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L’Italia di Gianni Morandi
Stefano Olivari 13/02/2013
Fabio Fazio, Maurizio Crozza, Pietro Scott Jovane, Beppe Grillo, Spotitfy, XBox 360.
1. Fazio come Morandi, il nazionalpopolare che non si può criticare mantiene gli stessi numeri. 14 milioni 196 mila spettatori, 47.61% di share, per la prima parte (quella con le imitazioni di Crozza, nel momento-Bersani c’è stato il picco a oltre 17 milioni) della prima serata del Festival di Sanremo con metà dei cosiddetti big e le loro due canzoni. Che permettono l’ipocrisia di eliminare la canzone e di tenere in vita il cantante fino alla serata finale. Paragonando le due serate di esordio bisogna ricordare che la prima parte del 2012, con l’intervento di Celentano, fece 14 milioni 378 mila spettatori. La seconda parte, quella dopo il telegiornale, ha totalizzato 8 milioni e 146mila e quindi la media ponderata è pari a 12 milioni 969 mila, 48,28% di share con il 48.28%. Con i numeri la finiamo qui. Al di là di mille analisi sociologiche e di sdottoramenti 3.0, scalda il cuore pensare che l’Italia (un televisore su due) si riunisca ancora davanti a Sanremo. L’Italia di Gianni Morandi, ma anche del Modugno omaggiato da Toto Cutugno e fra pochi giorni carne da fiction (l’attore è, avete indovinato, Beppe Fiorello).
2. La performance di Crozza, tutta politica, ha scatenato reazioni già previste e prevedibili. Lodi da sinistra, forse perché il Bersani del comico è stato molto ma molto meno incisivo del suo Berlusconi (il meglio l’ha dato con Montezemolo, mentre con Ingroia è sembrato poco ispirato), critiche da destra già ampiamente annunciate dal solito teatrino sul canone Rai, come se pagare una tassa fosse una libera scelta. La novità dirompente è stata la contestazione di alcuni spettatori in sala, per due motivi. Il primo è che raramente un comizio di sinistra viene disturbato da urlatori di destra, mentre è più comune la situazione contraria. A conferma di questa statistica assolutamente personale il fatto che l’interruzione becera di destra sia subito considerata teleguidata, quando non direttamente prezzolata, mentre quella di sinistra è per definizione ‘spontanea’ ed indicativa della libertà di espressione. Sia Fazio che Crozza sono rimasti sorpresi, si aspettavano e probabilmente sognavano un Berlusconi inferocito ma dal pubblico erano sicuri non sarebbe arrivato nulla. Anni, anzi decenni, di studi televisivi addomesticati li avevano abituati male. Ma all’Ariston si entra anche pagando il biglietto. E Berlusconi senza muovere un dito e spendendo senz’altro meno che per Balotelli ha ottenuto il suo pretesto vittimistico quotidiano.
3. Da Monti a Scott Jovane, il primo comandamento dei ‘tecnici’ è quello di tagliare i costi. Con qualche laurea in meno ce l’avrebbe fatta anche il nostro salumiere (si fa per dire, perché era laureato in giurisprudenza, sia pure con il doping del diciotto politico di inizio anni Settanta). MF ha fornito qualche numero sul piano di ristrutturazione di Rcs Mediagroup, del genere ‘Lacrime e sangue’. L’idea, se così la si può definire, sarebbe di effettuare 100 tagli al Corriere della Sera e 50 alla Gazzetta dello Sport, in aggiunta ai vari prepensionamenti e ai tagli in altre aree Rcs (libri, pubblicità, eccetera). In arrivo scioperi a raffica, che però non possono cancellare un passato fatto di operazioni folli (Recoletos su tutte), di buonuscite di giada date a gente incapace e di dividendi distribuiti in anni in cui la crisi già si faceva sentire.
4. Tweet di Beppe Grillo (non proprio un nostro scoop, lo seguono in oltre 880mila, noi abbiamo defollowato causa retwittaggio molesto): “Domenica 17 andrò in tv. Un’intervista di 30 minuti in diretta dal camper su SKYtg24 alle 20.30 e su Cielo, in chiaro, alle 21”. Molta destra e molta sinistra, in entrambi i casi del genere poco inquadrato: il suo pubblico è come quello di Tex. E noi leggiamo Tex da sempre, anche se forse non lo manderemmo a Washington.
5. Da poco Spotify è sbarcato anche in Italia, da bravi copincollatori l’abbiamo anche scritto. Più interessante è forse sapere quanto paghi Spotify di royalty per ogni brano scaricato. Lo ha scritto (@gmarmina) il discografico Giuseppe Marmina (Ghost Records): 0,0033619005 €. Per la serie: se non siete Lady Gaga o Justin Bieber, i soldi veri li fate cantando ai matrimoni.
6. Quante ore al giorno passiamo davanti ai videogiochi? Ultimamente siamo presi dalla modalità allenamento (impersonando Bjorn Borg) di Grand Slam Tennis 2 per la Playstation 3 (sempre temi forti, quindi), quindi ci piace citare una statistica diffusa dalla Microsoft e riguardante i possessori di XBox 360, che nel mondo sono circa 76 milioni: in pratica l’utente medio della XBox (parentesi: entro fine 2013 Microsoft diventerà anche produttore di contenuti televisivi) usa la console per 87 ore al mese. Quasi 3 ore al giorno, il 10% in più rispetto ad un anno fa. Dovremmo trarne una conclusione moraleggiante, tipo ‘signora mia, che tempi’, ma siamo troppo cazzari per farlo.
Twitter @StefanoOlivari