Il miglio miracoloso di Roger Bannister

7 Agosto 2014 di Stefano Olivari

Non abbiamo la pretesa di spiegare che cosa rappresenti Roger Bannister per gli inglesi, ma molte volte ci è capitato di essere in Inghilterra il 7 agosto e di essere testimoni di celebrazioni che viste da fuori sembrano incredibili per un atleta che è stato sì primatista del mondo, ma in una distanza non olimpica, e che nelle grandi manifestazioni ha ottenuto ottimi risultati, ma non ai Giochi (quarto posto nei 1500 a Helsinki 1952) che fino alla Coppa del Mondo 1977 e ai Mondiali 1983 sarebbero stati l’unica competizione globale. Il livello del mito fu raggiunto il 6 maggio del 1954, quando Bannister abbattè nella sua Oxford il muro dei 4 minuti sul miglio, aiutato dagli amici Brasher (due anni dopo oro olimpico a Melbourne nei 3.000 siepi) e Chataway, con un 3’59”4 che proiettò in una nuova dimensione quella all’epoca considerata la specialità regina della pista. In diretta radiofonica per la BBC commentava l’evento Harold Abrahams, proprio il campione olimpico nei 100 metri di Parigi 1924 reso eterno anche da Momenti di gloria. Ed in effetti Bannister in un’atletica già evoluta, con tanto di stipendiati dallo Stato (ma non in Inghilterra, situazione che dura ancora oggi), era ed è (ha 85 anni) un autentico personaggio da Chariots of fire, con annessa colonna sonora di Vangelistanto è vero che dopo il suo fantastico 1954 (atleta dell’anno per Sports Illustrated, considerando tutto il mondo e tutte le discipline) si ritirò per completare gli studi di medicina e diventare neurologo. Quel record fu battuto un mese e mezzo dopo dall’australiano John Landy, con 3”58”0 (nel mezzofondo i centesimi sarebbero arrivati solo negli anni Settanta) e la doppia impresa fece salire a livelli pazzeschi l’attesa per lo scontro diretto (il primo, rimasto l’unico), che si materializzò proprio il 7 agosto ai Giochi del Commonwealth di Vancouver, dove nel miglio gli unici due uomini capaci fino a quel momento di scendere sotto i 4 minuti diedero vita ad una delle gare più belle di tutti i tempi. Landy avanti per quasi tutta la gara, anche di 10 metri su Bannister e con strappi continui, con l’inglese che lo passò nel finale e vinse in 3’58″8. Medaglia d’argento in 3’59″6 in quello che nel circuito delle rievocazioni è ricordato come ‘The Miracle Mile’, che ci ha lasciato una delle foto sportive più famose di sempre: il momento del sorpasso, con Landy che guarda a sinistra per vedere la posizione dell’avversario e Bannister che lo affianca sulla destra. Difficile non comprendere la magia di questo momento, anche senza averlo vissuto in diretta. È questa, secondo molti inglesi e anche secondo lui stesso, la vera gara della vita di Bannister. Che 3 settimane dopo a Berna vinse l’oro nei 1.500 (4 anni prima era stato bronzo negli 800) e poi lasciò l’atletica senza dubbi e senza rimpianti, come era logico nella sua concezione davvero olimpica e dilettantistica dello sport. Che poi, opinione personale, è alla base del culto che gli inglesi hanno nei suoi confronti: senza bisogno di decine di medaglie o di una morte da giovane. Avremmo appreso della sua esistenza grazie a un libro dei Quindici (il quarto o il quinto di quella memorabile enciclopedia per bambini degli anni Settanta, intitolato ‘Personaggi stranieri famosi’), ma ancora oggi una svogliata rassegna stampa inglese fatta il 6 maggio o il 7 agosto può regalare aneddoti ed emozioni. C’è chi preferisce Oxford, chi il Miracle Mile. Noi siamo del secondo partito, mettendo tutto nella giusta prospettiva, visto che anche la storia successiva del miglio è piena di fenomeni: Elliott, Snell, Ryun, Walker, Coe, Ovett, Cram, Morceli e l’attuale detentore del record (3’43”13 del 1999, ottenuto a Roma) Hicham El Guerrouj. Quasi superfluo precisare che miglio significa 1.609,344 metri, mentre meno superfluo è ricordare che si tratta dell’unica distanza non espressa in metri che la IAAF riconosca, a livello di record e di presenza nei meeting.

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