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Basket

L’Eurolega senza Atalanta

Oscar Eleni 06/03/2020

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Oscar Eleni rifugiato in un castello del Dorset per poter tenere tutti a distanza giusta. Prima di tutto quelli che ragionano da marchesi del Grillo, soprattutto nello sport, il calcio poi si qualifica per quello che è sempre stato, vero esercito del noi siamo noi e voi, anche se portate medaglie olimpiche, non siete niente.

Oro infernale come lava dalla TV per toglierci il gusto di amare anche chi ha meno mezzi, ma tecnicamente, con il cuore, fa molto meglio dei sciuri. Mentre il calcio si domanda, attraverso uno che in ferriera non c’è mai stato, se è giusto che l’’Atalanta delizi il calcio europeo mentre la Roma resta fuori ad aspettare lo zio d’America, un altro dopo non essersi mai capita col Pallottone e il suo stadio nuovo.

Tutti sono estasiati dal gioco della Dea, tutti invidiano i Percassi che hanno continuato nella grande tradizione. Non basta a quelli lassù. Ieri mentre a Radiorai in Zona Cesarini ci domandavano se anche il basket fa bene ad essere così elitario nell’eurolega, noi, per ripicca, non certo per non essere stati invitati a pranzo come insinuano gli stessi che poi si offendono se gli rispondi, abbiamo detto che l’Eurolega è una giusta evoluzione della specie, ma se avessimo dovuto essere sinceri, soprattutto dopo aver visto l’Armani mal di stomaco, ci saremmo dovuti allineare con la Fiba e con Petrucci che fingono, come spesso accade, di essere indignati per il mancato rispetto del risultato ottenuto sul campo.

Loro, i fibaioli, che in passato ti facevano giocare nei mercati delle anatre e nelle scuderie, con i fari in fasccia come negli stadi ateniesi. Gli amici della Rai si domandavano perché nella massima competizione non c’erano i campioni della Reyer Venezia. Noi  balbettando, dicendo boh, come chi non decritta bene questi scritti, ci arrampicavamo sul vetro dicendo che l’anno prossimo forse avremo due italiane nel consorzio Bertomeu.

Felici per la Reyer che  ha l’anima dell’assassina silenziosa, contenti per la Virtus di Djordjevic che ha lasciato senza fiato per due tempi, poi ha fatto l’Armani facendosi mangiare anche 21 punti nel regno di Sasha, a Belgrado, a porte chiuse, ma quando si è trovata il faccione di Ernak a 4 punti, mentre Ozdemiroglou (chi?) faceva impazzire gli indiani  al caffè, ecco la mossa slava, il genio che si esalta nella sfida come dice Tavcar nel suo meraviglioso libro sul basket jugoslavo che non è mai stato solo  fame, ma sempre desiderio di gioco e ricerca di dominio mentale. Pajola che ancora arrossisce se sbaglia qualcosa, spazio vero a Ricci. Con questa coppia italiana, che profuma come il duo Tonut-De Nicolao della Reyer, ha ripreso in mano la partita che non poteva perdere e ora si prepara al play off contro Montecarlo, mentre Venezia punterà su Malaga dove hanno appena ingaggiato Mekel che a Reggio Emilia occupava lo spazio ora da affidare ad un lungo.

Insomma potremmo anche avere due italiane in eurolega l’anno prossimo, auguriamocelo, così come Petrucci si eccita se il bambino d’oro Paolo Banchero, 2.07, classe 2002, figlio di un giocatore di football di origini nostre e di una giocatrice di basket, annuncia di essere eccitato all’idea di poter indossare la maglia azzurra che al momento scotta pensando che al preolimpico di Belgrado (porte chiuse), potremmo restare ancora una volta fuori dai Giochi come accade ormai dal 2008.

Nel Dorset per tenere le porte aperte, ma con la gente a distanza, soprattutto quelli della Lega che la castellana Loretta Lanzoni, fedelissima dai tempi in cui chi ragionava pensando soltanto a se stesso, come è successo, purtroppo, dopo l’ingresso sulla scena delle tarantole del “nuovo corso” che portava al fosso, veniva messo da parte.

Certo faranno bene i soci e Petrucci (FIP), con Basciano (A2) a chiedere aiuto allo Stato, perché il basket vive sugli incassi nella maggior parte delle isole dove si guadagna gloria e pane, ma bisogna anche bonificare il territorio tenendo il più lontano possibile i cravattari a cui non interessa della crisi, a cui frega nulla se i vivai si inaridiscono, tanto loro sanno dove cercare nel mondo e poi sanno come smerciare.

Siamo tutti curiosi di capire come si muoverà Gandini come nuovo presidente della Lega preso in prestito dal grande calcio. Conoscendo l’uomo siamo sicuri che non tradirà se lo dovesse chiamare l’ammericano de Roma, ma chi ne sa più di noi dice che invece potrebbe accadere. Speriamo di no.

Così come speriamo che Ettore Messina non vada in confusione valutando la vittoria di Valencia, dove le porte chiuse sono state una benedizione per le sue cicale che dopo aver dominato due quarti, fatto la figura dei tapini da spiaggia nel terzo quarto chiuso con 12 punti segnati (ma dai), si sono trovati nella ragnatela del supplementare avendo ancora regalato un più 5 a fine gara.

Tutti contenti per il finale di Scola, Rodriguez e, soprattutto, Micov, quando sembrava che Ponsarnau avesse messo in trappola il nobile rivale di panchina. Attenti però a raccontarla giusta perché in molti hanno visto, sanno delle razzie di Dubljevic, dei rimbalzi mai presi, del 16 su 16 ai liberi contro il 10 su 18 di Milano, anche con acqua alla gola sbagliavano rifiutando la carità, delle scorribande di Abalde, dei tre errori su tiro libero di Vives e Colom quando ormai i monatti stavano portando via la sesta sconfitta consecutiva.

Ora essere felice per la vittoria è giusto, ma insistere sul premio per il lavoro duro che la squadra fa in palestra suona davvero strano. Sull’attacco? Nuvole. Sulle rimesse? Misteri affidati al genio del momento. Difesa? Be’, lasciamo stare anche se hai tenuto la cultura del l’esfuerzo valenciana a 12 punti, una paella mal riuscita, certo anche per merito della difesa di Milano, svanita nel terzo quarto dei sospiri e della tosse.

La riapertura di un credito in Eurolega alleggerisce i tormenti di chi stimando Ettorre soffre per lui come qualche collega onesto, non certo i  velenosi. Ottimismo da balera pensando che nel futuro gli ostacoli saranno tutti più bassi, realismo da campetto sapendo che non saranno tanto più bassi se pensiamo che il Villeurbanne si è bevuto il Valencia, che San Pietroburgo ha castigato Kaunas, che l’Olympiakos ha fatto piangere i nemici del Pana e, soprattutto, Pitino che ora deve vivere davvero male la sua esperienza ateniese.

Certo a parte il CSKA nell’ultimo turno al Forum, quando i russi saranno già qualificati come lo sono oggi Efes, Barcellona, Real e Maccabi, ci sarebbe possibilità di fare punti che portano fra le prime otto. Ci sarebbe, ma ci credono in pochi. Dal tifoso col mal di stomaco, a quello che telefona disperato come se davvero fossimo noi i protettori di un Messina  irriconoscibile soltanto perché ai pranzi ufficiali (2) invita tutti senza figli e figliastri, antipatici e simpatici, all’altro che urla di non avere più vestiti perchè la scaramanzia glieli ha bruciati tutti.

Aspettiamo danzando fra gente che non vuole sfiorarci, correndo via al primo starnuto, angosciati, una cosa diversa dalla paura che invece aiuta vivere e combattere meglio perché conoscendo il  ericolo  ti alleni per non farti prendere in trappola. Anche la Milano del basket si allena molto, dice Messina. Allora sarà tempo di farcelo vedere.

Pagelle dall’arena di Valencia. Daremmo un sei  politico collettivo come ai tempi del colera nelle scuole. Certo Micov qualcosa in più, ma siamo sicuri che Messina si darebbe ancora 5. Come l’abbiamo capito? Dalla mascella nei momenti in cui non sapeva a chi chiedere: ma chi li ha presi certi lanzichenecchi? Chi ha lasciato in eredità certa gente? Ah saperlo.

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