Madden Football e la perfezione del Sega Mega Drive

28 Agosto 2018 di Stefano Olivari

I tre morti e gli undici feriti di Jacksonville ci ricordano una volta di più che i cretini e i pazzi sono più numerosi di delinquenti e terroristi: meno male che nella vituperata Italia minorati mentali come David Katz non hanno, almeno mentre scriviamo queste righe, troppa facilità nel procurarsi un’arma da fuoco. Ma rispettando la stella polare di Indiscreto, cioè il cazzeggio, non intendiamo produrre un pippotto contro il Secondo Emendamento o spiegarvi l’America, mica siamo Riotta o la Botteri. Vogliamo solo dire due parole sul videogioco che ha indirettamente scatenato la rabbia di Katz, cioè Madden. Si tratta, lo diciamo per i pochi che non lo sapessero, del più famoso videogioco di football americano. Che va forte anche adesso che si chiama Madden NFL ed è diventato incasinatissimo (noi invece siamo arrivati soltanto fino alle versioni per PS3, l’ultimo nostro acquisto aveva in copertina Drew Brees), ma che aveva raggiunto livelli emozionanti già all’inizio degli anni Novanta, quando lo giocavamo con lo storico Sega Mega Drive (conosciuto anche come Genesis) e si chiamava John Madden Football.

Madden altri non è che un grande allenatore, tuttora vivente, che come head coach ha dato il meglio con gli Oakland Raiders degli anni Settanta e che si è ritirato giovanissimo, a 42 anni, per dedicarsi alla carriera televisiva. Il videogioco è uno dei più fortunati della storia già fortunata della Electronic Arts, in cialtronese lo potremmo definire ‘iconico’, ed essendo stato commercializzato sul finire degli anni Ottanta ha avuto versioni addirittura per il Commodore 64 e l’Amiga. Ma è con il Mega Drive che ha secondo noi raggiunto il top, il giusto compromesso fra qualità e semplicità. Tutto è relativo, anche la semplicità, perché al di là del conoscere le regole del football bisognava anche usare i tantissimi schemi che Madden stesso aveva preteso ci fossero nel gioco. Non a caso John Madden Football era più realistico dei coevi giochi di pallacanestro e di calcio, anche di quelli targati EA (di grande livello invece la NHL, mentre squallido era il tennis). La deriva verso il semiprofessionismo, non quello di Katz ma quello di adolescenti che smisero di uscire di casa, iniziò con le varie modalità manageriali ma qui già eravamo agli albori dell’era Playstation.

Tornando al ‘nostro’ Madden, quello di inizio anni Novanta, la differenza con le versioni di oggi al di là della grafica e dell’imbarazzante numero di opzioni possibili è che il risultato veniva determinato, in proporzione, molto più dal giocatore controllato (anche switchando) che dalla situazione tattica e dai propri 10 compagni governati dal computer. Non era più realistico rispetto alle versioni odierne, anzi è vero proprio il contrario, ma era senza dubbio più giocabile. Discorso che non dipende solo da rincoglionimento senile, perché gli anni Settanta e Ottanta giocavamo con prodotti oggi buoni solo per i musei, mentre nella prima metà dei Novanta il mondo dei videogiochi raggiunse un giusto compromesso.  Sarà anche per questo che il retrogaming è negli ultimi tempi uscito dalle catacombe.

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