Miasmi di Tevere, Lambro e Forum

24 Marzo 2016 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla valle del Lambro per cercare ad Anzano del Parco la Lazy basketball, una sedia in metallo a rete con canestro colorato. L’idea è dell’aretino Emanuele Magini, studi fra Gerusalemme e il Politecnico di Milano, il prodotto è della Campeggi, nome a noi caro perché a Milano prima come giocatore mago del passaggio “senza guardare” e poi come fotografo c’era un vero Campeggi, azienda che ci ha ispirato per questa replica su Indiscreto visto che le sue creazioni sono fatte per “evitare la noia delle posizioni acquisite, superare l’immobilità situale”. Diteci voi se non è il posto giusto per un bivacco di protesta dopo questo scossone all’albero della Lega di una federazione che ci è sembrata davvero troppo emotiva nella figura di un presidente che pensavamo fosse politicamente corazzato per non andare allo scontro muro contro muricciolo (della Lega ovviamente) dove hanno fatto solo una cosa buona in questa baraonda: risposto non per le rime, ma con la logica.

Certo sembra banale, dopo il sacco di Milano della bella Trento, preoccuparsi di questa guerra dove, come ha scritto Fuochi sulla Repubblica, al vero appassionato importa poco chi si siede alla cassa per incassare. Eh sì, dietro a tutto questo desiderio di “rinnovamento” senti soltanto il profumo dei soldi, la strada che si deve sempre seguire quando ci sono risse, omicidi sportivi e politici. Infatti lasceremo ai soliti posteri la sentenza. Per noi l’eurolega è una buona organizzazione, chi partecipa viene ripagato in giusta misura. Non c’è motivo per smantellarla. Non ci sarebbe neppure un motivo per allargarsi come hanno fatto, scombussolando tutto, ma non veniteci a parlare del diritto sportivo in situazioni economicamente strasbilanciate dove l’eguaglianza competitiva è soltanto miele per formiche. Comunque teniamo lontano questo processo con il grido Pape satan aleppe, ma fatevi furbi e non raccontateci le balle alla Jones della finale olimpica 1972, delle finali di coppa organizzate nelle scuderie e negli orti dell’amico di turno, meglio se belga.

Fra un mese tutto sarà risolto. Le società “eretiche”, ovviamente pentite, riammesse al villaggio dove troveranno nuovi sceriffi, anche se consigliamo a Petrucci di aggiornare i suoi sottomessi per non trovarsi davanti ai boh, non so, cosa consigliate, tipo quello che è accaduto per la richiesta di Varese, respinta da questa Lega a sentire il Marino per negata concessione della controparte, di posticipare la partita contro Avellino visto il rinvio di due giorni per quella della semifinale contro i belgi per la terza coppetta dopo la tragedia di Bruxelles. I lupi di Sacripanti non hanno accettato il posticipo, la Lega ha detto bah, la Fip ha risposto boh. Pasticciacci brutti fra palazzo bolognese e via Vitorchiano in Roma dove tutti sono particolarmente sensibili e guai se ricordi alla città che l’Olimpiade non curerà proprio tutte le buche. Se lo accenni anatema. Persino per chi è dentro al comitato. Accidenti che aria pesante.

Comunque sia eccoci al motivo vero di questa gita in Brianza dove, promessa dei marinai che hanno rilevato Cantù, se non ci saranno play off il Pianella diventerà subito un cantiere mentre il prossimo anno i “ragazzi” di Gerasimenko andranno a Monza che sembra preferibile ai buchi di Desio dai parcheggi trappola. Soltanto i miasmi del Lambro ci sono sembrati più tollerabili di quelli del Forum.

Milano del basket gambe aperte, gambe all’aria, lontano dall’Europa e non certo vicina come la cantava il Lucio Dalla che del basket amava tutto e lo capiva. È caduta contro la bella Trento del Buscaglia separato alla nascita dall’allenatore del Frosinone calcio. Nella settimana dove la città che sa seguire i buoni consigli, c’è un bellissimo palazzo che ce lo ricorda, ha fatto qualcosa di speciale: semifinalista nella champions di pallavolo, semifinalista nella eurocup del basket. I primi sbaragliando i russi, i secondi quei signorotti di Milano che sono andati in battaglia col piumino e la puzzetta sotto il naso di chi posa e spera di essere venuto bene in fotografia. Questo errore di valutazione, questa supponenza, mettono tutti alla sbarra per un processo sommario, cominciando dal nostro caro gelsomino Repesa per finire a chi ha dimenticato il motto rubianiano: non è finita fino a quando non è davvero finita. Una cosa che ricorda persino il senatore Bradley e glielo ha pure scritto.

Doveva essere corpo a corpo dal primo secondo, è stato uno scambiarsi fiori e sorrisi, ma a Trento andava bene perché giocava a basket, mentre a Milano andava tutto male perché ognuno dei prescelti per la piccola impresa voleva far sapere ai diecimila del Forum di essere il Griso e il Nibbio della situazione. Bravi, a sentir loro, anche se non bravissimi dopo averli visti cadere in pezzi: errore fu non tenere al minimo lo scarto di Trento, rimandando in campo chi ha una corte che spinge per fare cose per accecare le allodole; erroraccio non sentire che la squadra sottovalutava il nemico che era più leggero, aveva pochi uomini, ma un progetto, un cuore, una testa.

Presunzione da grande per ricchezza, non certo per talento, come si è visto, andare in campo pensando che fosse facile rimontare da meno dieci contro avversari in difficoltà, reduci da 5 sconfitte in campionato nelle ultime 6 giornate, con assenze importanti, Baldi Rossi e Sanders (non immaginavano che il Sanders dell’Emporio giocasse poi anche un po’ per loro). Un peccato che la gente di Milano ricorda nelle due tormentate stagioni di Banchi, che rivede anche adesso. Le fasi rem non governabili da chi pensa ancora che gestire lo sport sia la cosa più facile. Certo diventi popolare quasi subito, per amore o per forza te li trovi dietro tutti scodinzolanti e allora non senti la puzza delle carni maciullate di Austerlitz. Attraversi il fronte pensando che ti aspetti una festa di celebrazione e, invece, ti trovi in mezzo alle baionette. Esiste la possibilità che le previsioni vengano ribaltate proprio per una questione di testa. Lo senti già in spogliatoio, lo vedi nel riscaldamento. Guardare le facce, pensare solo e soltanto alla squadra. Milano non lo ha fatto.

Sembrava normale amministrazione e adesso guarderà anche questa coppa europea dal buco della serratura. Certo può infischiarsene, tanto ha già noleggiato la prossima champions dell’Uleb senza essere scomunicata da Petrucci e Malagò, ma sarà meglio che registri le sue canzoni in stile Abba, Mamma mia, come siamo bravi, vedete, guardate, in una sala appartata dove si fa soltanto fatica e non entrano spifferi su nuovi assetti di squadra per l’anno prossimo. I giocatori, soprattutto se non fortissimi, diventano più fragili. Lo scudetto è il traguardo minimo, appena sopra la coppa Italia come difficoltà. La concorrenza esiste, ma avrebbe bisogno di tutte le fortune per reggere anche contro chi può lasciare uno straniero in tribuna. Come è stato possibile non prendere un centro, vero punto debole, per la coppa? In tempo per la coppa, se hai a disposizione la società gioiello e modello come dicono le agiografie, contro una squadra che ha fin troppe soluzioni e questo sembra confondere persino il navigatissimo Repesa che aveva risolto così bene il problema con l’arma bianca della vera difesa in coppa Italia. Come è possibile vedere una difesa col piumino di tre quinti di ogni quintetto schierato? Siamo sicuri che chi ha garantito per questa nuova gestione tecnica poi sia anche in grado di proteggerla? Milano gambe aperte, gambe all’aria e quella contro la bellissima Trento resterà la pagina della sua storia recente da far rileggere quando ci saranno altre feste.

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