Marotta e l’Agnelli che comanda

1 Ottobre 2018 di Stefano Olivari

Beppe Marotta fra poco lascerà il ruolo di amministratore delegato della Juventus e in generale la Juventus, dopo otto anni di eccellente lavoro iniziati insieme alla presidenza di Andrea Agnelli e alla collaborazione di Fabio Paratici. Di quella stagione di transizione furono testimoni anche Bonucci e Barzagli (che arrivò in gennaio)… Nella gara a chi sapeva tutto da mesi, ma ovviamente non lo ha scritto, non va dimenticato che il più sorpreso di tutti è stato Marotta che solo pochi giorni fa discuteva del futuro juventino di alcuni giocatori insieme ai rispettivi procuratori, parlando come una persona con un orizzonte di almeno un altro paio di stagioni. Uno in uscita non partecipa con calore a partite come Juventus Under 23-Cuneo… Marotta sarà esonerato perché ritenuto troppo vecchio (ha 61 anni…) e troppo italocentrico, da Juve antica: questa la spiegazione ufficiosa che gli Agnelli hanno approvato, chiaramente mettendola in bocca ad altri. Insomma, Marotta il provinciale che non si era entusiasmato per l’operazione Cristiano Ronaldo e sembrava più interessato alla maturazione di Orsolini al Bologna. Con il cattivo della situazione che è sembrato Andrea Agnelli. Sembrato, appunto.

Perché quando si parla delle strategie della Juventus troppo spesso ci si dimentica che il club è una sorta di supergiocattolo di consolazione lasciato in mano ad uno dei rami (relativamente) perdenti della famiglia, ma che la catena di comando è chiarissima. La Juventus è controllata a maggioranza assoluta (63,77%) dall’olandese (fiscalmente) Exor, che a sua volta è controllata dall’altrettanto olandese Giovanni Agnelli BV (l’ex accomandita, quando aveva sede in Italia), che è controllata dalla leggendaria Dicembre, il vero cuore del potere del gruppo, la società costituita nel 1984 dall’Avvocato e che dopo un controverso (Margherita Agnelli, la figlia di Gianni, userebbe altri termini) giro di donazioni ha John Elkann come azionista di maggioranza. Non che ad Andrea Agnelli manchino i soldi: il suo ramo, cioè i discendenti di Umberto Agnelli, è azionista di minoranza della Giovanni Agnelli BV. Ma il potere vero su tutte le aziende a valle, quelle che noi canottierati conosciamo (Fiat-Chrysler, la Ferrari, la Stampa, l’Economist, la Juventus, eccetera) di nome e a cui spesso non diamo il giusto peso (per dire, la sola Partner RE, società di riassicurazione domiciliata non a Chivasso ma alle Bermuda, vale 7-8 volte la Juventus), è in mano a John. E per assurdo, visto che anche lui è azionista della Dicembre, Lapo Elkann ha più potere vero di Andrea Agnelli.

Tutta questa premessa per dire che le lotte all’interno della famiglia sono feroci, come accade anche a chi da spartire ha soltanto un bilocale in periferia al primo piano, ma dal punto di vista dei numeri hanno poca materia di discussione. Se Marotta, oltretutto uomo graditissimo a John che l’aveva inseguito già nell’estate del 2009 (quando come possibili successori di Ranieri furono contattati i giovani Conte e Allegri, prima di scegliere Ferrara) e che dal 2010 di concerto con il cugino per quasi un anno lo affiancò a Blanc prima che Blanc andasse al PSG, deve lasciare la Juventus la ‘colpa’ non può essere solo di Andrea Agnelli e dei quarantenni rampanti (ma una volta non erano i trentenni ad essere rampanti?). A meno che, questa la nostra modestissima ipotesi, i movimenti (da non dimenticare la partenza dell’altro amministratore delegato Mazzia) preludano a un riassetto generale del gruppo. Una cosa del genere ‘A te tutta la Juventus, ma ti diluisci ulteriormente per quanto riguarda il resto’.

Visto che non abbiamo azioni del gruppo, non avendo i soldi nemmeno per far parte del parco buoi, in concreto a noi interessa dove finirà Marotta. Che ha molti interessi e investimenti a Milano, ma non per questo finirà necessariamente in un Milan che ha appena ingaggiato Gazidis e in un’Inter tenuta ancora parzialmente in scacco da Thohir. Anche se quello nerazzurro è uno scenario che terremmo ben presente per uno come lui che è la quintessenza del Nord Italia, almeno del Nord Italia di una volta. Forse si è pentito di avere snobbato il mezzo discorso con la FIGC, ma del resto il padrone della Juventus non era lui.

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