Attualità
L’invenzione del nemico
Simone Sacco 02/12/2025

Mentre scriviamo queste righe, Daniele Capezzone (inutile dirvi chi sia o copincollare la solita Wikipedia) siede già alla scrivania di direttore del quotidiano romano Il Tempo al posto di Tommaso Cerno (passato nel frattempo a Il Giornale). All’incirca una settimana fa, quando ci siamo sentiti e confrontati sul suo nuovo libro dallo sferzante titolo Trumpisti o Muskisti, comunque “fascisti” – Sinistra a caccia di nemici, lavorava ancora a Milano (a due passi da uno storico locale rock) ed era il direttore editoriale di Libero dove ha sdoganato, negli anni, una “scorrettissima” (l’aggettivo è suo) rassegna-stampa quotidiana visibile dalle sue pagine social.
Capezzone magari è di destra (come Tom Brady, d’altronde), ma la sua vasta prateria ideologica resta quella di un liberismo di stampo elegante, umanista e decisamente british. Adora l’eredità della Thatcher così come le schitarrate di Brian May e gli acuti di Freddie Mercury, viene dagli anni d’oro – politicamente parlando – di Forza Italia, ma si è fatto le ossa sotto Pannella, in queste ore drammatiche in cui è impossibile non seguire da vicino la vicenda umana di Emma Bonino.

Senza nulla togliere ad Indiscreto, recentemente hai concesso una lunga e interessante intervista al primo quotidiano italiano…
Già. E ti devo subito dire che mi è sembrata una rarità che Il Corriere della Sera abbia avuto la gentilezza di cercarmi per l’uscita di un mio libro. Sai, senza scadere troppo in lagne, mi ero ormai abituato da tempo al fatto che i miei libri (tra i titoli più recenti di Capezzone segnaliamo ‘E basta con ‘sto fascismo’ del 2023 e ‘Occidente noi e loro’ dell’anno seguente. NdR) non venissero recensiti su certi media; così come le cose che dico giorno per giorno debbano restare, sempre e comunque, dentro un perimetro di “centrodestra”. Quindi sì, si è trattato di una bella sorpresa e sono grato a chi se n’è occupato.
Veniamo a Trumpisti o Muskisti, comunque “fascisti” – Sinistra a caccia di nemici. Tu, in queste abbondanti duecento pagine, hai cercato di andare oltre gli stereotipi politici dei vari Donald Trump, Benjamin Netanyahu e Javier Milei. Oltre a non confinare affatto la figura visionaria di Elon Musk nella palude del mero gossip…
Guarda, il mio scopo principale era sì di tracciare qualche luce, ma anche delle relative ombre, riguardo ai quattro personaggi che compaiono in copertina e nei vari capitoli del libro. Il che vuol dire che, pure se mi stanno simpatici, questo non significa che mi sfuggano la loro numerose incognite politiche. A partire, ovviamente dalla figura imprevedibile di Donald Trump.
Un libro, il tuo, paradossalmente più rivolto agli elettori di sinistra che a quelli di destra (già ampiamente eruditi su questi quattro signori)?
Sarebbe bello. Anche perché io ho la certezza assoluta di non aver scritto un’agiografia su Trump e soci, ma un esame a tutto tondo (critiche comprese) senza mai usare la lente del pregiudizio. Lungi da me scadere in polemiche addolorate, ma nel libro ho voluto anche parlare di come la sinistra italiana, europea e mondiale – quando si trova priva di argomenti convincenti – ecco che lancia immancabilmente sul tavolo il jolly del “fascista in agguato”. Non distinguendo affatto falchi, colombe, destra sociale, destra liberale, eccetera. Un atteggiamento parecchio infantile, questo. Una tecnica sbagliatissima quella di buttare nello stesso calderone gli avversari più tosti e comunque vincenti a livello di consenso popolare.
Il tuo libro è ormai disponibile da qualche mese. Ti è dispiaciuto aver consegnato le bozze a metà luglio perdendoti di conseguenza la possibilità di scrivere del Summit di Ferragosto (in Alaska) tra Trump e Putin o tutta la bagarre settembrina successiva al clamoroso omicidio di Charlie Kirk?
È praticamente inevitabile quando scrivi un saggio del genere soffrire della sindrome del “capitolo mancante”. Devo però ammettere che uno shock vero e proprio l’ho provato il 10 settembre scorso quando è stata battuta l’agenzia della morte violenta dello stesso Kirk… (sospira) A pagina 13 di Trumpisti o Muskisti, d’altronde, c’era (e c’è) quella che qualcuno ha già definito la nefasta profezia di Capezzone. Ovvero la parte dove cito, dati alla mano, che il 38% degli americani nel 2025 avrebbe “compreso” – non dico giustificato, ma compreso – l’assassinio politico di Donald Trump. Una percentuale, tra parentesi, che salirebbe tranquillamente sopra il 50% se tra gli interpellati ci fossero esclusivamente degli elettori di area democratica/Dem…

Già. Sembrerebbe proprio che il tabù in America si sia infranto una volta per tutte. Sai cosa ci racconta la terribile vicenda di Charlie Kirk? Che non si tratta di guardare con antipatia chi la pensa diversamente da te o di non supportare in alcun modo la sua libertà di parola, ma di giustificare nettamente l’uso delle armi per debellare l’avversario. Dici cose sbagliate dal mio punto di vista? Ok, non perdo neanche tempo a studiarmi una replica dialettica nei tuoi confronti. Preferisco andare subito a munirmi di fucile e pallottole…
Questo per ciò che riguarda gli USA, una grande nazione dal grilletto facile. Invece l’Italia?
In Italia non vedo una situazione così differente. Nonostante qui abbiamo la buona sorte di avere molto meno armi in circolazione per una questione culturale, ma anche per via di leggi che non ce lo consentono. Ecco, magari una fucilata no ma, se la si guarda da sinistra, tutto il resto sì. A partire ovviamente da una bella campagna di demonizzazione, mista a censura, dell’antagonista politico di turno. Oppure mi tocca citarti quell’orrenda giustificazione verbale tra vittime di serie A e serie B che continua ad andare ancora troppo di moda nei circoli della sinistra nostrana (il recente caso di Piergiorgio Odifreddi. NdR)…
Cosa ci insegna, secondo te, la figura di Sergio Ramelli nel cinquantesimo anniversario della sua morte e di quell’orribile vicenda di sangue avvenuta a Milano?
Be’, come dicevamo prima, fortunatamente lo strumento dell’omicidio politico, qui da noi, si è eclissato rispetto a quei cupi anni Settanta. Una circostanza stra-positiva, non c’è neanche bisogno di aggiungerlo. Eppure a sinistra sono ancora lì a soffiare, da Ramelli a Kirk, su temi pericolosi come odio e delegittimazione morale. Onestamente nell’elettore di destra tutto ciò continuo a non vederlo/percepirlo; mentre la presunzione morale ed intellettuale mi sembra stia sempre dall’altra parte…
Come mai?
Credo faccia tutto parte di una mastodontica perdita d’identità che affligge da tempo la sinistra italiana. Un’entità politica che ormai esiste solamente perché deve tenere in vita questo mitizzato fantasma del fascismo. Solo che, agendo così, non si entra mai in quelle questioni pratiche che invece servirebbero come il pane all’interno di un contesto liberale e democratico. Niente da fare. Si preferisce impoverire la discussione pubblica non parlando di migliorie e diritti, ma urlando ai quattro venti quanto sono cattivi e “fascisti” Trump, la Meloni, Netanyahu, il presidente argentino Milei. Addirittura si accusa un visionario tecnologico come Musk che normalmente si occupa di satelliti ed auto elettriche, non di complotti neri…
Non è stato sempre così, vero?
Per me no. Sai, quando da giovane mi sintonizzavo su Radio Radicale, ero lieto di ascoltare – tramite conferenze e convegni trasmessi integralmente – tutte le idee presenti nell’emisfero della politica italiana: da quelle più affini alle mie a quelle più distanti e inconciliabili. Radio Radicale, a quei tempi, trasmetteva di tutto e di più. Sarebbe bello tornare a quel metodo attraverso un “argomento del giorno” visto prima da destra e poi da sinistra (o viceversa). Adoperando anche toni fortissimi, ci mancherebbe, ma suggellati sempre da una bella stretta di mano a fine dibattito.
Solo che oggi c’è Donald Trump che divide ogni singola fetta di elettorato esistente. Tu che idea hai del celebre tycoon, 47esimo presidente degli Stati Uniti, simpatizzante dei New York Jets e dei New England Patriots, comparsa di lusso in Mamma, ho riperso l’aereo: mi sono smarrito a New York e, last but not least, capo del mondo occidentale?
Be’, nel Trumpismo, come scrivo nel libro, convivono sia spinte di destra sociale che di destra liberale. E tutto ciò nonostante il suo acceso bisticcio via tweet dell’estate scorsa con Elon Musk e il relativo naufragio del progetto Doge (il famoso “Dipartimento dell’Efficienza Governativa” atto a prevenire gli sprechi pubblici e messo originariamente in mano allo stesso Musk. NdR). Ecco, forse nel Trumpismo più genuino, per essere sempre competitivo a partire dalle elezioni di Midterm dell’aprile-novembre 2026, non dovrebbe mai sparire l’elemento liberale.
Torniamo alla nostra Italia. Secondo te lo scontro tra destra e sinistra si è così inasprito perché, a differenza di certi mitizzati “inciuci” degli anni Novanta, al giorno d’oggi non esistono più privilegi per tutti in questo benedetto Paese?
Questo è un discorso puramente giornalistico. Nel senso che tanti, troppi esponenti dell’informazione comprendono ormai soltanto due schemi mediatici: o la rissa televisiva oppure una direzione più complice o “inciucista”, come dici tu. Quando in realtà una terza via sarebbe sempre la soluzione più apprezzabile. E ti sto parlando di una limpida e reciproca alternativa tra i due maggiori schieramenti di governo. Tu hai vinto le elezioni, io no e di conseguenza devo fare, dai banchi dell’opposizione, delle proposte più valide delle tue. Punto. La destra questa cosa l’ha metabolizzata meglio (basta vedere come si è comportata la Meloni quando stava all’opposizione ed ha costruito proprio da quel versante l’ascesa elettorale di FdI) mentre la sinistra della Schlein sta ancora lì a gridare alla deriva fascista con almeno dieci allarmi al mese strillati a vanvera. Senza mai, e dico mai, applicare la cosiddetta “contrapposizione del merito”.
Da dove si può ripartire? Magari dalle nuove generazioni, se non sono già troppo distratte e piegate dall’uso compulsivo dello smartphone?
Io ricomincerei dall’arte, dalla poesia, dalle letture importanti, dalla buona musica. Anche perché trovo oltremodo sconvolgente che la nostra scuola pubblica riesca a rendere noioso ciò che in realtà è super attraente…
Tipo?
Tipo le liriche passionali e psicologiche, decisamente contemporanee, di un genio come Catullo. Oppure la figura di Giacomo Leopardi, di certo non un “gobbo” inacidito dalla sua condizione medica, ma uno dei tre più grandi poeti italiani di sempre. Oltreché uno dei pensatori più rilevanti degli ultimi 250 anni grazie alla sua critica ante litteram nei confronti del Positivismo. In Italia ci vorrebbero degli insegnanti in grado di osare e di saper scegliere le pagine giuste da far leggere ai propri studenti. Dobbiamo riconsegnare la passione ai nostri giovani. Che di certo non la troveranno sentendo per caso i discorsi retorici di qualche parruccone impagliato in quel Bruxelles o Strasburgo…
Ultima domanda legata al fatto che sei un grande fan dei Queen e citi a sorpresa Freddie Mercury nelle ultime pagine di Trumpisti o Muskisti. Allora, sei in cima ad una torre e in una mano hai il vinile di A Night at the Opera (1975) e nell’altra quello di Innuendo (1991): quale a malincuore butti giù?
Guarda, spiacente ma mi tengo Innuendo tutta la vita!
Perché lo ascoltavi a diciannove anni?
Anche, ma quel disco resta davvero il vertice assoluto dei Queen, la testimonianza più alta di tutta la loro carriera, senonché l’ultima (album postumi a parte. NdR) ad essere stata pubblicata. Prendi la canzone Innuendo: un vero e proprio inno di libertà. Oppure I’m Going Slightly Mad dove Mercury racconta, con leggerezza e profondità, l’esperienza della malattia che all’epoca lo stava consumando. Riguardo a The Show Must Go On, poi, cos’altro vuoi aggiungere? Trattasi di un capolavoro, punto e basta. Queste sono le cose di cui dovremmo appassionarci. Le grandi questioni dell’esistenza trattate attraverso la forza dell’arte e del canto. La politica? Bellissima, per carità; ma non la si può sempre limitare alle tristi e immancabili polemicucce di giornata…
Intervista realizzata da Simone Sacco e già pubblicata sulla versione Substack di Indiscreto (simone.sacco@gmail.com)


