Lieto fine solo dopo la salita

16 Giugno 2014 di Silvana Lattanzio

Di libri di sport ce ne sono tanti, forse troppi. E io per mestiere, oltre che per passione, ne leggo tanti, forse troppi. Ma questo l’ho trovato davvero speciale, perché tocca corde speciali per noi che amiamo lo sport praticato: oltre che di sport è anche un libro di vita, senza esagerare direi filosofia di vita. Uscito a inizio giugno, racconta del progetto Tutte le salite del mondo. Progetto che l’anno scorso, in pochi mesi, ha impegnato il suo autore, il giornalista del Sole 24 Ore Riccardo Barlaam, in nove sfide, tra cui le tre granfondo di ciclismo più dure in assoluto: la Marmotte, la Charly Gaul Trento-Monte Bondone e la Oetztaler Radmarathon, tutte e tre con oltre 5.000 m di dislivello. Intercalate, tante altre salite come Stelvio, Mortirolo, Mont Ventoux, Monte Grappa, Cuvignone, Ghisallo, Mottarone, Pordoi. In mezzo corse estreme, chilometri a nuoto e un Ironman concluso, quello a Zurigo del 2012. Il tutto affrontato sotto un sole a picco come pure nel freddo assoluto. Con la bici, sua fedele compagna e “metafora della vita: devi andare avanti per restare in equilibrio”, Riccardo ha affrontato tante prove di resistenza, di fatica ma anche di soddisfazioni e di conquiste. “Sensazioni belle e brutte… vittorie e sconfitte”, insomma, proprio come nella vita, sempre accompagnato da una filosofia esistenziale di decoubertiniana (almeno, secondo l’idea che si ha di De Coubertin) memoria: “La voglia di farcela. La sfida. Il limite da superare. Senza mollare mai”, ma accettando anche il ritiro da una gara, troppo dura per il freddo più che per il percorso, la temibile Oetztaler. E questo dopo mesi di duri allenamenti. Ma non è una sconfitta e il lieto fine c’è sempre, “basta saperlo vedere”. Dopo un’annata così, trascorsa a mantenere l’equilibrio tra famiglia, lavoro e sport zigzagando tra impegni e ascese e portando a termine vere e proprie imprese, nell’indolenza di un sabato pomeriggio di fine estate Riccardo viene punto da più calabroni che gli provocano uno shock anafilattico. Piccole e infastidite bestiole mettono a serio repentaglio la sua vita. E come spesso avviene, la vicinanza della morte fa scoprire l’importanza delle cose solo apparentemente banali, quelle a cui non si fa caso: “Prendere al bar un caffè con un amico, parlare del più e del meno con tua moglie. Camminare per strada. Salutare qualcuno. Guardare le persone e la vita che scorre. Sentire gli odori. Perdersi con lo sguardo all’orizzonte. Stupirsi per un cielo più sereno del solito”. Bisogna vivere migliorandosi sempre, con sempre la voglia “di nuove sfide da vincere, di nuove salite da conquistare. Con la bici e nella vita”. Lo sapevamo già, penserà qualcuno. Ma a me non sembrano discorsi tanto scontati, se ci fermiamo un attimo a riflettere sulle nostre esistenze con il paraocchi, piene di scadenze e di catene che ci mettiamo da soli. Lo sport e la fatica avvicinano alla verità, qualsiasi essa sia, come poche altre cose. Con l’augurio di “non stancarci mai di affrontare altre sfide, altre salite, fino alla fine, all’ultimo minuto, all’ultimo respiro, fino a quando ne avremo la forza”. Con il “piacere di poter ancora respirare, lottare, amare, sognare”. Barlaam conclude con l’augurio di un “buon viaggio, per tutte le salite che verranno”. E buona lettura a tutti, aggiungo io, un’altra cosa per cui vale la pena di vivere.

Tutte le salite del mondo, di Riccardo Barlaam, 272 pag., 14,90 euro

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