Lo Hobbit, buona la seconda

2 Gennaio 2014 di Paolo Morati

Lo Hobbit

Quella de Il Signore degli Anelli è una delle saghe letterarie che più ci ha affascinati e la sua ottima trasposizione cinematografica ad opera di Peter Jackson fa sì che ogni tanto ci capiti di rivederla (oltre che rileggerne la trilogia) per scovare sempre nuovi dettagli. Un anno fa attendavamo quindi l’uscita nelle sale de Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato per capire come il prequel, dove si narrano le vicende del giovane Bilbo Baggins (il bravo Martin Freeman), fosse stato adattato al grande schermo. La nuova opera di Jackson (frutto di una gestazione travagliata, con l’uscita anzitempo del regista designato Guillermo Del Toro causa ritardi nelle riprese) ne confermava la qualità produttiva, tra splendidi scenari, azione ed effetti speciali di primo livello e non invadenti. Cadendo però su un punto, corretto poi con Lo Hobbit – La desolazione di Smaug da poco uscito nelle sale.

Per poter realizzare anche in questo caso tre film (all’inizio dovevano essere solo due) ispirati all’opera di J.R.R. Tolkien si è infatti dovuto allungare il brodo della storia, considerato che Lo Hobbit è un unico libro tra l’altro nemmeno particolarmente lungo. Gli sceneggiatori hanno in sostanza previsto per il primo episodio una introduzione utile a riallacciare il discorso anche ai tre capitoli precedenti (o meglio, successivi di sessant’anni), con una breve apparizione di Frodo, e quindi partire con una scena prolungata relativa alla cena a casa Baggins. Inoltre hanno inserito dettagli raschiando il fondo del barile di altre opere di Tolkien per estendere il contenuto, arrivando a quasi tre ore di durata del solo primo capitolo. Meglio è invece stato fatto con La desolazione di Smaug, anch’esso particolarmente lungo ma con meno situazioni da sbadiglio o evidente riempitivo.

In generale Un viaggio inaspettato e La desolazione di Smaug ripropongono tra tutti personaggi come Gandalf (con  il solito eccezionale Ian McKellen doppiato da Gigi Proietti che ha sostituito Gianni Musy scomparso nel 2011), Gollum e – per una breve comparsa a Gran Burrone nel primo episodio – Galadriel, Elrond e Saruman (ancora impersonato da Christopher Lee), oltre (nel secondo) a Legolas. Alcuni di questi assenti nel libro da cui sono tratti, così come altri inventati per l’occasione. Al centro della vicenda c’è la compagnia formata da tredici nani con a capo Thorin Scudodiquercia e alla quale si unisce anche un Bilbo Baggins sorprendentemente coraggioso. Ma non stiamo a dilungarci troppo sulla trama sottolineando invece che, rispetto al lavoro fatto su Il Signore degli Anelli, i nuovi due film mostrano in definitiva una maggiore ironia nella caratterizzazione dei personaggi (buona quella dello stregone Radagast il Bruno), trasmettendoci d’altro canto una tensione emotiva altalenante anche nelle scene più serrate, con La desolazione di Smaug sicuramente più coinvolgente rispetto a Un viaggio inaspettato. Bellissime in tal senso le sequenze con il drago, anche se la tensione raggiunta con la battaglia del Fosso di Helm ne Le due Torri resta finora irraggiungibile.

Forse la responsabilità di una resa non perfetta ai nostri occhi è anche del 3D, che non amiamo. Al di là dell’innovativa tecnica di ripresa HFR (High Frame Rate) a 48 fotogrammi al secondo, l’impressione è infatti che escluse alcune trovate per evidenziarlo renda il tutto più artificioso e sospeso in un limbo rispetto alla buona vecchia visione bidimensionale. I due film quindi li rivedremo anche in questa forma ‘antica,’ anche se in ogni caso ci sono sembrati entrambi non al livello dei tre predecessori pur rappresentando il meglio sulla piazza del genere fantasy e avventuroso. In attesa che il terzo, Andata e ritorno, chiuda definitivamente (e speriamo più che degnamente) il prequel della trilogia.

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