia della vittoria di Contador rientrato da poche settimane dopo la squalifica per doping!) simbolo (assieme alla pillola di cianuro che ogni partecipante porta idealmente con sé) della gara clandestina.

Ma soprattutto quello di cui possiamo esser certi, al di là della bomba di marketing (diretta per la squadra amatoriale, indiretta per il negozio), è lo sgomento che ha fatto cadere dalla sedia tutti noi, organizzatori della corsa clandestina, partecipanti, ciclisti metropolitani, cicloattivisti, pistard, amatori, dilettanti, clienti del negozio, frequentatori del blog, amici, biciclette degli amici, amici degli amici, biciclette degli amici degli amici, alla vista di quella grafica in sovraimpressione. E non ci vengano a dire anche stavolta che la colpa è di chi pirata le partite sul web  causando un nocumento alle pay-tv, costrette così a ridurre i mezzi e le risorse…

Daniele D’Aquila, 28 settembre 2012

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