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Atletica

Maratona di New York, l’atteggiamento giusto di Caroline Wozniacki

di Stefano Olivari

Pubblicato il 2014-11-03

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La maratona di New York ha sempre qualcosa che la rende superiore alle altre, cioè New York. Non certo i tempi, visto che le difficoltà del percorso e le condizioni atmosferiche di inizio novembre (ieri anche un super-vento) impediscono imprese, ma nemmeno il campo di partecipanti (fra i 5 major di solito vince Londra, mentre per i record si sceglie Berlino) come confermato dai piazzamenti oltre il decimo posto: con Danilo Goffi, 42enne e di fatto atleta part time, quindicesimo e migliore degli europei in 2h19’44”. A meno di 5 minuti dal tempo che fece ai Giochi di Atlanta 1996, dove fu nono… Di sicuro le riprese televisive (ESPN, non TeleVicolo) sono state da Bulgaria anni Settanta, anche per la solita folle e non solo americana scelta ideologica di inquadrare fisso il gruppo di testa: sbagliata in assoluto ma ancora più strampalata in una gara che storicamente ha sempre visto grandi rimonte e crolli soprattutto nelle posizioni di rincalzo. L’impresa da copertina non è stata quella di Kipsang, che aveva ancora tantissimo margine, né della Keitany, ma di Caroline Wozniacki. L’ex numero uno del tennis femminile ha chiuso la sua prima e forse ultima maratona in un 3h26’33 che non l’ha messa in evidenza solo nella classifica dei vip (bene il masterchef Joe ‘Io muoro’ Bastianich in 4h29’12”, benino la casalinga disperata Teri Hatcher in 5h06’42”) ma che le ha dato anche un personale da brava amatrice. Paragone scontato, quando si parla di (ex) amatrici: Valeria Straneo, ieri ottava assoluta e non al meglio a due mesi e mezzo dall’argento europeo, nel 2000 al suo esordio in maratona (a Torino), alla stessa età (24 anni) della danese, corse in 3h32′. Da notare che la tennista non ha certo una struttura esile, anche se le ossa (e il resto) sembrano pesare meno di quelle dell’amica Serena Williams. E che non aveva mai corso in vita sua per più di 20 chilometri, preparandosi alla maratona in pratica soltanto con il normale allenamento per la sua attività tennistica: che fra l’altro quest’anno l’ha vista tornare in alto, con la sua seconda finale agli US Open (battuta proprio da Serena, mentre nel 2009 perse dalla Clijsters). Nel dopogara ha spiegato che la notte di Halloween aveva fatto le quattro a una festa e che sabato sera l’aveva trascorso non analizzando tabelle e tempi di passaggio ma a una partita di hockey dei Rangers. Per la numero 8 WTA a colazione, domenica mattina, caffè e due bagel. Pensando alla vita fuori dall’allenamento di Gelindo Bordin, che peraltro era un super-professionista, non sembrano racconti di fantasia ma il modo giusto di vivere lo sport. O spettacolo, in cui però non credere troppo, oppure maniera per stare bene con il mondo e nel mondo.

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