Lo stile senza trama di Bret Easton Ellis

3 Settembre 2013 di Stefano Olivari

Gli anni Ottanta raccontati dal loro figlio più celebre. Venderemmo l’anima a qualsiasi tipo di diavolo per essere ricordati così, invece questa frase compare sulla copertina dell’edizione italiana (Einaudi) di Acqua dal sole, uno dei più riusciti libri di Bret Easton Ellis, letto poco tempo fa con lo spirito un po’ ottuso di chi vuole sempre la stessa canzone. E noi moriremo soli e dimenticati in un letto intriso di piscia, contenti solo di non dover più scrivere di Gilardino e Paloschi. Diciamo subito che si tratta di una raccolta di racconti, genere poco amato non solo in Italia, anche se i 13 racconti dello scrittore californiano hanno personaggi comuni e un unico grande tema di fondo: l’indifferenza. Nei confronti della famiglia che ti capita e che è disgregata quasi di default, del lavoro che non c’è e nemmeno serve (chi non è ricco vive comunque a scrocco di altri o di espedienti), dell’amore che è indefinibile e che comunque presuppone un’ingenuità di fondo, del sesso che in fondo dà un piacere meno prolungato di una qualsiasi droga, della vita in generale. Temi forse eversivi per l’America (e l’Italia) di trent’anni fa, ma più comprensibili oggi con la caduta delle ideologie e l’affievolirsi di fedi oggettivamente mal riposte.

Fra i romanzi di Ellis, classe 1964, quello ‘cugino’ di questa ammaliante serie di racconti  è a livello di argomenti senza dubbio il primo, Meno di zero. Ma come ideologia portante la troviamo più simile a Le regole dell’attrazione, per il modo in cui ogni personaggio si ritiene il centro di un mondo che in ogni caso non gli interessa. Con una spruzzata di American Psycho, in alcuni episodi di assurda violenza come quelli nel racconto su una rockstar in tour in Giappone. Acqua dal sole, uscito nel 1994, agli antipatizzanti di Ellis può ricordare il classico svuotamento dei fondi di magazzino dello scrittore famoso, ma in realtà possiede una identità molto forte rispetto al resto della sua non enorme produzione. Non più un protagonista che attragga il lettore, ma una serie di mezze figure ognuna con un suo elemento di fascinazione: il cinismo, la bellezza, il talento sprecato, eccetera.

E questo ci porta direttamente alla principale critica fatta a Ellis da trent’anni a questa parte, che tre anni fa gli abbiamo riproposto in forma di noiovulevansavuar durante un incontro per il lancio di Imperial Bedrooms: a cosa serve questo tipo di letteratura? In altre parole: la società occidentale è in pieno declino morale, l’abbiamo capito, ma questi temi li toccavano anche Kafka e Thomas Mann e la società occidentale tutto sommato è ancora qui, di certo più avanzata e attraente delle altre visto che Moratti quando aveva i soldi non avrebbe mai comprato una squadra indonesiana mentre è possibile il contrario. Risposta di Ellis: “La letteratura, ma anche la storia, è ombra che segue la luce o luce che segue l’ombra”. (Supercazzola, in californiano). Ai non amanti della lettura consigliamo il film del 2009 tratto dal libro, film di relativo insuccesso. Intitolato The informers, ha un cast notevole (addirittura Mickey Rourke e Kim Basinger, direttamente dagli anni Ottanta) ma si limita a metà degli episodi del libro. Con il cinema Ellis ha una fissa, pensando anche all’attualità. Di The Canyons, fuori concorso a Venezia con la regia di Paul Schrader (American Gigolò come regista, ma anche Taxi Driver e Toro scatenato come autore), è sceneggiatore e la sua mano si vede: mondo hollywoodiano, sesso, violenza. Niente che possa illuminare le nostre vite al di là del mito dell’innocenza perduta, eppure dai libri di Ellis non ci si stacca. Non perché abbiano una trama avvincente, anzi, ma perché hanno uno stile. Modernissimo: nel 2013 non abbiamo più nulla da dire, ma lo diciamo benissimo e con tanti dispositivi diversi.

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