Basket
L’ultimo Pozzecco
Oscar Eleni 24/02/2025

Oscar Eleni sul sentiero dei ricordi seguendo un airone gigante in Sudafrica, dentro il parco Kruger, cercando di ricordare le freddure della guida inglese sul ruggito del leone infuriato fuori dalla tenda, nei giorni in cui ci sentivamo felici anche soltanto per il buon vino di Sergio Ottolina, poeta fuggiasco dal grande sport, e la bella accoglienza di Marcello Fiasconaro che prometteva riscatto alla faccia dei tendini infiammati. Bella avventura. Era il 1973. Ultimo viaggio in rosa. Giorni speciali. Il campione scoperto a Helsinki due anni prima, purosangue ferito ai Giochi di Monaco, mantenne la promessa fatta alla festa nella casa del suo allenatore Banner. Voleva qualcosa di speciale. Ci arrivò davanti alla folla dell’Arena che aveva preferito l’atletica alla sfida calcistica Milan-Napoli di Coppa Italia, la notte milanese del 27 giugno ’73, un primato che poi ha resistito fino all’assalto di Juantorena nelle Olimpiadi a Montreal 3 anni dopo, battendo il cecoslovacco Plachy capitano di una nazionale non ancora divisa.
Questo racconto per stare lontano dai legali di Jacobs che indagheranno sul fratello di Tortu, per non sentire il campione di Tokyo, che intanto rinuncerà ad europei e mondiali indoor, quando diventa minaccioso e ci fa sapere che adesso parlerà lui. Per dirci cosa? Sappiamo, immaginiamo, abbiamo vissuto la cosa tante volte. Certo meglio la verità prima di rimettere insieme una staffetta che il professor Di Mulo dovrà confessare e liberare dal peccato ora che tutti sanno che non era proprio famiglia. Questa storiella della squadra famiglia già sconfessata da Julio Velasco che davanti a certe ipocrisie ha detto la verità ben note, forse, a tutti gli allenatori e dirigenti: si sta insieme e si lavora per il bene comune, non è necessario fingere di aver trovato una famiglia, basta sudare e pensare bene.
Dovrebbero farlo un po’ tutti, senza licenziare allenatori nei giorni dispari, senza mandare al rogo a settimane alterne chi è in testa al campionato di calcio, basket, pallavolo, senza illudersi se i rugbisti battono il Galles e pochi giorni dopo scoprono che la Francia tormentata a casa sua dalla stampa è feroce abbastanza per lasciarci senza scuse sotto il cielo dell’olimpico romano diventato scuro. Diverso dalla luce trovata ancora una volta dalla Brignone nello sci dove Paris torna a sorridere e la Goggia ritrova la sua anima partendo diciassettesima e arrivando quarta nella seconda manche del gigante al Sestriere. Un calcio agli ipocriti che fingono di applaudire il mondiale indoor del marciatore Fortunato, alle brevi per i campionati indoor dell’atletica dove oltre alla coppia di pesisti di valore mondiale Fabbri-Weir c’era fortunatamente la beata gioventù a farci godere, dalla Dosso a Della Valle o Luca Sito, anche se vedere la diretta di Ancona, arena che sostiene da sola l’attività al coperto nazionale, faceva venire un po’ di malinconia, magari vedendo gli assassini di Petra evirarsi nel palazzo genovese che un tempo era l’arena per grandi eventi e adesso è spento. Pazienza se al posto del palazzo di San Siro, arena per grande atletica indoor, sei giorni ciclistiche, grande basket e pallavolo, ci hanno fatto un parcheggio dopo aver guardato con stupore cadere il tetto sotto una delle ultime vere nevicate milanesi.
Non agitatevi voi del popolo cestistico se adesso finalmente arriviamo al basket che si è messo alla finestra per guardare le qualificazioni europee dove in troppi hanno mandato in campo finte Nazionali, per fortuna presentando qualche buon giovane. Nella fiesta mobile dove è stata bocciata la Croazia, una scuola fra le più belle, felici che Ellis, giovane principe di Trento con la Coppa Italia, possa andare al maxi europeo di agosto con la Gran Bretagna che speriamo possa ringraziare gli italiani che lo hanno allevato e istruito, eccoci davanti all’Italia giovane di Pozzecco. Baciata da tutti dopo la vittoria con la Turchia mascherata di Ataman che poi le ha prese anche in Islanda dagli stessi che ci avevano fatto piangere, ma non riflettere dopo il sacco nell’arena festosa di Reggio Emilia, calda e amorevole come quella di Reggio Calabria.
Dicevamo dei brindisi alla famiglia azzurra, tutti felici, certo, a parte gli allenatori criticati perché, magari, tengono Bortolani, Caruso e Akele sempre a sedere, contenti di vedere giovani talenti impegnati con la Nazionale, felici per capitan Pajola che in maglia azzurra ci ha preso anche tirando da tre, scoprendo che di fianco a lui c’era davvero il Paese nuovo che cantava l’inno. Pochi giorni, tante interviste, tanti iscritti al Poz pensiero, tutti arruolati nell’armata del sorriso, ed ecco la doccia semi gelata nella terra dove il giudice Viola suonava il piano inventandosi una grande storia di basket, una terra dove hanno predicato allenatori da vangelo spiegato bene, l’università di Gebbia, il magistero di Zorzi o Recalcati, una storia meravigliosa riproposta dal Domenicale campaniano. Avremmo voluto aggiungere anche qualche riga proprio sui giorni a Cannes dove il giudice Viola e l’avvocato Porelli ritrovavano il piacere di combattere insieme per un basket migliore, uniti nella rivoluzione. Erano tornati giovani. Felici. Ma non ipocriti. Sapendo che la strada per il rinnovamento sarebbe stata anche più lunga di quella che un tempo portò Nebiolo a guidare la nuova atletica.
Il basket italiano, come abbiamo anche visto a Reggio Calabria, deve trovare il coraggio per cambiare sul serio. Certo che giocano poco a niente i nostri giovanotti. Certo che nell’Armani ancora campione con la squadra under 19 difficilmente vedremo magari la coppia Suigo-Garavaglia che sembra interessare anche i college statunitensi. O magari il Lonati capace di segnare 30 punti. Protagonisti nella finale contro Tortona, dove, fra i tanti, si è fatto notare Werther Bellinaso, nipote del Pedrazzi e figlio dell’ azzurra Alice, società che, come Trento, alle giovanili pensa in grande e ai 140 giovani del vivaio di re Giorgio risponde con tantissime iniziative come fanno ad esempio a Venezia in casa Reyer: qui oltre alla maschile anche le ragazze hanno un bei progetti. Insomma se Petrucci vuol cambiare davvero, anche se finge di non leggere i messaggi di chi ha una Visione per il basket, può essere sicuro che si troverà al fianco chi, oltre a votarlo, si aspetta che sia lui a cambiare le cose e se Trento può vincere la coppa Italia con soli 5 stranieri, magari anche altri potrebbero fare a meno di tanti mercenari guardando oltre la siepe degli ipocriti che per muoversi chiedono sempre ‘Ma cosa ci guadagniamo?’. Già. Certo che servono soldi per far vivere grandi società, però la gente si appassiona se può applaudire giocatori cresciuti in casa, giovani talenti, gente che ha fame.
Finita la predica andiamo alle pagelle con grano saraceno in attesa che il campionato riparta con la sfida proprio fra Armani e Virtus Segafredo sul campo della fiera bolognese. Avranno tanto da dirsi per crescere, non per spiarsi o ferirsi magari discutendo sugli arbitri che certo non migliorano nel sospetto.
10 A PAJOLA a cui perdoniamo il brutto finale contro l’Ungheria perché non devono essere stati giorni facili questi come capociurma della famiglia Pozzecco.
9 Ad AKELE e BORTOLANI se dovessero tornare da IVANOVIC e MESSINA con la faccia diversa da quella mostrata a Istanbul e Reggio Calabria. Lavorino sereni e con la stessa gioia dentro, Abbiamo bisogno che non si avviliscano e lo stesso vale per CARUSO.
8 A REGGIO CALABRIA per come ha vissuto il ritorno della Nazionale in una città dove il basket targato VIOLA-VERSACE ha fatto storia brindando col Paron.
7 A OKORN, allenatore dell’Ungheria, ma anche di Pistoia, che ha dimostrato ad una proprietà in crisi che si può anche fare qualche miracolo, pazienza se poi gli ungheresi non andranno all’europeo. Hanno perso troppo all’inizio, come Pistoia, accidenti.
6 Ai DELL’AGNELLO, il padre che allena Rimini capolista in A2, e il figlio feroce rimbalzista per CIVIDALE dove il Pillastrini cerca altri miracoli, perché anche quando si affrontano sul campo estano persone positive, felici. Bella storia e non soltanto di basket.
5 Al MACCABI che vorrebbe portarci via COLDEBELLA. Giusto cercare il manager migliore e MIZRAHI merita i migliori, ma è l’Italia che non deve far andar via chi vale. Lo ha già fatto con GHERARDINI e noi speriamo sempre che qualcuno si penta e lo richiami. Se lo facesse la Lega sarebbe ancora meglio.
4 A NIANG, SARR, un fenomeno, BASILE se considereranno tempo perso quello passato con la NAZIONALE che li ha utilizzati pochissimo. Hanno davanti un bel futuro, non si avviliscano.
3 A POZZECCO, non certo per aver preso l’ennesimo fallo tecnico (troppa esultanza fuori dal box!), ma per averci fatto notare a che livello siamo con gli arbitri FIBA. A Istanbul fischi anche per le carezze, a Reggio il contrario e palpeggio ossessivo anche premiato.
2 Ai 10 punti dell’ITALIA di Reggio contro l’Ungheria. Certi esami si superano sapendo andare oltre l’emozione. Se il futuro è quello visto ad ISTANBUL siamo felici, ma la metà dei rimbalzi presi contro i magiari ci spaventa e dice che il domani potrebbe non essere tanto roseo.
1 Alla CROAZIA che non sarà fra le 24 elette per il prossimo europeo. Rimpiangiamo tutto di quella scuola, di quelle grandi squadre e speriamo che Drazen Petrovic non vada a cercarli questi dirigenti perduti che dovranno giustificare il disastro e non ci consoleremo certo vedendo in campo Cipro che organizza uno dei gironi in qualificazione fra agosto e settembre.
0 Alla NBA se davvero vuole portarci nel suo regno, magari con uno squadrone romano affidato alla genialità di chi già sta facendo cose importanti a Trapani. Stiamo bene così, anche se è vero che questa EUROLEGA merita bacchettate e ci dispiace per l’amico BODIROGA.