Te li do io i delfini

24 Agosto 2017 di Erminio Ottone

Egregio Direttore, io, Erminio Ottone, chiamato in causa più volte con una punta di sarcasmo nella Sua rubrica e in un recente articolo pubblicato su Indiscreto, intendo chiarire la mia posizione e ricordare la mia presenza, sebbene più discreta rispetto a qualche anno fa (ma non era proprio Lei un seguace del ‘Less is more’?), sulla scena delle notti milanesi e mykoniane.

Prima di tutto, mi preme rintuzzare gli attacchi ricevuti per aver postato su Facebook (social network su cui sono francamente poco presente) il video di un branco di delfini che accompagnano la mia barca a vela per qualche minuto. In realtá la barca non è mia, certo avrei potuto comprarmela se non avessi speso 25 anni della mia vita facendo happy hour con Antropiovra e facendomi derubare da faccendieri di ogni tipo. Constatato proprio in vacanza che il culto della personalitá e dell’io ha ormai preso il sopravvento sotto forma di selfie (“IO al tramonto”, “IO con l’orso polare”, “IO e l’aurora boreale”, “IO e un vecchietto argentino alla finestra che si fa chiamare Francesco”, “IO con un micofono in mano perchè vado in TV e conosco i calciatori”), ho voluto ribadire come a volte i protagonisti possano essere uno spettacolo inaspettato o una meraviglia della natura. Non a caso, il video è accompagnato dal post “voi fatevi pure i selfie”.

Al di lá di questa svolta vagamente sdolcinata, favorita dal fatto di avere trovato una donna speciale che lo sopporta, accetta il suo passato burrascoso/figaiolo e soprattutto, evento straordinario, non gli rompe i coglioni, Erminio è vivo e presente nonostante cinque anni di fidanzamento e un matrimonio ancora in divenire, differito quanto la cessione di Caldara alla Juve. Semplicemente, Ottone ha spostato il suo raggio d’azione da Corso Sempione (che occuperá sempre un posto speciale nel suo cuore) alla zona Moscova/Garibaldi. La colpa è soprattutto delle persone che frequenta, tanto pigre da ritenere Sempione una meta troppo lontana e complicata da raggiungere rispetto a Moscova (3′ in più di auto, 1′ in scooter). Da non trascurare il fatto che Moscova sia facimente raggiungibile in metropolitana, prezioso mezzo di trasporto nelle serate in cui si esce sapendo giá che si andrá oltre la soglia alcolica di 0,5 stabilita dalla legge. Ottone infatti ha giá subìto un ritiro di patente nel 2011, per incidente provocato da ragazzino gay (nota di cronaca, non omofobica) che non gli diede la precedenza perchè convinto di averla lui (“venivo dalla strada più larga, ho ragione io”!). Non stiamo a ricordare casi analoghi capitati ad altri, ribadiamo soltanto che cambiare zona ed usare la metropolitana non significa essere morti.

Erminio è fidanzato e convivente, ma lei ha capito che non si può cercare di cambiare un uomo ormai ultraquarantenne… E così, una/due volte alla settimana Ottone esce esclusivamente con gli amici per parlare di calcio e ricordare i tempi in cui la gnocca, nel suo avvicendarsi di volti e nomi di protagoniste e comparse, aveva un ruolo centrale (mai comunque fondamentale quanto l’amicizia e il cazzeggio). E poi c’è sempre Mykonos, dove campeggiano un po’ ovunque foto di Antropiovra con la scritta “missing”. Prima una volta all’anno, poi due, adesso tre… Erminio parte per l’isola della luce tre volte ogni estate: una per vacanza di coppia esclusiva con fidanzata; un’altra per vacanza di gruppo con fidanzata e amici; un’altra ancora per chiudere l’estate tra uomini, compagni di bevute e di cazzeggio.

L’ultima vacanza di questo tipo (settembre 2016) ha prodotto uno dei discorsi più profondi mai pronunciati da Ottone, quelli che diversi lettori di Indiscreto rimpiangono (così ci dice il Direttore) ma che purtroppo per motivi di tempo non può più scrivere. Ore sei del mattino: in attesa che sia pronta una salvifica crêpe al formaggio Erminio, illuminato dai benefici effetti di vodka lemon e Smirnoff North (vodkaccia dolciastra alla ciliegia di colore azzurro, distribuita in abbondanza a Mykonos sotto forma di chupiti), si avventura in una ardita interpretazione del testo di “c’è un boa nella canoa” di Andrea Mingardi. Sostiene che sia assodato si tratti di un riferimento nemmeno tanto velato all’organo sessuale maschile, con pesante frase conclusiva: “C’è un boa nella canoa, speriamo che muoa”… “Ma la morale qual è?”, gli chiedono gli amici, rapiti dalla profonditá delle sue parole. “La morale è che il cazzo fa schifo”. Una volta sì che c’era la libertá di pensiero e di parola.

Tutta questa parentesi (chi non conosce la nostra vecchia rubrica su Indiscreto, sempre in stand-by come libro, perdoni le volgarità) non c’entra con le notti di Milano, che Erminio continua a vivere da protagonista ma senza gli eccessi del passato: era solo per dire che lo spirito giocoso e ironico non è stato perso. Certo non sono più gli anni di Bobone, Aida Yespica, Pippo Inzaghi, eccetera: il tempo passa per tutti e sette notti su sette in giro per locali stroncherebbero qualsiasi carriera, non solo quella di un calciatore. Volendo chiudere con una facile battuta, Erminio potrebbe osservare con amarezza che una volta Antropiovra era il suo delfino. Una volta.

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