Dopo l’Occidente, il nostro lungo addio

30 Agosto 2016 di Stefano Olivari

Impossibile definire Ida Magli: antropologa, psicologa, musicologa, scrittrice per tanti anni ingabbiata nella definizione di ‘femminista’. In realtà la Magli, scomparsa qualche mese fa a 91 anni, ha scritto tantissimo sulle donne e soprattutto sulla mancanza delle donne nella storia che si studia anche ai giorni nostri. È stata uno dei primi intellettuali, già negli anni Novanta, a mettere in guardia contro le insidie della retorica europeista e dell’autodistruzione delle propria cultura nel nome di un pensiero unico mondiale, ma in ogni suo campo di studi ha regalato lampi di intelligenza: in particolare la sua storicizzazione e umanizzazione, fatta da non religiosa, della figura di Cristo (geniale il metterla in relazione con la cultura e il diritto romani, più che con quelli ebraici) ben prima che nella stessa operazione si cimentasse Ratzinger, avrebbe meritato di uscire dalle pagine culturali dei giornali dove l’analisi deve farsi largo fra una marchetta e l’altra. Dopo l'OccidenteIl libro che forse meglio sintetizza il suo pensiero è Dopo l’Occidente, uscito nel 2012 per Rizzoli, in cui parte dalla constatazione quasi incredula di come in Europa e soprattutto in Italia si sia perso il senso della propria identità e sia quindi ormai impossibile rapportarsi ad altre culture se non in posizione subalterna. Lo scontro di civiltà da molti teorizzato e magari anche sognato è insomma sempre più difficile: semplicemente, secondo la Magli, chi non dà valore alla propria identità è destinato ad essere inghiottito da chi ha un’identità più forte. Non è questione di essere ‘meglio’ o ‘peggio’ e nemmeno di potenza militare, che il cosiddetto Occidente ancora ha, ma di percezione di sé. Una cultura relativistica, che ha prima ghettizzato le donne e adesso sta abolendo gli uomini (la Magli parla di ‘Primato dell’omosessualità’, in senso chiaramente politico e cioè di confine che si può sempre spostare per non dare dispiacere a qualcuno, nel nome della ‘correttezza’), sarà spazzata via in pochi decenni non da un nemico brutto e cattivo come l’Islam, per quanto questo nemico sia davvero brutto e cattivo, ma semplicemente dalla propria inconsistenza. In questo senso la lotta al terrorismo è ingenua, come se una civiltà forte potesse essere abbattuta da qualche decina di kamikaze. Questo per l’Europa occidentale e in particolare l’Italia, mentre l’Europa dell’Est, gli USA (di cui la Magli non è esattamente ammiratrice), la Cina, il Giappone e altre macroaree ben identificabili hanno ancora qualche arma culturale per resistere alla mondializzazione, quando non addirittura per girarla a proprio vantaggio. Nonostante queste conclusioni, non si tratta di un libro cupo ma di un atto d’amore nei confronti di secoli di civiltà. Che nella migliore della ipotesi saranno rielaborati e in qualche modo conservati da qualche russo illuminato. Non c’è bisogno di essere d’accordo con tutte le tesi della Magli per apprezzare la capacità, come minimo, di suscitare domande e soprattutto dubbi, questi sì molto occidentali. Da rileggere quando il politico e il giornalista collettivi ci spiegano i grandi vantaggi del ‘cedere sovranità’, visto che noi al discorso dell’ineluttabilità non crediamo.

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