Livorno-Milano 1989 oltre il canestro di Forti

6 Ottobre 2021 di Stefano Olivari

Il canestro di Andrea Forti era da annullare perché segnato a tempo scaduto di pochissimo. Tante moviole, sorvolando su quelle di parte, lo hanno dimostrato. Ma questo non toglie che la quinta e decisiva partita della finale scudetto fra Philips Milano ed Enichem Livorno, il 27 maggio 1989 a Livorno, sia stata qualcosa di epico e degno senz’altro del libro scritto da Dario Ronzulli, appena uscito per Edizioni inContropiede: Sulla Sirena – Livorno Milano 1989 non è soltanto il racconto di quanto accadde prima e dopo quel celeberrimo canestro. Perché quella partita chiuse i due decenni d’oro della pallacanestro italiana, per livello tecnico medio e soprattutto passione popolare: un boom la cui onda lunga è arrivata fino ai giorni nostri, con la pallacanestro indiscutibile secondo sport di squadra nel nostro paese ed unico che come come capacità di far discutere assomigli vagamente al calcio.

Una finale che giustamente aveva in campo la squadra del decennio, l’Olimpia di D’Antoni, Meneghin, Premier. Mc Adoo, Pittis, allenata da Franco Casalini, contro una delle tante realtà piene di soldi e passione che rendevano straordinaria la allora Serie A1: la Libertas Livorno di Alessandro Fantozzi, il più spettacolare playmaker della nostra storia insieme a Pozzecco, Forti, Alberto Tonut non ancora padre di Stefano, il roccioso e non per modo di dire Flavio Carera. Fra i panchinari Walter De Raffaele, oggi plurititolato allenatore della Reyer Venezia. Nella squadra allenata da Alberto Bucci gli americani erano l’elegantissimo Wendell Alexis e David Wood, che aveva preso il posto dell’infortunato (e più forte) Binion durante la stagione. Wood aveva sfiorato i Bulls di Jordan e una discreta carriera NBA l’avrebbe anche poi avuta, ma all’epoca sembrava il tipico mazzolatore bianco che gli allenatori schieravano da ala grande e che inevitabilmente diventava oggetto di culto per i tifosi pro e contro. Idolo, che che 32 anni dopo avremmo ritrovato a manifestare per Trump davanti al Campidoglio (e quindi ancora più idolo).

Non vogliamo togliere il piacere della lettura raccontando noi di una pallacanestro di cui parleremmo per secoli, concentriamoci sul libro: che si legge con grande agilità e non ci sembra ostico per l’appassionato generalista visto che cerca soprattutto di restituire lo spirito del tempo. Una guerra dei mondi, ben sintetizzata anche dai nomi degli impianti (PalaTrussardi e PalAllende), che sapeva conquistare anche al di fuori della parrocchietta. Ovviamente quella garacinque sarebbe un libro nel libro, con il pazzesco tuffo di McAdoo (fenomeno ma certo non un mastino della difesa) su Tonut e quell’ultima azione.

Milano sopra di uno che sbaglia un tiro con Premier, a 5 secondi dalla fine rimbalzo di Alexis, che trova Fantozzi il quale quasi alla cieca lancia Forti partito come una scheggia verso il canestro dell’Olimpia. Manca un secondo e Forti appoggia al tabellone, segnando e subendo anche fallo sul disperato rientro di Meneghin. Uno degli arbitri, Grotti, infatti fischia, considerato buono il canestro e vorrebbe mandare in lunetta Forti. Ma non ce n’è il tempo perché il pubblico invade il campo per festeggiare, scoppia una megarissa con Premier uno contro cento e salvato da Kevin Restani. Poi tutti negli spogliatoi, con la memorabile (noi eravamo davanti al televisore) sovrimpressione RAI su Livorno campione d’Italia.

Nessuno, nemmeno i telegiornali che danno la notizia dello scudetto dell’Enichem, ha fatto i conti con l’arbitro Zeppilli, che vede le mani di Forti lasciare il pallone a tempo scaduto e non convalida il canestro, convincendo anche Grotti. Olimpia di Casalini (futuro autore di Indiscreto, nel suo libro racconta anche di Livorno) campione, con Bucci che deve negli spogliatoi comunicare la notizia ai suoi giocatori mentre stanno festeggiando. Le moviole artigianali dell’epoca, prima fra tutte quella di Carlo Sassi, daranno ragione a Zeppilli, così come altre più sofisticate anni dopo. Ma rimane il fascino di un’epoca in cui capitava di parlare di pallacanestro italiana.

 

 

 

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