L’Inter di Gian Marco Moratti

28 Febbraio 2018 di Indiscreto

Da oltre quarant’anni Gian Marco Moratti non si occupava di calcio, se non come tifoso dell’Inter e come sostenitore morale a distanza (molta distanza) delle avventure sportive del fratello Massimo, con una quota infinitesimale di azioni che ne faceva il socio più anziano del club nerazzurro, visto che il padre gli aveva fatto questo regalo quando aveva soltanto dodici anni… Siamo contro le santificazioni fatte di fronte a una bara e in generale contro tutte le santificazioni: quindi al netto del discorso San Patrignano (che si ama o si odia, proprio a livello di metodi) e dei soliti scherzetti che i ricchi fanno al parco buoi (vedere quotazione Saras), si può dire che Gian Marco Moratti sia stato un buon gestore dell’azienda di famiglia in un settore maturo e giocato sui margini, come quello della raffinazione petrolifera. Anche se la nostra idea di ‘grande imprenditore’ è un’altra, senza per forza arrivare a Steve Jobs.

Dopo la sua morte merita però anche un ricordo calcistico, oltre ai tanti di chi lo ha conosciuto o di chi semplicemente deve fare pubbliche relazioni: le cinque pagine di necrologi sul Corriere della Sera hanno sorpreso soltanto chi giudica l’importanza di una persona dal numero di follower su Instagram. Negli anni Sessanta le parti calcistiche erano invertite, anche per motivi di età: Massimo, classe 1945, era il tifoso figlio del presidente Angelo Moratti mentre Gian Marco, del 1936, era un consigliere pienamente operativo del club, coinvolto in prima persona nella gestione della squadra e nel calciomercato. A occhio più dentro le cose rispetto a Zhang junior, nonostante il padre fosse nell’ufficio a fianco e non a migliaia di chilometri.

Sempre presente nelle trasferte euromondiali dell’Inter di Herrera e protagonista, ovviamente insieme ad Italo Allodi, in tutti i grandi colpi andati a segno, compreso Eusebio preso dal Benfica per 600 milioni di lire nel 1967 (sembrava che la FIGC stesse per riaprire le frontiere, poi fece marcia indietro), e anche in quelli falliti, come Gigi Riva che era una sua fissazione ben prima che diventasse Gigi Riva. Con i giocatori, stando alle testimonianze dei giocatori stessi, aveva un rapporto affettuoso ma meno condiscendente rispetto ai suoi fratelli e ai suoi stessi genitori (l’interista originaria era la madre Erminia, scomparsa nel 1989): di base stava dalla parte di Herrera, con il quale spesso faceva trasferte lampo per visionare gli avversari di coppa in un’era paleotelevisiva in cui il sentito dire dominava. Non è un caso che Herrera si dimise subito dopo l’addio dei Moratti, anche se poi avrebbe avuto un periodo, piuttosto triste, nell’Inter di Fraizzoli. Gian Marco Moratti era insomma molto di più del classico ‘figlio del presidente’, visto anche che il presidente era impegnatissimo su altri fronti (a fare i soldi che i figli avrebbero ereditato, diremmo noi della periferia ovest) e compariva soltanto in chiave motivazionale.

Non ci furono dichiarazioni ufficiali, ma è certo che non ci rimase bene quando per stanchezza nel 1968 Moratti padre cedette il club a Fraizzoli, al punto che meditò seriamente di comprare il Cagliari (ne divenne soltanto finanziatore e piccolo azionista, per poche stagioni) e di ricomprarsi l’Inter prima nel 1970 e poi nel 1973, con un Fraizzoli in crisi finanziaria e soprattutto di risultati. Ma la resistenza del contestatissimo Fraizzoli, che paragonato ai Moratti appariva uno con il braccino corto, e soprattutto la riluttanza del padre a tornare in un posto dove i Moratti avevano vinto tutto ebbero la meglio sui desideri calcistici di Gian Marco. La morte di Angelo Moratti, nel 1981, lo inchiodò definitivamente all’azienda di famiglia, la Saras, ma l’interesse per il calcio si era ormai in ogni caso affievolito, per lasciare spazio a cose più serie. In questo senso il testimone passò al fratello Massimo, che infatti avrebbe nel 1995 acquistato l’Inter in prima persona. Tutto passa, tutto se ne va, tutto sembra diventato intercambiabile e senza identità, ma nemmeno dopo la vittoria di tre Champions League (scenario che non appare vicino, comunque) gli Zhang saranno ricordati come i Moratti.

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