Le Air Ship di Jordan

25 Ottobre 2021 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal castello rumeno dove imprigionarono Dracula, al secolo Vlad l’Impalatore. Posto ideale per rifiutare un viaggio a Las Vegas dove da Sotheby’s hanno battuto all’asta per 1 milione e 472 mila dollari le Air Ship di Michael Jordan del 1984. Poi dicono che uno non deve ribellarsi a certe disuguaglianze. State boni, diceva l’imboscato Sordi mentre il soldato Gasmann credeva davvero che  il “romano” potesse evitargli il fronte. Sono giorni di peste, i bulgari non sanno più dove ricoverare i malati, gli inglesi sono alla canna del gas con il Covid, i contagi aumentano e Pechino ha rimandato la maratona del 31 ottobre, preoccupata per il ritorno del male a 100 giorni dall’inaugurazione dell’Olimpiade invernale. Ci chiedono di stare seduti e storditi davanti  alle processioni in nero fumo, al massimo possono protestare i commercianti che non vendono più quando ci sono le marce  semi autorizzate.

Per fortuna l’oppio per il popolo funziona, insomma lo sport ci fa credere che  il grido di dolore del presidente Malagò è soltanto uno dei tanti urli nel silenzio e quando dice, come in troppi prima di lui, che lo sport deve entrare nella scuola perché amore e ginnastica fanno meglio di tre ore al videogioco, sta soltanto ripetendo una preghiera inascoltata da qualsiasi governo perché il ministro dello sport non è previsto sulla scacchiera dove nessuno dà un senso ai tanti perché, dove nessuno capisce se stai troppo in silenzio come piace a chi guida la corriera.

Meglio nella cella dell’Impalatore, scusa buona per non accettare inviti da amici di Bologna nel fine settimana dove la perfida Milano ha battuto  la Fortitudo nel basket e i calciatori le hanno prese dai rossoneri del Pioli che, come Messina, tifoso dei Diavolo (forse diavolo lui stesso, ci chiede Vlad?), ha usufruito del cartellino rosso sventolato dall’arbitro: due per il povero Mihajlovic, uno per Antimo Martino che pure aveva sognato fino al patatrac finale. Maledetta domenica anche per don Sergio Scariolo che a Napoli ha perduto la verginità, nel giorno in cui la neopromossa del Pino Sacripanti si prendeva una parte degli applausi che merita Spalletti per aver resistito  bene, almeno fino quando è stato espulso per sguardo ironico, immaginiamo, nella delicatissima partita contro la Roma sul terreno bacato dell’Olimpico.

Come tanti asini, legati dove vuole il calcio padrone, siamo qui a mischiare tutto in funzione del pallone mentre nel mondo  c’erano pellegrini azzurri meravigliosi, dai ginnasti che seguivano il sardo Bartolini e i suoi 30 tatuaggi per il primo oro  storico nel mondiale a corpo libero in un Giappone che  vuole bene agli italiani, soprattutto se ginnasti, come direbbe la Ferrari e come possono giurare quelli saliti sul podio nel campionato dove, anche se non c’erano tutti i più bravi, si assegnavano medaglie mondiali. Distratti dal balun, senza dare retta a Mughini, l’unico, come Fantozzi al cineforum aziendale quando fece sapere che la Corazzata Potemkin lo aveva sfinito, capace di urlare che Inter-Juventus è stata una partita mediocre.

L’unica speranza è che i carcerieri ci lascino liberi per il 2 novembre quando nella sala Appiani dell’Arena di Milano, di fianco alla targa che ricorda il suo record mondiale nei 1500, il 4’12”4 del 1969, Sergio Giuntini, assistito dalla vestale Giulia Cassani, dall’olimpionica vicepresidente del Coni Claudia Giordani, presenterà a Chiara Cacchi il libro Assital sulla madre “Paola Pigni liberarsi correndo”. Vorremmo esserci, ma dipenderà tutto da Vlad il dentista.

Per adesso cerchiamo di spiegare all’Impalatore che in giro per il mondo ci sono succhiatori di sangue più bravi di lui se i calendari  sportivi sono così intasati, se i campionati vengono spalmati su tartine che si sfaldano facilmente per soddisfare i palinsesti di gente che, come i politici incolori, considera i circenses utili  per mangiarsi il pane degli abbonati e far stare buoni  gli sfiniti che ancora oggi vorrebbero sapere chi gioca sui vaccini e perché c’è tanta confusione.

Una confusione che ovviamente  sta mandando nei matti anche i nanetti del basket, gente che urla disperata per i conti in  rosso, ma poi cambia allenatori come i calzini, tipo la povera Pesaro che dal 2012 ha presentato 13 allenatori, come la Varese  disperata che ha visto un dirigente di qualità come Andrea Conti dare le dimissioni dopo la figuraccia casalinga davanti all’ex Caja, vero artiglio del sistema, come la Fortitudo che adesso, dopo aver cambiato allenatore all’inizio, pensa di mandare a casa qualcuno, cercando i messia in  vecchi marinai già visti in Italia come Langford. Speriamo che  a Brescia dopo il sacco di Sassari abbiano ritrovato la serenità, augurandosi che a Trento non s’ingelosiscano troppo per il ritorno al successo della pallavolo mentre il basket viene da una settimana di legnate: durissima in coppa, dolorosa quella in casa contro Treviso.

Basta così, dicono i discendenti di Matteo Corvino affascinati da Vlad, ma anche da un pesce luna di due chili e mezzo, meglio dare i voti e nascondersi agli statistici che nei 10 migliori atleti dell’anno non hanno messo Jacobs e Tamberi, la Palmisano, rifiutando di credere che l’Italia sia davvero quella che i ciclisti  della pista hanno così illuminato a Roubaix o, magari, quella che ora torna a credere nel giovane tennista Sinner disertore olimpico, dove lo sport è usato, mai emancipato davvero, un atteggiamento simile a  quello di chi, anche qui da noi  dove i manifesti elettorali sono pugnalate alla decenza, è sicuro che il “ prestito” europeo finirà nelle tasche dei soliti noti. Voti a perdere anche a costo di perdere qualche amicizia.

10  Al MAYO che prima di lasciare Napoli, problemi di famiglia si dice, ha voluto ringraziare Sacripanti, la società, il pubblico della promozione, togliendo alla Virtus Bologna l’imbattibilità stagionale. Capolavoro di squadra e saluto cordiale di un giocatore che sarà ricordato.

9 MITROU-LONG e DELLA VALLE la coppia benedetta che ridà il sorriso a Brescia, che permette all’esordiente Magro di continuare il suo lavoro senza angosce  perché sta rifondando davvero una squadra.

8 A CAJA il feroce per la vendetta consumata nella Masnago che faceva bene a tenerselo un allenatore di questa qualità. Già il recupero vero di un Cinciarini da 10 assist a partita spiega che si può cercare il meglio se i giocatori accettano di lavorare e ascoltare.

7 Al MENETTI che non si è lasciato travolgere dall’onda dell’impatto faticoso con il doppio impegno Europa-campionato. Treviso che sbanca Trento con il 5 su 5 di Akele può davvero pensare in grande.

6 Al CIANI che ha ridato a Trieste il passo giusto per stare nella parte alta della classifica. Un lavoro importante dopo la semina di  Dalmasson, un lavoro giusto nella società giusta.

5 A FIBA ed EUROLEGA per averci messo tanto a capire che  troppe coppe sono un massacro che non aiuta il basket, gli atleti. Ora ascoltino pure la NBA, magari rivedano un po’ certi arbitraggi, quello di Real-Fenerbahce è stato comico come certi intenzionali fischiati nel nostro campionato.

4 All’ARMANI se dovesse illudersi che la stagione andrà sempre così, pur regalando un paio di giocatori a partita, magari sempre gli stessi, se prenderà per buone le valutazioni di chi crede davvero che tutti abbiano il loro anello al naso.

3 Alla SASSARI demolita in casa da Brescia, dimostrazione che voler fare campionato e coppe, con viaggi inclusi, è un carico che spezza squadre anche più forti di quella affidata a Cavina.

2 A VENEZIA che merita elogi e baci  al ponte dell’Accademia per aver recuperato 17 punti alla nuova Pesaro del Banchi riportato in Italia dopo troppo esilio, ma anche dieci frustate per come sta finendo questo ottobre balordo.

1 Ai LAKERS per averci dimostrato come il teatrino della NBA, soprattutto nelle 82 partite vendute al mondo per avvilire chi crede al basket come sport di squadra, possa insegnare soltanto dove arriva il professionismo esasperato se fra compagni di squadra  si viene alle mani in partita, non soltanto negli spogliatoi, malattia comune in mondi dove tutto si vende, anche l’anima.

0 A Marco BELINELLI, unico italiano con al dito un anello per il titolo NBA, perché doveva essere lui a indicare una strada diversa alla Virtus di Napoli, soprattutto al Pajola andato in tilt per troppa fatica, per gli esagerati elogi di chi non aiuta  giovani campioni    a crescere bene. Per fortuna Scariolo conosce il mondo latino e saprà rimettere tutto a posto appena guariranno Teodosic il mago e Mannion la luce del futuro, oltre a Jaiteh  il generoso.

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