L’eredità di Mourinho Secondo

18 Settembre 2013 di Stefano Olivari

Il secondo Chelsea di José Mourinho in questo inizio di stagione ha giocato un buon calcio, ma dal punto di vista tattico assomiglia a quello brutto e vincente (l’Europa League) dei sei mesi di Rafa Benitez. Evidenza che non farà piacere a nessuno dei due allenatori: avversari e fieri antipatizzanti in Premier League dal 2004 al 2007 (Mourinho sempre al Chelsea, Benitez al Liverpool) e per interposta Inter. Quando nell’estate del 2010, subito dopo il Triplete, Benitez prese in mano la squadra nerazzurra al primo giorno di allenamento si presentò ai giocatori in maniera sorprendente: “Ragazzi, da oggi si gioca davvero a calcio”. E non scherzava…  Si presentò male, ma in pochi mesi vinse Supercoppa italiana e Mondiale per club, analizzando con lucidità i problemi di un gruppo di giocatori che riteneva (poi i fatti gli hanno dato ragione) arrivato al capolinea. Se a questo si aggiunge il fatto di essere stato definito, già al suo arrivo a Londra, ‘interim coach’ dagli stessi dirigenti del Chelsea che erano certi del ritorno di Mourinho, si può intuire come la simpatia reciproca non sia aumentata.

Ma tornando al Chelsea attuale, non essendoci state rivoluzioni ma solo ritocchi dalla tre quarti in su, bisogna dire che la squadra sta lavorando per essere più offensiva. Di sicuro è meno quadrata di quella che il 25 aprile scorso nell’andata della semifinale di Europa League espugnò il St. Jacob grazie al gol di Moses (che Benitez preferì a sorpresa al più dotato Mata) e al due a uno di David Luiz dopo il pareggio su rigore di Schar, goal-vittoria arrivato con la fattiva collaborazione di Sommer. E anche di quella che una settimana dopo chiuse il conto con un 3 a 1 a Stamford Bridge, nonostante qualche minuto di terrore seguito al goal di Salah. Mourinho ha confermato il 4-2-3-1 del finale della scorsa stagione, che peraltro anche a lui tante gioie ha dato, ma sta provando a cambiarne gli interpreti. Punto fermo è Oscar, dietro la punta centrale che può essere Torres o quel che resta (abbastanza) di Samuel Eto’o. Per le fasce Mourinho si fa guidare dall’intuizione del momento, anche se come gusti personali i suoi preferiti sembrano essere i neorrivati André Schurrle sulla destra e Willian sulla sinistra. Di sicuro la stagione è iniziata malino, con la prestazione migliore coincisa con la sconfitta più bruciante (Supercoppa Europea, ai rigori contro il Bayern Monaco di Guardiola), al punto che per la prima volta, dopo la sconfitta di sabato con l’Everton, l’allenatore più amato da Abramovich ha ammesso che qualcosa non sta funzionando.

Di certo c’è anche che Il Chelsea ha chiuso il mercato estivo con un rosso da 90 milioni di franchi. Nonostante la crisi finanziaria dell’Anzhi si è strapagato Willian (45 milioni) e solo in extremis si è arrivati all’Eto’o in omaggio. 26,5 milioni sono andati al Bayer Leverkusen per Schurrle, 11,9 al Vitesse Arnhem per Van Ginkel: anche senza addentrarsi nella giungla dei movimenti minori è chiaro che Abramovich ha ancora voglia di spendere e di vincere. Il che non significa che sia uguale all’Abramovich di 10 anni fa: nel 2012 il Chelsea ha chiuso per la prima volta in attivo un bilancio durante la sua gestione, anche se di spiccioli. In più anni di investimenti lo hanno reso il settimo club al mondo, secondo Forbes, come valore: chi desiderasse la società può offrire ad Abramovich 700 milioni di franchi, anche se la passione per l’arte (ispirata, per così dire, dalla fidanzata Darya) non ha ancora superato quella per il calcio. Contratti di sponsorizzazione veri (a giugno l’Adidas ha rinnovato l’accordo fino al 2023, per una cifra vicina ai 45 milioni di franchi l’anno), introiti televisivi e da stadio rendono il club ormai capace di camminare sulle proprie gambe, ma il ‘luogocomunismo’ continua a indicarlo come simbolo del calcio delle spese no limits.

Si può invece proprio dire che il ritorno di Mourinho ha il significato opposto: dopo l’era delle grandi spese e delle vittorie (anche se la Champions League è stata alzata da Di Matteo, 4 anni dopo essere stata sfiorata da Grant) è arrivata quella del consolidamento ad alto livello. Che passa ovviamente da una presenza costante in Champions League, un po’ per gli incassi diretti e molto per l’indotto mondiale. Stasera a Stamford Bridge Mourinho proverà ad allungare la striscia di imbattibilità casalinga totale del ‘suo’ (vecchio e nuovo) Chelsea, ma soprattutto a partire con il piede giusto per poi concentrarsi su una Premier League che quest’anno pare equilibrata come non mai. Il Liverpool capolista è 3 punti avanti, meglio non sottovalutarlo. Andando oltre l’ultimo risultato, bisogna poi dire che a Goodison Park si è visto un ottimo Chelsea: buon possesso palla e una quantità notevole di occasioni da gol: Ramires, Ivanovic, Schurrle, Eto’o, un clamoroso rigore negato nel finale da Webb. Fatti partire dalla panchina Oscar, Lampard e Torres, cosa che probabilmente non avverrà stasera (di sicuro mancherà solo Ramires, squalificato per l’espulsione in Supercoppa), il Chelsea è una squadra viva. Se ne è reso conto un attento osservatore come Murat Yakin, che ha spiegato che a Stamford Bridge il suo Basilea non avrà niente da perdere: non proprio una dichiarazione di guerra, per l’allenatore dei campioni di Svizzera. Che nella faticosa vittoria in coppa sabato contro il Munsingen si sono presentati in maschera: senza Sommer, Schar, Stocker e Salah, con Sio entrato a partita in corso. Insomma, un po’ il Basilea ci crede, anche perché in questa stagione ha segnato in ognuna delle 12 partite giocate. Ma nessuna era contro il Chelsea.

(pubblicato sul Giornale del Popolo di mercoledì 18 settembre 2013)

Share this article