L’era del calcio ginnastico

20 Gennaio 2011 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
Copiando Wimbledon, il quindicesimo sport,  la seconda squadra di Milano, il giudizio dell’arbitro e il primo scudetto dell’Udinese… 

L’Inghilterra è la nazione faro per tutti quelli che nel mondo si occupano di football e dallo sport inglese la federazione ha la bella idea di copiare nel 1899 il modello del Challenge Round diffusissimo ad esempio nel tennis (i primi Wimbledon, per dire). In pratica il vincitore dell’edizione precedente è qualificatio di diritto per la finale, mentre gli avversari si scannano nelle eliminatorie. Il Genoa aspetta così, allenandosi e giochicchiando amichevoli, lo svolgersi del secondo campionato federale. La voglia di italianizzare il tutto porta ad una sorta di challenge round nel challenge round. L’Internazionale Torino, finalista 1898, aspetta infatti di incontrare la vincente delle eliminatorie in una sorta di semifinale unica che qualificherà la squadra rivale del Genoa. Andando sul concreto, le partecipanti sono cinque: le quattro dell’anno prima e una seconda squadra genovese, la Sampierdarenese dalla quale nel 1946 nascerà (dopo la fusione con l’Andrea Doria) la Sampdoria. Ma alle torinesi il challenge round non va bene così come è stato pensato e pochi giorni prima del torneo fanno cambiare le regole: le finaliste saranno le vincitrici del girone ligure e di quello piemontese. Il girone ligure significa due squadre, con il Genoa che si sbarazza facilmente dei rivali sul campo del velodromo di Ponte Carrega. Più equilibrio a Torino, dove la supremazia cittadina è ancora dell’Internazionale trascinata da Bosio. La finale, in partita unica a Genova, è vinta dai genoani 3 a 1: ancora campioni d’Italia, ma non ancora rossoblu (stavolta la maglia è a strisce bianche e blu) e con le casse svuotate dall’obbligo di fornire, in quanto organizzatori della finale, le madaglie d’oro per i vincitori. Se le daranno da soli, al termine di una giornata turbolenta con solo una fune a dividere il campo di gioco da un pubblico che si avvicina abbastanza al concetto di tifo calcistico che abbiamo oggi.

Piccola riflessione sul calcio di fine Ottocento, quando il calcio è il quindicesimo sport quanto a numero di articoli dedicati. Per la Gazzetta dello Sport dell’epoca viene dietro a ciclismo, ippica, scherma, ginnastica, caccia, tiro a segno, tiro a volo, canottaggio, vela, alpinismo, atletica, automobilismo, pattinaggio e tennis. Le cose ovviamente cambieranno nel corso dei decenni, ma stando ai titoli dei giornali e al numero di servizi e di inviati il sorpasso del calcio sul ciclismo, come interesse popolare, avverrà solo alla fine degli anni cinquanta. Intanto il campionato prosegue nella sua storia, ma è ancora ben lontano dal modello inglese e anche dall’interesse dell’Italia intera. Per il torneo 1899-1900 le partecipanti aumentano a 6 e i gironi a 3. A Torino il Torinese assorbe l’Internazionale, la Ginnastica va avanti e si inserisce la Juventus, nata nel 1897 da un gruppo di studenti del liceo classico Massimo d’Azeglio. In Liguria Genoa e Sampierdarenese, in Lombardia solo il Milan. Semifinale quindi fra la creatura di Kilpin e il Torinese, che vince grazie a una tripletta di Bosio: il ragioniere trentaseienne è la prima vera stella del calcio italiano, ma non può nulla nella finale contro il Genoa. Una finale di cui la federazione assegna l’organizzazione agli sfidanti e non ai campioni, a causa delle polemiche sulla sicurezza dell’anno precedente: al velodromo Umberto I tre a uno per i genoani. Festeggia il presidente-giocatore George Fawcus: il Genoa si è aggiudicato la Coppa del Duca degli Abruzzi e gli viene l’idea di regalarne una lui alla federazione per assegnarla alla prossima squadra campione d’Italia per tre volte. E’ la coppa Fawcus, anche questa andrà al Genoa.


E’ l’inizio del Novecento e il calcio non riesce proprio a decollare. Per il campionato 1900-1901, che chiamiamo così senza un vero perché visto che le fasi eliminatorie e la finale si disputano tutte nel 1901, ha 5 partecipanti. Il Genoa, la Juventus, la Ginnastica Torino, il Milan e un’altra squadra milanese, la Mediolanum, che merita una storia a sé perché rappresenta bene lo spirito dell’epoca. La Società Ginnastica Mediolanum nasce infatti come polisportiva nel 1896, ma con l’obbiettivo dichiarato fin da subito di fare calcio. Il fondatore, Alberto Alberti (ginnasta di valore ma anche appassionato calciatore), riesce addirittura ad ottenere per allenamenti e partite l’uso dei cortili del Castello Sforzesco. Il suo obbiettivo di marketing (diciamo così) è intercettare i ceti borghesi ed in generale quelli emergenti, che si sentono in qualche modo respinti da discipline classiste come la scherma e popolari come il ciclismo. Preparati alle e-mail degli interisti, si può quindi dire che la seconda squadra (semi)professionistica di Milano sia stata la Mediolanum, i cui calciatori nel 1904 andranno poi alla Milanese. La Mediolanum si sarebbe ricoperta di gloria in molti sport ed esiste ancora oggi, dopo varie vicissitudini, sottoforma di palestra nell’estrema periferia ovest di Milano a poche centinaia di metri da un inceneritore di rifiuti. Ma i suoi pochi anni di calcio lasciano un segno perché la sua stella è Umberto Meazza: nessuna parentela con il Giuseppe che sarà la stella del calcio mondiale degli anni Trenta, ma primo commissario tecnico della Nazionale (insieme ad altri) nel 1910 e primo presidente dell’associazione Italiana Arbitri.


E’ arrivato il momento di dire quello che pensiamo su quei primi campionati federali, visto che nella nostra storia ci proponiamo di analizzare i mutamenti del calcio italiano rimandando ad altri siti per la lettura di albi d’oro e formazioni. Quei primi campionati federali nella considerazione generale valgono poco, anche in rapporto all’allora piccolo ambiente del foot-ball. Infatti molte squadre di valore sono diretta emanazione di società di ginnastica e sono a tutti gli effetti affiliate alla FGNI (Federazione Ginnastica Nazionale Italiana), al punto che all’interno di concorsi di ginnastica vengono organizzate partite di calcio fra gli stessi ginnasti o altri iscritti alle stesse società. In virtù della maggiore tradizione e prestigio della ginnastica, i tornei FGNI hanno sul finire dell’Ottocento e all’inizio del Novecento più importanza dei ‘concorrenti’ della FIF (la Federazione Italiana Football, non ancora FIGC). Non solo: vedono anche la partecipazione di una maggior numero di squadre e un interesse popolare non da poco, come testimoniato dallo spazio sui quotidiani. In quell’epoca eroica ognuno si scrive le sue regole: nel calcio FGNI le partite hanno due tempi di 30 minuti e un eventuale supplementare di 10 in caso di pareggio. In caso di perduranza del pari nessun calcio di rigore e nemmeno monetina: l’arbitro decreta vincitrice la squadra che a suo giudizio ha giocato meglio. All’epoca lo si definisce non a torto ‘calcio ginnastico’. Magari sarebbe piaciuto ai cultori odierni del possesso palla.

Secondo una teoria estrema il primo vero ‘scudetto’ italiano non sarebbe quello genoano del 1898, ma quello della Società Ginnastica e Scherma Udinese del torneo FGNI del 1896. Proprio l’antenata della odierna Udinese (in pratica una sua costola che nel 1911 si stacca e si iscrive alla FIGC), che in un bar dello sport storico ha senz’altro buone ragioni per discutere con il Genoa sull’assegnazione del titolo di prima squadra campione d’Italia di calcio. Non facciamo gli equilibristi e diciamo che la storia sta dalla parte del Genoa, che fin dal 1898 gioca e vince con le regole del calcio vero. Mentre il calcio ginnastico solo dal 1903, e quindi dal torneo del 1904, adotta le regole della Football Association. Rimane il fatto che i tornei FGNI, a maggior ragione dall

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