Merce rara, di Oscar Eleni

29 Dicembre 2008 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dall’Osteria dei Vespri dove con la tartara di tonno fanno resuscitare il pirata Long John Silver, dove sembra merce rara dirsi in faccia la verità in modo che poi non si faccia confusione quando andiamo a mettere le mani nel barile di acciughe sotto sale per spedirle sull’altipiano di Asiago al traditore che non vuole più sapere cosa succede alla Fortitudo perché secondo lui, vista con un occhio di riguardo, come direbbe Nino Pellicani, prendendo per il naso noi disperati davanti alla sua gigantesca forza di battere luoghi comuni, piagnistei, non si riesce proprio a salvare, anche se qualcuno ci prova, perché l’anima di una squadra la vedi subito e se devi mandarla in sala operatoria per due, tre o quattro restauri, allora vuol dire che hai sbagliato tutto come direbbe il giglio del compianto professor Klinger.
Dovrebbero rendersene conto anche a Milano dove il sciur Gamba, finalmente, manda un messaggio a Piero Bucchi: non lasciate in mano ad Hawkins il pallone per l’ultimo attacco.
Merce rara trovare gente con buona memoria e allora perdonare sempre gli sbalzi d’umore del genietto Vitali, irritante in difesa, debole di concentrazione, fa soltanto del male ad un giocatore che ha grandi qualità offensive, che trova belle linee di passaggio, anche se non sempre stordenti come dicono i clavicembalisti di Sky, ma che non può crescere se prima non risolve i problemi per stare con gli altri, vivere per gli altri. Con Mordente dovrebbe imparare, con Bulleri dovrebbe capire che esiste una strada opposta da prendere subito. Lo dicevano già ai tempi di Azzurra scherzi a parte, quella che non ha trovato la qualificazione europea, ma non hanno creduto a quei poveri profeti di sventura e allora, mentre Piero Bucchi ci parla sempre degli stessi episodi che hanno condannato la sua squadra in grigio perla, si capiscono anche tante altre cose e, come si diceva ai tempi delle prima finestra sul mercato, ci voleva coraggio per dire: siamo andati troppo sotto il livello del mare meneghino, abbiamo scelto di non emozionarci, ma così non abbiamo neppure emozionato. Sembriamo la chiatta delle Scimmie davanti al Torchietto. Altro che fare la guerra ai Corrado. Altro che prendersi piccole vendette sul territorio. Certo non entrare fra le otto per la coppa Italia sarebbe gravissimo e non tanto per le risate del Galliani, di Iggino Natali che pure dovrebbero avere altri problemi in rosso e in nero, non tanto per il lamento di Portnoy Corbelli che torna al basket aiutando la pubblicazione del libro ricordo su Maurizio Martolini, facendoci ritrovare anche la firma del Campana che hanno trovato pure sul giornaletto Virtus edito dal Morandotti e distribuito persino fra i dentisti fortitudini, ma per la delusione del Giorgio Armani che deve aver esaurito la pazienza dopo aver tirato una scarpa sul televisore a mezzogiorno, vedendo la sconfitta di Treviso, senza ritrovare il sorriso neppure alla sera quando Teo Teocoli gli ha fatto alzare il naso per accarezzare uno splendido gatto nero che di certo non c’è nella sua squadra di basket rifondata per la vita, per sempre, ma con radici deboli come il pino del consolato serbo che ci è caduto ad un metro dal naso di casa.
Merce rara ricordare adesso che gli stessi sostenitori della linea tecnica italiana, tutti allenatori bravi (altro che i presunti santoni, ma quali? Fuori le cifre), come gli arbitri, fino a quando non dirigono in casa loro, avevano qualche dubbio sulla rivoluzione federale e ora fanno sapere a Meneghin che per lui c’è il passaporto di origine controllata, che nel suo esercito ci vorremmo essere tutti, ma non s’illuda di far passare per nuovo quello che nuovo non sarà se a fare le regole, a dirci come uscire dal fango sono gli stessi, pazienza se poi mandano avanti qualche clone locale, che ci hanno lasciato crescere in questa fanghiglia. Eh sì, cara gente. La scuola era cosa vostra. I vivai erano cosa vostra o volete dire che le società professionistiche dovranno pagare sempre e per tutti? La nazionale è cosa vostra anche se la mantengono gli altri. Dicono che sia stato un anno orribile per il basket italiano, ma ci sembra merce rara andare a leggere gli spettatori anche soltanto dell’ultima giornata del 2008: non ci sembra che la gente stia lontano dal basket, se poi lo facessero giocare alle ore giuste, cioè se si potesse mettere insieme spettacolo e cena, spettacolo e cinema, partita e lavoro, se si potesse avere una forza d’urto per far capire a Rai e Mediaset che non possono mettere tagliole soltanto per ripicca, anche andando contro la dignità delle persone e della professione, allora forse avremmo anche qualcosa di più.
Merce rara sapere che sulla Lega delle commissioni non ci si troverà mai d’accordo. Merce rara dire a Sabatini che va sempre alla ricerca del lardo lasciando qualche zampetta, ma è vero che quando ci sono battaglie di principio lo trovi bello tonico. Ora sentiamo il lamento del popolo Virtus che aveva anche pagato per il genio della lampada Boykins, ma nessuno che decida subito se le quattro Effe della Vu nera valgono più del giocatore che fa meraviglie, ma non rispetta regole che agli altri vengono comunque imposte. La Virtus di Torquemada Porelli era fatta così, quella di Cazzola e Messina era proprio così. Ora ci dicano se non era quella l’età dell’oro, quella la società da vivere e per farla vivere si era pronti alle code notturne pur di avere un abbonamento. Chiedere ai Canna, ai Pellanera, ai Giomo, chiedere al passato nella Futurstazione poi parlare. Merce rara vedere che per trovare idee da prima pagina bisogna sbattersi davvero perché servono quattrini e serve un progetto a lunga scadenza per resistere, per dire sì, Minucci è il più bravo, ha chiuso persino il bilancio con 6000 euro di attivo, per andargli dietro e non per lamentarsi se comanda lui il gioco. Ordine e progresso dicono su certe bandiere. Usiamole. Tutti.
Pagelle perché fa troppo freddo, perché tanto la gente si ferma prima e non legge più tanto volentieri.
10 Allo STATISTICO che ha tenuto conto delle nonne moribonde, dei bambini ammalati, dei parenti con pochi giorni di vita, che hanno rovinato le feste di Natale di tantissimi giocatori americani costretti a lasciare l’Italia, la squadra, per correre al capezzale dei cari in estinzione.
9 A Claudio SABATINI per la pioggia dorata di natale, per la decisione di far rispettare a tutti le regole di un gruppo, per la forza di ribellione che già gli avevamo visto l’anno scorso quando decise di mettere fuori squadra i nottambuli, salvo poi perdonare tutti riaprendo il castello da dove intanto si faceva uscire l’allenatore.
8 A Piero BUCCHI perché bisogna dire che gli vogliono bene davvero in tanti se nessuno mette in discussione la gestione dei finali di partita Armani. A lui nel nome degli altri allenatori italiani che secondo il volgo non onoriamo abbastanza. Bisogna dire che sono bravi, che hanno tante qualità, anche se gli stessi che li ammirano sono i primi a storcere il naso se li prendi nella loro squadra. Un po’ come i giocatori italiani. Bravi sempre, salvo quando non lo sono. Cioè molto spesso.
7 Alla SCAVOLINI Pesaro che non ha usato due pesi e due misure per mettere le squadre bolognesi alla gogna, che non ha badato a spese per avere un fine anno degno, che si è impegnata nel sociale, che ha lottato per difendere il progetto Sacripanti sicura di avere successo anche se a qualcuno non cambierai mai la testa e devi tenertelo.
6 A Zare MARKOVSKI per aver capito che Williams andava coccolato un po’ di più, magari facendogli arrivare qualche pallone, che i Crosariol reagiscono se sai cosa sussurrare lassù in alto dove è difficile connettersi, che Ave
llino diventerà pericolosa anche quest’anno ora che potrà respirare con i tempi giusti.
5 A Boscia TANJEVIC se non fa sapere subito che il progetto Roma che dovrebbe coinvolgerlo non nasce in mezzo a tradimenti, non nasce per la benevolenza di figli e figliastri, non può diventare realtà se la partenza sarà su queste basi dove qualcuno ha visto i talponi all’opera come urlava un tempo il professor Guerrieri, ha visto cose che non possono essere state insegnate dall’uomo che sussurrava ai cavalli e li faceva diventare centauri.
4 Ad AMORUSO e VITALI fratelli di sangue ai tempi di Montegranaro che hanno scelto la stessa giornata per fare mezzi disastri. Si sapeva che erano ragazzi umorali, bravi, ma sempre convinti di esserlo molto più di quello che sono in realtà. Dicono che si faranno perdonare già al prossimo turno, ma ci sono partite e ci sono giornate che non hanno domani e se sbagli quelle non puoi più rimediare. Per questo serve allenarsi duramente, resistendo alla magia della danza che incanta sempre quando c’è il Poz sul campo come dicono le sue vedove inconsolabili.
3 A Mike D’ANTONI che non vince più una partita e ci fa venire il nervoso perché adesso, appena svegli, andiamo sul sito NBA per capire quanta sfortuna frena il cammino dei Knicks. Ci mancava anche questa. Quando era a Phoenix sapevamo che comunque gli avremmo sempre preferito Boston, ma adesso è dura vedere Spike Lee che chiama i giornalisti italiani per urlare riprendetevelo voi questo santone, noi ne abbiamo di bravissimi e poi sono americani. Ce lo siamo inventato questo sfogo del grande regista? Sì. Ma, come diceva un collega inventando balle, era una cosa sfiziosa.
2 Al CIRCOLO della SCHIENA DRITTA che sembra perdere pezzi e fedeli durante la processione verso le nuove elezioni federali. Fanno i conti delle sedie. Qualcosa non torna come direbbero nella Lega della vera base, quella dalla serie B in giù, quella dove non sempre fanno tutti all’amore con le banalità.
1 Alle COMMISSIONI di LEGA che non si vedono, non si sentono, non sono utili quando servono decisioni rapide, scelte alla luce del sole spiegando bene, a tutti, che non sono fatte per il bene di uno, ma per quello della comunità societaria.
0 Ad Ettore MESSINA e Sergio SCARIOLO se non mandano a tutti un biglietto di auguri per il 2009 spiegando che gli allenatori, come le mamme, sono tutti belli, in qualsiasi posto siano nati, qualsiasi sia stata la loro scuola, se hanno la forza di guidare ragazzi e professionisti con la stessa idea di farli diventare uomini e campioni. Se accetti i compromessi puoi aver ascoltato tutte le lezioni del mondo, puoi aver accumulato punti come vuole Recalcati, come suggerisce Gebbia, ma resterai sempre una mozza orecchi, uno forte con i deboli e debole con i potenti. Dire che servono allenatori ben pagati anche nel settore giovanile è sfondare un portone aperto, ma, di grazia, chi dovrebbe fare questa battaglia?
Oscar Eleni
(per gentile concessione dell’autore)
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