L’ultimo stadio degli Agnelli
29 Aprile 2011
di Libeccio
di Libeccio
La Juve sarà rilanciata a partire dal 2014 grazie al nuovo stadio. Questa la sintesi di una dichiarazione di John Elkann lanciata dalle agenzie e ripresa da tutti i giornali, con vari gradi di estasi mistica e trionfalismo. In italiano la dichiarazione del padrone della Juventus (più padrone del cugino Andrea) significa che non ci sono soldi adesso per sostenere i sogni dei tifosi e quindi bisogna accontentarsi di quello che passa il convento: Del Neri o Gasperini non cambia molto, in questo senso. Difficile ascoltare una dichiarazione più rinunciataria di questa, inevitabile la ‘traduzione’ dei media amici (e dipendenti, in certi casi): decine di milioni di ‘investimenti’, torna Ibrahimovic, obbiettivo Messi, eccetera.
Giornalisti che seguono quotidianamente la Juve scherzano con i colleghi sul numero di giocatori della squadra che John Elkann conosce almeno di nome: nemmeno il più generoso arriva a undici. Un po’ meglio va con Andrea Agnelli, ma qui manca il potere effettivo di riversare sulla squadra quei famosi 100 milioni di euro della holding (privatamente la famiglia non avrebbe problemi, genitori e nonni hanno fatto il loro). Al di là dei fanta-nomi la questione forse andrebbe posta in altro modo: con la presa di coscienza una volta per tutte che la Juventus come la conoscevamo non esiste più. La Juventus che vinceva trofei dopo trofei, che polverizzava gli avversari, che non conosceva fatica e indigestione ai titoli, che faceva scuola ovunque, che era un punto di riferimento per chiunque si interessasse di calcio, che era un modello sportivo e industriale, che comprava i più grandi atleti e altrettanti ne forgiava, che aveva i migliori dirigenti sul ponte di comando, che aveva una proprietà che faceva tendenza anche in questioni che con lo sport poco avevano a che fare.
Che aveva in cima alla piramide un vecchio signore che si chiamava semplicemente “l’Avvocato” e girava sempre rigorosamente senza una lira in tasca perchè possedeva un titolo di credito permanente che era semplicemente sè stesso. In Italia c’erano 150 mila avvocati, ma uno solo di essi era “l’Avvocato” e dietro quel termine c’era un mondo, un profilo umano e sociale, una leadership riconosciuta in Italia, in Francia, in Giappone e negli States. Ovunque. Parliamo di carisma, non di sostanza e nemmeno di etica: era un predatore, con i media e la quasi totalità dei politici dalla sua parte, ma che sulla Juventus e il suo prestigio aveva un’idea molto precisa.
Poi arrivò Moggi, chiamato (va detto) dagli Agnelli e non imposto per legge. La sua Juve vinse subito con alcuni giocatori che già c’erano (Vialli, Del Piero, Baggio) e altri che erano sul mercato e furono pagati a prezzi di mercato, ma per la Juve vincere non era una novità. Non gli bastò vincere, ma volle consolidare a un livello più alto quel sistema Moggi che da decenni lo rendeva una divinità per direttori sportivi di provincia. Calciopoli non ha distrutto il moggismo, ma Moggi ha sicuramente distrutto una idea di Juventus e i suoi odierni tentativi di dare consigli ad Agnelli sono penosi.
Se la Juventus non elabora una scissione completa con Calciopoli e riparte da una diversa angolazione organizzativa e sportiva non potrà mai più tornare grande. Se non traccia una linea permanente con quel passato non tornerà più ad alzare trofei importanti. I Pepe si cambiano, più difficile è trovare nuovi Agnelli e dirigenti all’altezza. Da quanto tempo nella Juventus non esplode un talento? Anche giocatori di rilevante (Diego, per dirne uno) qualità nella Juve spariscono o vengono ridimensionati. Quanti manager ha cambiato la Juve alla sua guida in questi anni? Quanti allenatori? Forse serve una rifondazione totale, ma di mentalità soprattutto, che liberi la Juve dai fantasmi di Calciopoli. Fantasmi che si riaffacciano ogni domenica su ogni campo, con gli striscioni, gli sfottò, eccetera: benzina per le discussioni di noi tifosi, perfetti alibi per la proprietà. Quello della stadio è poi un mito a metà: da solo non servirà ad avere una squadra da Champions League, ma a vendere la società a prezzo doppio sì. Per questo forse Elkann parla a cur leggero del 2014: pensa che per l’epoca quelli della Juventus non saranno più problemi suoi.
Libeccio
(in esclusiva per Indiscreto)
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