Lo sport delle donne
13 Agosto 2024
di Alberto Rapuzzi
A volte capita di essere presenti all’appuntamento con la storia e a noi è capitato domenica a Parigi: ci è bastato acquistare i biglietti per le fasi finali del torneo olimpico di pallavolo, il resto l’hanno fatto le straordinarie giocatrici italiane e i loro allenatori. Julio Velasco in testa. Domenica pomeriggio c’era soltanto il cielo più in alto dell’emozione e dell’entusiasmo che le nostre azzurre del volley ci hanno regalato, conquistando la prima medaglia olimpica femminile della storia italiana, oltretutto ricoperta da quell’oro che gli uomini non hanno ancora vinto.
La finale con le campionesse in carica degli Stati Uniti non è mai iniziata. Un 3 a 0 secco, un dominio assoluto quasi imbarazzante se pensiamo al valore delle avversarie. Ricordiamo un dato fra i tanti: 11 muri a zero per le azzurre e la schiacciatrice Plummer, protagonista con Conegliano, 16 attacchi e 2 punti. Detto tutto. Questo trionfo tanto atteso nel tempo, e da ricordare per sempre, parte da due estati fa e da una squadra di talento e anche a volte vincente, però distrutta dal precedente ct Davide Mazzanti, che ci aveva lasciato con una qualificazione olimpica da conquistare in VNL. a causa dei pessimi risultati ottenuti.
Il presidente federale Manfredi, impegnato a novembre di quest’anno nel tentativo di essere rieletto, ha capito subito che doveva dare carta bianca a Julio Velasco per poter ricostruire e facendo pesare la ragion di stato l’ha preso da Busto a campionato in corso. E del resto Velasco era l’unico che potesse darci le ali per poter volare vicino al sole. Il Maestro, 72 anni, ma ancora con tanta voglia di essere protagonista in una manifestazione particolare, si è creato uno staff speciale, con Barbolini e Bernardi suoi fedelissimi ai tempi della Panini e della Nazionale, e ha preparato un oculato programma di allenamenti adatto al finale di stagione delle giocatrici, considerando anche che il 5 maggio Conegliano e Milano si giocavano le Superfinals.
I tempi erano stretti, ma la questione fondamentale rimaneva l’apertura delle finestre di spogliatoi a cui serviva aria nuova, per unire il gruppo remando insieme verso l’obiettivo, ripulendo il pregresso nei rapporti personali tra le ragazze, creando cosi una squadra vera. Con queste linee guida, aggiungendo il lavoro tecnico per migliorare ogni singola atleta e una attenzione particolare alla parte psicologica e di gestione in campo, il sole è tornato a brillare. L’Italia ha perso un solo set in tutto il torneo, impiegato tutte le giocatrici, senza contare le assenze pesanti per infortunio di Pietrini e Degradi. Va anche ricordato come numerose di queste atlete arrivino dal Club Italia inventato nel 1998 da Velasco per permettere alle giovani più promettenti di allenarsi ed essere seguite con attenzione al Centro Pavesi a Milano.
Naturalmente su questo successo sono planati un po’ tutti, per avere visibilità: tuttologi da strapazzo ed editorialisti da quattro (in realtà anche quattrocento) soldi. Non avendo competenza sportiva questi inviati hanno pensato bene a creare una retorica inutile, accendere polemiche sociali che meriterebbero altre sedi di dibattito, un bel minestrone che il lavoro svolto e il risultato ottenuto non meritano. Avete mai letto o ascoltato quali sono le chiavi tecniche e tattiche della pallavolo di Velasco? O del perché gli attacchi dell’Italia di De Giorgi adesso siano letti più facilmente dagli avversari? Tutto viene ridotto a generiche ‘motivazioni’, buone dallo skeet alla pallacanestro, come se Kiraly motivasse la sua squadra meno di Velasco. Restando sul campo, si è capito una volta di più che se in posti di responsabilità si premiassero la competenza e il merito in questo paese molte cose potrebbero andare meglio. In questo Velasco è un alieno, altro che le motivazioni.
Finita la festa si spera che il movimento trovi una spinta, ossia visibilità e sponsor al di là delle realtà locali. Non sarà facile, fin quando troppi guarderanno solo al proprio orticello: ma Egonu, Orro, Danesi, eccetera, sono ormai personaggi nazionali, perdere questo treno sarebbe un delitto. Certamente aumenteranno le ragazze che vorranno provarci anche senza la spinta dei genitori. Si parte già da una bella situazione: attualmente tutto il volley ha 365.424 tesserati di cui il 75% donne, questo non può che dare fiducia per un futuro positivo. L’oro olimpico serve per altro, per essere quello che Velasco ha ben sintetizzato, sapendo di essere al di sopra di ogni sospetto: il vero sport delle donne, quindi di metà degli italiani, così come culturalmente il calcio lo è degli uomini. Con la pallavolo maschile che oltretutto è di un altro pianeta, rispetto al calcio femminile.
Riguardo le altre squadre, di Brasile e Turchia abbiamo scritto nella puntata precedente. Gli USA sono ancora lì, sempre protagonisti, ma hanno bisogno di rinnovarsi, non era la loro migliore nazionale e lo si è visto anche nelle partite vinte. Larson e Robinson lasciano, gravi perdite. Kiraly dovrebbe spiegare perché tenere in campo in contemporanea Plummer e Skinner, attaccanti efficaci ma debolissime in ricezione, ma dire che ha perso per questa scelta è esagerato. Vedremo anche la nuova lega americana cosa potrà produrre come ricambi, creando una base più larga rispetto alle campionesse che vanno in quei pochi campionati europei di alto livello. Lo stesso Barbolini sarà protagonista in America, fra gli addetti ai lavori c’è grande curiosità e anche un po’ di preoccupazione: al momento la LOVB Pro è soltanto una bella idea, con partenza a gennaio 2025.
Va ricordata la prestigiosa Serbia dell’ormai ex Guidetti, eliminata facilmente dall’Italia nei quarti: non ha portato la squadra migliore in VNL, ma nemmeno a Parigi ha brillato. Boskovic inizia a sentire la stanchezza di caricarsi sempre da sola la squadra sulle spalle e il turnover di tutte le bande non ha risolto niente, una delusione vera. Qualcosa non ha funzionato anche a livello interno, in più anche Maja Ognjenovic ha finito di disegnare meraviglie. La Cina sorprendentemente, dopo aver impaurito tutti, nel dentro-fuori ha perso al tie break con la Turchia, permettendo a Vargas di fare 42 punti, un’esagerazione per chiunque. Forse la partita non è stata preparata al meglio, perché il potenziale tecnico delle cinesi è alto, magari è mancata in panchina una guida più competente.
Resta un’Olimpiade dove il volley femminile, come storicamente succede, ha seguito l’evoluzione del maschile, per cui al momento si richiede un servizio sempre più aggressivo (e i cambi con Antropova qualcosa hanno dimostrato), meglio se in salto, un muro forte con l’aiuto più completo da parte dei superopposti. Ora però tutto è finito, dobbiamo scendere dalla nuvoletta dove si è potuto vivere questo meraviglioso romanzo rappresentato da tutti gli sport, con i suoi atleti ricchi di storie da raccontare e i suoi tifosi tutti uniti serenamente da uno stesso amore. In questo senso per chi segue la pallavolo il ritorno alla quotidianità è meno difficile, anche questa è una medaglia d’oro.
Alberto Rapuzzi, da Parigi
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