Vela

Lo sport dell’Aga Khan

Indiscreto 05/02/2025

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La figura dell’Aga Khan ci ha sempre interessato molto, anche se ne parliamo purtroppo con il pretesto della sua morte. Ci ha colpito per il suo essere uomo di mondo, con il doping della ricchezza smisurata e di una educazione super, dalla laurea ad Harvard a tutto il resto, imprenditore alla base del fenomeno Costa Smeralda, atleta olimpico (a Innsbruck 1964 cinquantanovesimo su 91 nella discesa libera, cinquantreesimo nel gigante, fuori dopo la prima manche nello slalom), anche se la selezione dell’Iran non era durissima, e soprattutto quarantanovesimo Imam dei Musulmani Ismailiti Nizariti. Ma come è possibile che uno che fondamentalmente sembrava (ed era) un playboy come il padre che aveva scavalcato nella linea di successione, compagno di serate del vero Agnelli negli anni Sessanta, fosse leader spirituale di una religione? Cioè di un movimento in cui l’entry level è fare la faccia seria, presentarsi con un’aura mistica.

Questa doppia anima dell’Aga Khan, per qualche anno figliastro di Rita Hayworth (quindi anche parente alla lontana di Tinì Cansino, se non fosse stata una bufala), l’abbiamo sempre trovata notevole, anche se poi nella sostanza il primo contatto che abbiamo avuto con lui è stato quello di atterrare all’aeroporto di Olbia con l’indimenticata Alisarda, da lui fondata nel 1963. Dal punto di vista religioso i nizariti sono una setta degli ismailiti, che rappresentano una parte del mondo sciita, a sua volta parte dell’Islam. Detto che stiamo parlando di 15 milioni di persone sparse in India, Pakistan, Afghanistan e in altri paesi, quindi non proprio quattro gatti e persone di solito con la fama di essere una specie di élite culturale sciita, i nizariti sono stati oggetto di innumerevoli citazioni letterarie e cinematografiche grazie alla leggenda (La setta degli assassini, da hashish, eccetera) e a complicatissime vicende familiari che del resto sono alla base di tutte le divisioni interne all’Islam.

Come al solito infliggiamo un ricordo personale risalente al 1990, quando da operai dell’informazione per un piccolo service editoriale presto fallito andammo al Principe di Savoia alla conferenza stampa di presentazione della sede milanese dello Yacht Club Costa Smeralda, di cui l’Aga Khan era presidente e fondatore, e che nel 1983 aveva per la prima volta portato all’America’s Cup una barca italiana, la mitologica Azzurra di Cino Ricci, esperienza replicata nel 1987 con minore successo. Purissima Prima Repubblica: alla presenza del sindaco Pillitteri una concentrazione di cazzari incredibile, che si differenziava da quelle odierne perché buona parte di quei cazzari veniva dall’industria, magari avendo ereditato, ma comunque non dalla fuffa. Pochissime donne, né mogli del cumenda con il giro di perle né troioni del cumenda, magari però alloggiati nello stesso albergo. Un Aga Khan rilassatissimo salutava tutti e aveva una parola per tutti. Purtroppo non abbiamo trovato l’articolo, anche perché fino al 1996 abbiamo scritto a macchina (in quell’occasione di sicuro la Olivetti Italia ’90 elettrica, comprata qualche mese prima) o sul computer della redazione.

Si discusse molto del Nastro Azzurro: in quell’era pre Google a noi evocava soltanto la Peroni ma la sua storia è in realtà (lo avremmo scoperto dopo) affascinante  e anche un po’ italiana, con il Rex ma non con il Destriero dell’Aga Khan, che non era una nave passeggeri ma provò lo stesso a farsi assegnare il riconoscimento. Altra passione sportiva dell’Aga Khan, oltre a vela e sci, è stata l’ippica, con i suoi cavalli sempre al centro dell’attenzione (anche troppo: Shergar fu rapito dell’IRA) e la presenza fissa negli ippodromi giusti. Una vita partita con grandi carte in mano, ma giocate poi bene.

stefano@indiscreto.net

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