La logica di Cesare Cremonini

24 Aprile 2014 di Paolo Morati

Cesare Cremonini

Quando nel 1999 cantava con i Lunapop, su Cesare Cremonini non avremmo scommesso molto. Forti dell’essere bastian contrari e non apprezzando particolarmente il tormentone 50 Special, avevamo pronosticato il rapido dissolvimento della band e l’oblio dei suoi protagonisti. Sul primo punto abbiamo avuto ragione, sul secondo (fortunatamente) no.

Esaurita quell’esperienza dopo appena un album, il musicista bolognese, all’epoca ventenne, ha infatti saputo riadattarsi e far evolvere in modo deciso il proprio percorso oltre una tappa che resta comunque fondamentale per un personaggio ben preparato e che non sembra lasciare nulla al caso. Il nuovo singolo appena pubblicato, Logico#1, conferma quindi ancora una volta quanto di buono abbiamo ascoltato in questi anni per una formula consolidata basata su ritmo così come grandi aperture melodiche, voce ben riconoscibile e attitudine positiva.

Dovendo paragonarle al passato, per fare due nomi le canzoni di Cremonini hanno dentro – con tutto il rispetto che si deve in questi casi – la lezione italiana prima di Umberto Bindi, poi in altra epoca di Gianni Togni (a proposito, sta lavorando a un nuovo disco), quel modo di scrivere e arrangiare variegato e ricco che non ha paura di essere melodico e arricchire i suoni. Anche se magari lui magari preferirebbe essere riferito ad altri modelli, a cominciare dagli adorati Queen. Una come te o La nuova Stella di Broadway, Il comico (Sai che risate) fino alla celeberrima Mondo e alla prima da solista di Vieni a vedere perché, sono l’esempio di come sia riuscito a distinguersi come autore attento a inserire elementi caratteristici nei brani. Dove anche i testi tra fiabe, storie ed esperienze hanno una valenza importante, non sono banali e sono raccontati per di più senza strillare. Il che ce lo fa apprezzare ancora di più rispetto all’urlo estremo modàiolo e strappalacrime del momento.

Insomma, siamo contenti di esserci ricreduti su Cesare Cremonini. Mentre all’epoca non tolleravamo nemmeno Qualcosa di grande e Un giorno migliore, oggi lo ascoltiamo più che volentieri contenti che ormai da una quindicina di anni sia riuscito non solo a mantenersi ben posizionato in cima alle preferenze, ma a produrre anche buoni dischi senza adagiarsi su quel successo dell’esordio che avrebbe potuto, ripetendosi all’infinito, tagliare le gambe allo sgabello dell’amato pianoforte.

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