Musica
Le migliori canzoni degli Elio e le Storie Tese
di Indiscreto
Pubblicato il 2024-10-20
Non abbiamo bisogno di pretesti, anniversari o notizie particolari per iscrivere Elio e le Storie Tese al Festival di Indiscreto, visto che li ascoltiamo fin da prima del loro esordio discografico, grazie alle cassette dei loro concerti che circolavano a Milano e dintorni. Il loro primo clamoroso album, Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu (in cingalese significa ”Sborriamo e caghiamo insieme a Elio”), del 1989 è l’inizio degli Elio mainstream, ma anche la fine di un’epoca piena di invenzioni geniali, molte riciclate più avanti con qualche ammorbidimento. Seguendo il cuore potremmo prendere da questo disco tutte e tre le canzoni in votazione, ma non ne prenderemo nessuna, anche se Cara ti amo, John Holmes, Nubi di ieri sul nostro domani odierno e Cassonetto differenziato per il frutto del peccato rimangono monumenti.
Partiamo quindi dal 1992 con Servi della gleba, dal secondo album degli Elio e le Storie Tese İtalyan, Rum Casusu Çıktı, che come quasi tutta la loro produzione è incentrato sulla vita quotidiana ed è un crossover di generi. “Servi della gleba a testa alta, verso il triangolino che ci esalta” è più di un inno, e poi se hanno dato il Nobel per la letteratura a Dario Fo e Bob Dylan il premio dovrebbe essere assegnato d’ufficio a Elio, Faso, Rocco Tanica e Cesareo per un verso come “Servi della gleba in una stanza – anestetizzati da una stronza – come dei simbolici Big Jim – schiacci il tasto ed esce lo sfaccimme”.
Sono davvero tante le loro canzoni che spiegano il perché del successo e anche della loro ghettizzazione in una nicchia, sorta di Skiantos più popolari e trasversali: il loro umorismo molto maschile, i riferimenti pop generazionali e quelli milanesi, l’abuso di citazioni, il mix di generi, la cultura musicale, in definitiva la loro autocondanna a fare la parte di quelli intelligenti e spiritosi. Fra le tante canzoni che meriterebbero di essere citate citiamo quella con cui quasi vinsero il Sanremo del 1996 (anzi, pare lo avessero vinto…), La terra dei cachi, scritta quasi tutta da Rocco Tanica, straordinario racconto del cialtronismo italiano, e la Born to be Abramo del 1997, brano dance che ricollega agli Elii delle origini, visto che questa è una sorta di seconda edizione a molti anni di distanza dalla prima, ritirata dal mercato per problemi con gli autori di Patrick Hernandez e per una denuncia dei testimoni di Geova. Bravi, forse troppo.
TUTTI I CANTANTI, I GRUPPI E LE CANZONI DEL FESTIVAL DI INDISCRETO
info@indiscreto.net