Le palle di Caja e Djokovic

7 Settembre 2020 di Oscar Eleni

Oscar Eleni eremita nel deserto cileno di Atacama valutando le palle fumanti di Caja e le palline isteriche del Djokovic grande re in confusione dopo la sua Adria puttanade, furente per aver passato una domenica emozionante anche nella Formula 1 quando i draghi sono andati oltre le paraboliche e abbiamo scoperto di avere in Romagna dei geniali interpreti dell’arte motoristica, di dare ospitalità ad un pilota francese stendhaliano che vive  nel milanese bosco verticale. 

Certo sarebbe stato meglio avere anche la supercoppa di basket, pur godendo per il Tour, con questi sloveni che incantano come fa Doncic nella NBA finalmente abiurata, sulla Gazza degli orgasmi di mercato, anche dall’Arturi e dal Peterson. Domanda per Sport e Salute, per il Coni, per i milioni di commissari tecnici, per i ministri dell’istruzione che dello sport a scuola ne parlano, strafottendosene, come del resto tante Federazioni: come fa un nobile Paese di due milioni di abitanti a fare certe cose? Sono campioni europei nel basket, hanno grandi atleti e sciatori e ora la coppia meravigliosa dei ciclisti. Bo, diranno, come chi non ci risponderà mai per questo lamento.

Accidenti, ci siamo detti, la Nazionale di calcio si è fatta esaminare dai barbieri olandesi al lunedì, il canestro era quasi libero, salvo le scimmie urlatrici di questo emisfero captando immagini bolla disneyana di Orlando. Niente, i Tafazzi del cesto che durante le ultime stagioni hanno perduto troppe volte ori e primiera col calcio, con quasi tutto quello che interessava giornaloni e giornaletti, sono rimasti col cerino in mano. Quando è stato fatto il calendario non si sapeva di Italia-Olanda? 

Va bene, peccato veniale per il Gandini che come tanti ha guardato incuriosito le elezioni dei presidenti di comitato regionale che saranno importanti per la rielezione di Petrucci come pontefice quasi massimo del basket che sa già di dover organizzare una stagione in perdita se le porte dei palazzi fetenzia resteranno chiusi. Perdite per milioni di euro. Diciamo che saranno in tanti a lasciare sul tetto tanti violinisti.

La natura trattata così male ha mandato il suo messaggio senza tener conto dei coperti ai simil Billionaire della penisola, delle chiusure per  tanti locali, aziende. Disoccupazione, disperazione, anche se fra i piagnoni del momento, i cretini con sole certezze, che trovano sempre un colpevole oltre la loro baracchetta, ci sono e ci saranno sempre i “laureati con u pilu sullo stomaco”, quelli che facevano raccogliere le fragole e si vantavano di trattare chi ci lavorava con metodo tribale. Della loro tribù, quella delle brioches al popolo affamato, non certo quelle dove  si costruisce insieme, ci si divide tutto per il bene comune e nessuno vorrebbe mai dieci ville e cento automobili, sapendo che le pernici in tavola si possono mettere una volta tanto, non sempre e non  perché stanno comandando i vegani fruttariani.

Ma torniamo al basket scosso davvero dal licenziamento di Artiglio Caja in mezzo al precampionato di supercoppa ed un campionato che sembra il sottomarino nucleare di Ottobre Rosso in diserzione, dove  molti sanno di non poter fare lo stesso viaggio dei sciuri, se è vero che  certe squadre non possono spendere più di due, tre milioni, anche meno, mentre lassù l’Armani canta nel giardino dei trenta milioni, se la Segafredo Virtus ha soldi per progetti importanti, se Reyer e Sassari sono sostenute da progetti che permettono sogni e voli pindarici, come ci insegnano le corse scudetto che ultimamente hanno negato a Milano la prescelta, la favorita, di vincere almeno due titoli in fila, il minimo, anche se sarebbe niente in confronto alla Juventus che va  alla ricerca del mitico dieci su dieci sfidando il mondo con allenatori congedati con lo scudetto in mano.

Dicevamo del caso Varese e in questo caso, stimando Bulgheroni,  amando gli eccessi di Caja quando lavora per il bene del gruppo, non ci schieriamo, ma certo per capire l’aria basterebbe la perfida ironia di Artiglio al momento della separazione: “Grazie a Varese per questi tre anni e per i prossimi due”. Giustamente difenderà il suo contratto che doveva durare altre due stagioni, ma le parole feriscono perché anche lui sa che pagare due allenatori può essere pericoloso per chi non ha davvero tanti soldi, ma soltanto passione. Doveva rinunciare davanti all’ingiustizia? No, accidenti, anche se essere accomodanti, lo dicono  a noi litigiosi, è delle persone capaci. Però, come dice si Francis Bacon, nulla ispira ad un uomo tanti sospetti quanto il fatto di sapere poco.

Conosciamo Artiglio, abbiamo passato tanti fiumi pericolosi con Bulgheroni. Ci dispiace che siano arrivati a questa separazione. Varese sa perché è stata costruita così, con il quarantenne Scola, per prendersi uno degli 8 posti nei play off. Speriamo ci riesca anche se dovesse affidarsi all’esordiente Bulleri che nel caso diventerebbe il Pirlo dei bosini. Chi ha imparato tanto sul campo ha il genio per farsi seguire anche da equipaggi piagnucolosi che, parola di Caja, non sono mai stati portati in palestra per doppi allenamenti? Auguriamoci di sì.

Nel riposo domenicale abbiamo invece visto il presidente Petrucci benedire i nuovi presidenti dei comitati regionali, quattro novità su tredici, anche se certo avrà guardato con preoccupazione al risultato della Lombardia dove Giulio Maggi, 66 anni, vita sul campo, braccio destro anche di Sales, buon allenatore, eccellente manager, ha battuto 337-146 (voti non circus NBA) Fabrizio Frates, stritolando nell’alleanza  fra Brescia- Bergamo-Treviglio e Varese la Milano che aveva detto ingiustamente addio a Bellondi. Varese porterà in consiglio l’ex arbitro  Tallone. Maggi, sostenuto dal Mattioli, riammesso al conclave sacrificando la genialità di un Tanjevic, potrebbe essere insieme al Crotti del Veneto la testa di ponte per spodestare l’uomo del Circeo che già si sente circondato da altri, magari Bianchini e Recalcati che, come tanti, aspettavano la vera rivoluzione nella pandemia, ridando ossigeno al lavoro di base, senza inseguire falsi idoli nella caserma dei mercenari.

Aspettando che il campo ci dica se avremo giocatori nuovi, gente cresciuta qui, migliorata in A2, vi promettiamo che se la giornata del barbiere di supercoppa sarà interessante torneremo a disturbarvi, nella speranza di non fare la fine di quel ragazzo, aveva origini non italiane, ma lo era nel cuore, che per difendere un amico è stato ucciso da chi, purtroppo, non ha visto l’applaudito film di Alessandro Gassmann, quel “Non odiare” che ha reso ancora più bella Venezia nella giornata dei suoi magici rematori, certo più ispirati della Reyer che a Trieste sembrava il bradipo di ogni inizio stagione, salvo poi diventare puma da scudetto come due stagioni fa. Almeno così la pensano Carrain e De Raffaele a rapporto da Brugnaro sindaco impegnato in battaglie difficili quasi come accettare certi fischi arbitrali, certe flanellate di campioni ben remunerati.

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