Malagò o Giorgetti?

19 Novembre 2018 di Indiscreto

Il CONI deve occuparsi soltanto di preparazione olimpica e di promozione dello sport, come da suo statuto e come avviene in quasi tutti i paesi civili per i comitati olimpici nazionali. Altro che diventare un ministero dello sport, come vagheggiava Malagò quando ancora l’alleanza fra Cinque Stelle e Lega sembrava improbabile. È questo il senso delle parole contenute nella legge di bilancio in via di approvazione e che ha scatenato tante reazioni. Prima di tutto quella del presidente del CONI stesso, un Malagò il cui “Con quattro righe è stato ucciso il CONI” ricorda vagamente un famoso “Mi hanno ucciso l’anima”. Poi di tanti atleti, Federica Pellegrini in testa (divisa fra l’appartenenza all’Aniene e quella ad una federazione che è la più anti-Malagò di tutte, oltre che la più vincente dello sport italiano considerando soltanto gli sport seri), con posizioni diverse ma in maggioranza a favore del vecchio CONI. E ovviamente dei politici, che gestendo 370 dei 410 milioni una volta gestiti dal CONI in sostanza decideranno al posto di Malagò in quale misura le varie federazioni saranno meritevoli di contributi.

Non c’è dubbio che l’anima di questa svolta governativa non siano stati né Di Maio né Salvini, presi dai rispettivi core business (reddito ai nullafacenti e respingimento degli africani), ma Giancarlo Giorgetti, che ha ricordato a Malagò che lo sport italiano di base non vive grazie al CONI ma al volontariato. E che quello di vertice, gestito in larga parte dal CONI, vince meno rispetto a quello di nazioni che spendono meno. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con delega allo Sport, fra le righe ma nemmeno troppo ha quindi voluto dire che il CONI così come è stato concepito negli ultimi decenni e soprattutto nell’era post Totocalcio altro non era (e non è) che un distributore di stipendi ai suoi ancora troppi dipendenti (anche dopo l’escamotage di qualche anno fa di imputare alle federazioni metà del personale siamo, fra CONI e CONI servizi, in zona 700…) e di collaborazioni a chi fa parte del giro e che quindi tanto vale che questa distribuzione venga fatta direttamente dallo Stato, cioè da chi materialmente elargisce i soldi. Che, ricordiamo noi, non arrivano però nemmeno a un terzo delle tasse pagate da tutto il sistema, con il calcio ovviamente in prima fila.

Insomma, non ci ci sono buoni e cattivi anche perché in ultima analisi i soldi sono i nostri e non di Malagò o Giorgetti. Fra l’altro ci sembrano entrambi in buona fede: difficile per il primo scardinare un sistema pseudo-ministeriale formatosi nei decenni, difficile per il secondo non rispettare il contratto di governo in una delle poche materie in cui è possibile farlo senza aumentare il debito pubblico. Il ‘Di qua o di là’ è quindi sia politico sia sportivo: per lo sport italiano in generale meglio che, a parità di cifre, i finanziamenti alle federazioni siano mediati dal CONI o che siano gestiti dallo Stato? Malagò o Giorgetti? Inutile inseguire modelli stranieri perché ce ne sono di vincenti e perdenti con entrambi gli assetti, stiamo parlando di Italia.

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