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Arte

L’ultima installazione di Christo

Stefano Olivari 27/06/2016

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A scherzare sulle code per l’installazione di Christo sul lago di Iseo si rischia di passare per snobbettini, nemici del suffragio universale al pari dei giovani Erasmus, timorosi di perdere l’opportunità di fare i camerieri a Londra (noi l’abbiamo davvero fatto, a Chorley, in piena era Thatcher: guadagnavamo più che a fare i giornalisti nell’era Juncker) a loro dire truffati dal vecchio Michael che al pub legge il Sun ruttando e ingrifandosi per Kate e Pippa. Però questa passerella arancione ci sembra lo stesso una cagata pazzesca, dividerà il mondo dei critici d’arte ma la gente che ci va è fondamentalmente la gente che era orgogliosa di fare le code all’Expo per mangiare in piatti di carta ‘specialità’ da far rimpiangere la Lidl e approfondire la conoscenza della storia sudanese. Però che oltre 600.000 persone abbiano sprecato una giornata, fra mille disagi per il parcheggio oggettivamente impossibile, i treni a singhiozzo, la stessa The Floating Piers chiusa in certe ore per manutenzione, per quella che rimane un’opera d’arte (conta l’idea, come ci spiegarono di fronte ai peli del cazzo di Dalì), è secondo noi un buonissimo segno anche se magari l’alternativa era andare dai suoceri. Rimane affascinante l’entusiasmo di massa per l’operazione commerciale di un artista bulgaro sul quale i più, noi compresi, senza Wikipedia non avrebbero saputo scrivere nemmeno due righe.

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