Libri

L’ultimo centravanti all’inglese

Luca Ferrato 28/10/2024

article-post

Nel giorno del quarantennale del famoso gol di Mark Hateley nel derby di Milano pubblichiamo un capitolo del libro Il gol di Hateley – Tre anni di Milan, il libro che Luca Ferrato ha scritto per Indiscreto e in vendita su Amazon. Opera dedicata non soltanto a quell’affascinante Milan di transizione da Farina a Berlusconi,ma anche a un calcio che in quegli anni ha visto più mutamenti che in tutto il resto della sua storia. 

Charles Reep è un impiegato dell’aeronautica militare, grande appassionato di calcio, che negli anni Trenta si è innamorato del WM inventato da Herbert Chapman all’Arsenal. Dal 1950, e per i successivi trent’anni, Reep comincia a collezionare dati durante le partite di calcio, semplicemente appuntando tutto ciò che si verifica durante un match sul suo taccuino. A volte lo si vede con un elmetto da minatore in testa durante i match notturni, per far luce sui suoi appunti: da molti Reep viene considerato il primo match analyst della storia del calcio. Fra le varie conclusioni a cui arriva, Reep nota che l’85% dei gol che vengono realizzati nelle quattro divisioni inglesi arriva da azioni con massimo tre passaggi, e che l’obiettivo del gioco deve essere quello di far arrivare i palloni dalla difesa all’attacco nel minor tempo possibile. Alcuni studi di Reep sono stati mal interpretati, ma ad una prima lettura questa è un’esaltazione del ‘kick and rush’, il calcia e corri che avrebbe fatto proseliti sui campi della Gran Bretagna. Sono quindi necessari attaccanti forti fisicamente, possibilmente alti, in grado non solo di ricevere palloni dai lanci lunghi della difesa per andare in gol, ma con un’elevazione e una forza notevoli, per appoggiare i palloni ai compagni che arrivano da dietro, allargarli sulle ali, e poi ancora essere pronti a riceverli dopo il cross.

Parliamo di quello che viene identificato come il tipico centravanti britannico, la cui definizione abbiamo chiesto a Andy Lyons, direttore di When Saturday Comes, fanzine nata nel 1986, e ad oggi l’unica rivista di calcio totalmente indipendente in Gran Bretagna: ”Con il tipico centravanti inglese intendiamo un giocatore alto, forte, bravo a colpire di testa, e bravo anche a difendere il pallone dai difensori avversari. Questo centravanti deve anche essere in grado di conquistare falli per fare salire la squadra, e non deve avere paura dello scontro fisico. Come tipici centravanti di questo tipo in passato abbiamo avuto Tommy Lawton, Nat Lofthouse e Jackie Milburn negli anni Quaranta e Cinquanta, mentre in tempi più recenti possiamo menzionare Peter Withe, Steve Bull e Kerry Dixon, o ancora Duncan Ferguson negli anni Novanta, oppure Andy Carroll, un giocatore molto simile a Ferguson. Arrivando ai giorni nostri mi vengono in mente Alan Shearer e Harry Kane, che tecnicamente sono migliori di tutti i giocatori citati primi, ma sia Shearer sia Kane sono giocatori potenti e bravi di testa. Un nome poco conosciuto ma che si adatta bene a questo tipo di centravanti è Chris Wood, che è neozelandese ma ha giocato parecchio in Inghilterra, e sicuramente rientra nella categoria che stiamo considerando”. Ancora Andy Lyons su Charles Reep: ”Ha avuto una grande influenza negli anni Cinquanta soprattutto sul Wolverhampton di Stan Cullis, la miglior squadra inglese in quel periodo, ma già allora i Wolves venivano considerati una squadra che giocava alla vecchia maniera, in contrasto ad esempio con il Manchester United, che aveva uno stile di gioco più moderno. Reep è poi tornato in voga negli anni Settanta, quando Charles Hughes è diventato direttore tecnico della Football Association, ma devo anche dire che pochi allenatori l’hanno seguito veramente. Quel tipo di gioco, che prevedeva di far arrivare la palla in attacco il prima possibile, ha avuto alcuni seguaci convinti come Graham Taylor al Watford dei primi anni Ottanta. E anche il Wimbledon della Crazy Gang adottava quello stile, come il Cambridge United che in Seconda Divisione adottava un calcio molto diretto, ma in generale gli studi di Reep non sono stati così utili come generalmente si può pensare”.

Cosa ne pensa invece Lyons di Mark Hateley? “Parliamo di un giocatore che certo non è stato fra i migliori attaccanti dell’Inghilterra, ma comunque con una carriera interessante. Perché dal Coventry, una squadra mediocre dell’allora Prima Divisione dell’epoca, è sceso di categoria per andare al Portsmouth, e da lì, davvero inaspettatamente, è poi passato a giocare con il Milan. Penso che abbia avuto un discreto successo in Italia e in Francia (dove ha giocato e vinto con il Monaco), perché non c’erano molti calciatori di quel tipo in Serie A e Ligue 1 all’epoca, ma alcuni dei suoi limiti sono stati evidenziati dal Mondiale 1986 in Messico. Quell’estate la squadra di Bobby Robson è migliorata quando a Gary Lineker è stato affiancato Peter Beardsley, con conseguente esclusione di Hateley. Il giocatore poi ha avuto miglior fortuna nei Rangers, beneficiando però anche di una squadra che dominava il campionato scozzese in maniera assoluta”.

Mark Hateley arriva quindi in Italia da classica punta inglese, ancora più fisica rispetto a Jordan e Blissett, e meno tecnica di Trevor Francis, ma con una voglia di lottare e sacrificarsi per la squadra, che è stata già precedentemente evidenziata da ex compagni come Galli e Icardi. Mark ha consapevolezza di essere stato un giocatore di questo tipo, ed è lui stesso a dircelo, ma sa anche quanto sia cambiato il suo modo di vedere il calcio da quando è arrivato in Italia: ”Sono arrivato al Milan nell’estate del 1984 da attaccante, ma poi me ne sono andato da giocatore di calcio. Tutto il merito lo devo dare ai miei allenatori, in particolar modo a Nils Liedholm, che è stato un maestro per me. Negli allenamenti Liedholm mi ha fatto capire cosa vuol dire essere un giocatore, partecipare al gioco di squadra, e gli sono davvero grato perché mi ha insegnato moltissimo. Devo anche dire che, nonostante lo abbia incrociato solo per pochi mesi, anche Fabio Capello è stato importante per la mia crescita. Un bravissimo allenatore, che ha anche lui lavorato come me per farmi diventare migliore”.

Oggi il calcio è molto più fluido, come si usa dire, ed è difficile identificare ancora una figura di attaccante inglese classico. Come sottolineato da Lyons, possiamo forse indicare Harry Kane, ma il ruolo del capitano dell’Inghilterra si è molto evoluto negli anni, con Kane che è diventato sempre più un regista d’attacco, un attaccante che non sta certo fisso in area di rigore ma che tende a partecipare al gioco e viene spesso a prendere palla a centrocampo e ad impostare.

Quando finisce quindi di esistere il tipico centravanti inglese alla Mark Hateley? Sempre dalle pagine di When Saturday Comes, in un articolo del febbraio 2004, Philip Cornwell indica una data molto precisa: 11 giugno 1986. Quel giorno a Monterrey l’Inghilterra contro la Polonia si gioca la qualificazione alla fase ad eliminazione diretta dei Mondiali, e Bobby Robson ha appena deciso di escludere Hateley dalla formazione titolare a vantaggio di Peter Beardsley, che affianca in attacco Gary Lineker. L’attuale conduttore di BBC Match of the Day realizza una tripletta quel giorno, dando la qualificazione alla nazionale dei Tre Leoni e scrivendo la parola fine su un pezzo di storia del calcio inglese.

(estratto di Il gol di Hateley -Tre anni di Milan, di Luca Ferrato)

 

Potrebbe interessarti anche

  • preview

    I pionieri

    Telecapodistria, per tutti semplicemente Capodistria, è stato per diversi anni il quarto tasto del nostro televisore, non diciamo del telecomando perché il primo telecomando lo avremmo visto nel Natale 1977, insieme al televisore a colori. Basterebbe questo, insieme al numero di telecronache di Sergio Tavčar di cui siamo stati spettatori, per apprezzare I pionieri – […]

  • preview

    Il gol di Hateley

    Questo che vi apprestate a leggere non è un libro di memorie personali su Mark Hateley, anche se non mancherebbero di certo. Essendo nato nel 1971 e avendo dovuto subire a scuola gli sfottò dei compagni interisti e juventini, soprattutto negli anni della B, quasi non mi sembrava vero che il Milan avesse acquistato un […]

  • preview

    Come vincere alle scommesse

    Non ci sono metodi infallibili per vincere alle scommesse, come tutti gli scommettitori sanno, ma ce ne sono di infallibili per perdere. Per questo la lettura di L’arte delle scommesse, di Billy Walters, qualche mese fa uscito in Italia con Mondadori, può essere istruttiva per molti giocatori e a maggior ragione per i ludopatici come […]