Luis Figo: il trasferimento che ha cambiato il calcio

23 Dicembre 2022 di Stefano Olivari

Il passaggio di Luis Figo dal Barcellona al Real Madrid, nell’estate 2000, è forse il più importante nella storia del calcio. Non per le cifre, che sarebbero state superate tante volte, e nemmeno per la rabbia dei tifosi catalani che si sentirono traditi, visto che tutti i tifosi del mondo vogliono lasciare ma non essere lasciati. L’importanza di questa operazione, la prima di Florentino Perez da presidente del Real Madrid, anzi ancora prima di diventarne presidente, risiede nell’avere portato nel grande calcio i meccanismi dello star system: i Galacticos, successivamente riequilibrati in Zidanes y Pavones, sono stati questo e nell’ultimo ventennio sono stati copiati da tutti quelli che avevano le possibilità di farlo. E anche da molti di quelli che non le avevano…

È questo il tema del documentario appena visto su Netflix, Luis Figo: il trasferimento che ha cambiato il calcio, che attraverso le interviste ai protagonisti ricostruisce una trattativa incredibile. Incredibile perché il miglior calciatore del mondo (Figo in quel 2000 avrebbe vinto il Pallone d’Oro e l’anno successivo il FIFA World Player) lasciò un club come il Barcellona sulla base di promesse di uno che nemmeno aveva titolo per farle, visto che stava cercando di strappare la presidenza del Real Madrid a Lorenzo Sanz, che aveva riportato il club alla vittoria in Coppa dei Campioni ed anche per due volte.

Inutile ricordare cose che tutti sanno, veniamo al documentario di David Tryhorn e Ben Nicholas, che al passivo ha la superficialità dei racconti Netflix di questo tipo (si ipotizza che lo spettatore tipo sappia poco della materia, usando un tono sempre un po’ da Piero Angela) e all’attivo l’alternarsi di interviste ai protagonisti, in questo caso molto interessante perché tutti in maniera più o meno diretta danno dei bugiardi agli altri. In particolare il rimpallo di responsabilità tra Figo ed il suo procuratore Josè Veiga è quasi imbarazzante, per quanto è chiaro che uno dei due (spoiler: non abbiamo capito chi) menta spudoratamente.

Interessante è il ruolo di mediatore, ma in realtà molto di più (era l’idolo giovanile di Figo) di Paulo Futre, che si vanta della sua furbizia ed insieme a Veiga fa ogni tipo di pressione su Figo perché accetti il trasferimento. Ma attenzione, Figo non ne esce come il calciatore ignorante che viene sballottato da una parte all’altra ma come uno che gioca la sua partita per massimizzare (giustamente) il proprio profitto. Era stato così cinque anni prima con Parma e Juventus, con quella doppia firma che gli aveva tolto la Serie A ma dato il Barcelona. Ma è così anche con Barcellona e Real Madrid.

Figo ha diversi motivi per lasciare la Catalogna, come il pensiero di una Champions League più probabile (ed in effetti la vincerà, nel 2002) e la sensazione di essere sottovalutato, per non parlare dell’ingaggio quadruplicato, ma ma in ogni caso nella vicenda lui cambia idea più volte ed alla fine fa comunque una brutta figura anche gli occhi di un pubblico neutrale. Non riesce a sostenere una posizione, qualsiasi essa sia, nemmeno a più di vent’anni di distanza, e sembra meno trasparente dei furbi Veiga e Futre. Poi il tradimento è un’altra cosa, ma non è che a Barcellona i tifosi siano più intelligenti che a Milano o Catanzaro.

A uscirne come un gigante è il concreto Florentino Perez, che nel 2001 ingaggerà Zidane, nel 2002 Ronaldo, nel 2003 Beckham, eccetera, che già dal 2000 ha un’idea chiarissima di Real Madrid in testa: la squadra più prestigiosa del mondo, quella dove tutti vogliono giocare, il punto d’arrivo di una carriera al di là dei soldi che anche altri hanno (ed il caso Mbappé lo dimostra). Poi le Champions League vanno e vengono, nel loro caso soprattutto vengono, ma lo status si costruisce anche con altro. Chi lo ha eletto non voleva soltanto vincere, ma anche sentirsi il massimo. E il Real Madrid lo è. Giudizio finale su Luis Figo, il trasferimento che ha cambiato il calcio: si può guardare.

stefano@indiscreto.net

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