Le creste di Raiola

12 Novembre 2012 di Oscar Eleni

Cari amici baskettari in attesa che si chiuda la giornata, senza parole per spiegare cosa intende Scariolo quando dice, prima del tonfo, che il gioco della squadra Emporio migliora giorno dopo giorno e poi, dopo la stangata, cazzo salga a bordo a bersi cento e più amari reyerini, si domanda se non ha sbagliato la scelta, ohibò, cercando giocatori dal grande talento offensivo ma con anima difensiva da cipria e belletto, vi servo un pensiero debole su una vicenda calcistica che coinvolge talenti, un grande manager, ma anche tutto un sistema. Suggerimento per i partiti che cercano uomini da proporre per i prossimi governi, regni, balivati. Il personaggio si chiama Mino Raiola, procuratore, calcio, quarantacinquenne di Nocera Umbra cresciuto ad Haarlem, Olanda non New York, figlio di un meccanico diventato un grande nella ristorazione, parla sette lingue, un vero rivoluzionario. Altro che Grillo o Renzi, questo riesce a dare una forza filosofica ai giocatori amanti della rottamazione di tutte le tradizioni tipo fedeltà ad una maglia, rispetto delle regole interne ed esterne di una società, aiuta i campioni che rappresenta ad abbattere ogni tipo di barriera. Se Ibrahimovic ha mal di pancia lui trova la cura giusta e lo fa arricchire spostandolo nei posti più belli: Juventus, Inter, Milan, Barcellona e adesso Parigi, ma, si sa, coi mangiarane il mal di pancia viene ancora più in fretta. Altro che calciatori bandiera, sono artisti e vanno a suonare dove li pagano meglio, dove le moglie si trovano di lusso e possono persino twittare. Ne ha avuti tanti di campioni, ma all’inizio li notavi per grinta, talento, qualità per stare nel mondo, aveva cominciato con Nedved, Bergkamp, Jonk, ma adesso ha i gioielli fumantini, quelli con la cresta, i tipi che devono fare un’asta anche per scegliere il barbiere, perché, se avete notato, un “ campione” lo vendi meglio se ha il capello trattato alla mohicana, alla gallo cedrone, lo fai diventare più popolare se non le manda a dire. Finito il tempo in cui un allenatore poteva dire: ti faccio smettere se non cambi. Più facile che cambi lui, panchina, lavoro. Balotelli segue il vangelo dei ragazzi  che possono permettersi tutto perché hanno soldi per comprare anche macchine mimetizzate tipo 007, pazienza se Mancini va nei matti e il City è angosciato, pronto a mandarlo ben oltre la tribuna dove è stato confinato nell’ultima giornata. Ci sono altri mercati. L’ultimo talento si chiama Pogba e il nostro agente Fifa fa venire paura alla Juventus che vorrebbe educarlo quando non riesce ad essere puntuale  agli appuntamenti. Lui interviene, lo protegge, se non vi va bene so già dove piazzarlo. Per fortuna siamo già alle scuse ufficiali. Ma attenti. Quando cominciano i tormenti  poi arriva l’emiro che compra e cambia tutto.

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