Le tre vite di Massimo Boldi

22 Novembre 2016 di Paolo Morati

Massimo Boldi

“Massimo! Allora, cos’hai combinato?”. Provate a mettere questa frase in bocca a Silvio Berlusconi con il suo inconfondibile accento e vi ritroverete davanti la causa intentata dalla Fininvest a Massimo Boldi per aver accettato di partecipare a Fantastico 8 in Rai. Causa per inadempienza contrattuale con condanna miliardaria, finita con il perdono da parte dell’imprenditore in cambio di lavoro gratuito per le sue società. A questo episodio è dedicato un capitolo della biografia del comico di Luino, Le mie tre vite (Piemme), scritta con la figlia Marta (la più piccola delle tre) e in cui l’attore si racconta partendo dall’infanzia, i primi accenni di barzellette a scuola, la crescita, la morte del padre, con l’inevitabile carico di responsabilità di capofamiglia che lo porta a diciannove anni a fare delle rinunce.

Quello di artista per Boldi è quindi un mestiere nato un po’ per caso, pur essendovi portato su più fronti fin da ragazzino: passione per cinema e batteria, entrambi diventati parte della propria professione, dopo aver svolto quella di vetrinista, fattorino, tagliatore di lastre di polistirolo, venditore di merendine… Diversi gli incontri fatidici, in veste di musicista con più band (Atlas, Mimitoki, La pattuglia azzurra), legate anche al primo incrocio con Christian De Sica tutto musicale, e a supporto di Gino Paoli, finché arriva un ingaggio al Derby di Milano e, dopo aver familiarizzato con un gruppo di facce note dietro le quinte, qualcuno non gli propone di darsi in pasto al pubblico in una nuova veste. Insomma, di salire sul palco senza bacchette e tamburi per strappare delle risate.

Con tante difficoltà iniziali, legate a un carattere non certo da prima donna dello spettacolo, nasce dunque negli anni Settanta il Massimo Boldi cabarettista. Decisivi il supporto di Cochi e Renato e successivamente la storica intesa con Teo Tecoli, anche lui ancora in cerca di gloria, che si farà conoscere grazie alla televisione locale. In Le mie tre vite si parla naturalmente anche parecchio della svolta dei famigerati cinepanettoni, della loro nascita ed evoluzione, e di come Boldi ne sia poi diventato un punto fisso anche grazie al lungo sodalizio con De Sica, la cui rottura viene spiegata nel dettaglio. Un genere da incassi clamorosi, ma visto con occhio negativo dalla critica seriosa, rimasta poi spiazzata dalla parentesi d’autore Festival, di Pupi Avati, un film fatto inizialmente di malavoglia e con qualche ansia di troppo.

Scritta in modo piuttosto discorsivo, Le mie tre vite di Massimo Boldi non è una biografia fatta solo di momenti non solo pubblici ma anche profondamente personali, ricchi e drammatici: il rapporto con la moglie Marisa, che ha lottato per lungo tempo contro la malattia per poi purtroppo doversi arrendere e abbandonare il marito. Le tre figlie e la nuova vita da nonno con i nipoti. In definitiva un racconto da cui traspare l’immagine di un uomo semplice, certamente poco star, con una profondità che va al di là della battuta e la scenetta comica. E se poi i suoi film natalizi saranno anche ‘stupidate’ per strappare un sorriso, tra tanti che si prendono molto sul serio almeno hanno il merito, non da poco, di dichiararlo senza vergogna.

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