Linea d’ombra, l’ora della responsabilità

22 Marzo 2022 di Stefano Olivari

Forse non tutti sanno che Joseph Conrad era ucraino, nel senso che era nato da una famiglia di nobiltà polacca nell’Ucraina sotto il dominio zarista. Non vogliamo però fare collegamenti forzati con l’attualità anche se Conrad, che da adulto sarebbe diventato cittadino britannico e che il meglio l’avrebbe dato scrivendo in inglese, era profondamente anti-russo. L’unica nostra ambizione è recensire, con più di un secolo di ritardo, La linea d’ombra, non il più famoso dei suoi romanzi (Cuore di tenebra, Lord Jim, Con gli occhi dell’Occidente il podio) ma quello che riletto da poco mantiene la forza devastante del libro di formazione.

La storia è molto semplice: il protagonista, mai nominato ma che evidentemente è Conrad stesso visto il suo passato su navi francesi e inglesi, è insoddisfatto della sua vita e senza un vero perché lascia la sua carriera di ufficiale su navi commerciali nel Sud-Est asiatico. Quasi per caso a Singapore gli si presenta però l’occasione di un comando, il primo, e la coglie al volo recandosi a Bangkok per accettare l’incarico. Nel primo viaggio incontrerà tutte le difficoltà possibili: sanitarie, meteorologiche, umane, anche soprannaturali perché qualcuno come il suo secondo, Burns, crede alla maledizione del vecchio capitano.

La linea d’ombra è un confine, ma anche l’invito, per non dire l’obbligo, a lasciarsi dietro il modo di pensare della propria gioventù. Cioè ad assumersi una qualche responsabilità, non necessariamente il comando di una nave ma per lo meno quello della propria vita. Per rendersi conto il prima possibile di essere soli di fronte alla grandezza del mondo: l’accettazione di questa realtà è la base del rapporto con gli altri, anche di quello cameratistico con l’equipaggio. All’aperitivo lo pseudomanager del fintech la spiegherebbe così, alla fighetta annoiata da lui e disgustata dal tagliere di salumi nostrani: “Sento che è il momento di abbandonare la comfort zone“.

In certi punti un po’ ostico per l’uso di termini marinari, La linea d’ombra non è sul passaggio dall’adolescenza all’età adulta ma sulla fine della gioventù intesa come stato mentale. Da consigliare a molti trentenni, per non dire quarantenni e oltre, che la linea d’ombra non l’hanno nemmeno individuata. Classico libro che ci parla in due modi diversi, a seconda del momento della vita in cui lo leggiamo.  C’è l’ironico pessimismo di Conrad, ma anche l’esaltazione dell’indipendenza. Ci era rimasto dentro, ma ritrovarlo è stato lo stesso un piacere.

Perhaps not everyone knows that Joseph Conrad was Ukrainian, in the sense that he was born into a family of Polish nobility in the Ukraine under Tsarist rule. However, we do not want to make any forced connections with current affairs, even though Conrad, who would become a British citizen as an adult and who would do his best writing in English, was deeply anti-Russian. Our only ambition is to review, more than a century late, The Shadow Line, not the most famous of his novels (Heart of Darkness, Lord Jim, Under Western Eyes the podium) but the one that, re-read recently, retains the devastating force of a training book.

The story is very simple: the protagonist, never named but evidently Conrad himself given his past on French and British ships, is dissatisfied with his life and without a real reason leaves his career as an officer on commercial ships in South-East Asia. Almost by chance, however, in Singapore, he was offered the opportunity of a command, his first, and he seized it with both hands by going to Bangkok to accept the assignment. On his first voyage he encounters all possible difficulties: sanitary, meteorological, human, even supernatural because someone like his second in command, Burns, believes in the old captain’s curse.

The shadow line is a boundary, but also an invitation, not to say an obligation, to leave behind the way of thinking of one’s youth. That is, to take on some responsibility, not necessarily the command of a ship but at least that of one’s own life. To realise as soon as possible that they are alone in the face of the world’s greatness: acceptance of this reality is the basis for relationships with others, including the camaraderie with the crew. At an aperitif, the pseudo-manager of fintech or digital communication would explain it like this to the bored pussy: “I feel it’s time to leave the comfort zone”.

A little difficult due to the use of maritime terms, The Shadow Line is not about the transition from adolescence to adulthood but about the end of youth as a state of mind. To be recommended to many people in their thirties, not to mention forty and over, who have not even identified the shadow line. A classic book that speaks to us in two different ways, depending on the moment in life when we read it.  There is Conrad’s ironic pessimism, but also the exaltation of independence. It had stayed with us, but finding it again was a pleasure.

Share this article