L’avversario che Siena non vuole

4 Marzo 2013 di Oscar Eleni

EleniOscar Eleni sperduto nella maratona antartica dove un pinguino ci domanda il perché delle nostre lacrime. Tristezza, noia, sfinimento. Ciao Lucio Dalla: eri vita, lo sei ancora. Ciao Giovanni Gavagnin eri un principe negli angoli di un campo dove sentivi la magia di quelle mani che vedevano quello che gli occhi negavano. Dalla era mistero, passione. Gavagnin era il mondo  a spicchi come ci piaceva quando si camminava con quelli che, per i giganti bambini e bamboccioni di oggi, sono soltanto dinosauri. Lo avevamo abbracciato nella sera alla villa reale di Monza dove Meneghin lo avev a portato a conoscere i nuovi azzurri, lui e Pino Brumatti che camminavano in mezzo ai virgulti di Azzurra tenera: qualcuno maturato bene, qualche altro stordito ed incapace di comprendere. Gavagnin che aveva persino pudore nel chiedere, da invitato, un passaggio in auto per poter prendere il volo verso il Sud che era diventato il suo mondo.

Caro pinguino dell’Antartide lasciaci piangere in pace e sul resto ti risparmieremo la noia di leggerci. Anche se vorremmo portarcelo dietro al Forum di Assago dove domenica notte, dopo lo scempio di Milano-Siena, 3 punti Armani nel secondo quarto, 8 i campioni in carica di Siena nel terzo, stavano sbaraccando tutto molto in fretta per fare spazio ai mostri extralarge che non tirano a canestro ma occupano, da sempre, l’immaginario notturno di tutti noi che  ci blocchiamo pensando all’Ankylosauro che è così vicino all’anziano Brachiosauro alto dieci metri e lungo 17. Il Forum come pianura preistorica per seguire i delicati mostri che nascondono sotto la finta pelle 130 metri di tubi idraulici e 1 chilometro di microprocessori.

Meglio  l’attore paleontologo che fino al 10 marzo si farà inseguire dal T-Rex delle baggianate del basket nostrano dove è tornato Simone Pianigiani. Bastonato sul Bosforo, dove sanno come tormentare lo straniero impavido che anche vincendo sei scudetti in fila ha dimostrato che serve sempre  il  muro societario di protezione, per ricaricare le pile in  vista della dura estate con Azzurra dove sarà riconfermato capo allenatore soltanto se andrà oltre il primo sbarramento perché il Gianni Petrucci che ha mangiato con lui il vitello grasso della cinta senese non ha potuto onestamente garantirgli che sarà ancora  il cittì della nazionale, liberando la fantasia di chi lo vede già sulla panchina di Milano salvata perfidamente, come dicono i veri Sir Biss del reame, dalla Siena sfinita che preferisce avere un finale contro don Sergio piuttosto che contro avversari dalla mentalità diversa, anche se, al momento, sulla piazza non esiste questo generale  da far fiorire come al pranzo di Babette.

Speravamo in un Pianigiani più libero di mente, dopo aver visto il mondo a cavallo di due continenti nella bella Istanbul, ma l’uomo non cambia: parla sempre e soltanto del suo  basket, del lavoro duro che lo ha prostrato e  di quello che lo impegnerà tanto in questi mesi dove dovrebbero nascere i famosi centri federali regionali che non devono essere ossessionanti, ma circoli virtuosi dove il basket non è proprio tutto. Centro reclutamento per migliorare tecnica, ma anche per aprire un po’ la mente, mischiando il sacro e il profano, con la speranza che ai giovani turchi si possano affiancare i tanti allenatori benemeriti che non devono essere messi in un angolo buio per paura che tornino ad essere tirannosauri come ai tempi belli. Torniamo ai nostri pinguini antartici per dirla tutta, come direbbero all’osteria dove si canta con le parole di Lucio, la musica del maestro Dalla.

Milano che batte Siena e si porta 2-0 nel confronto diretto ha messo le tende sul campo tibetano della speranza scudetto perché gli altri si consumano e l’Emporio, anche giocando partite orribili come  a Reggio Emilia, come quella  del Forum prima dei dinosauri, è  messa benissimo avendo anche un 2-0 con Roma. Adesso deve solo fare la corsa su Cantù dove gli stracci volano. Dove, in una settimana, siamo passati dalla meditazione sulle buone maniere del Molin che accarezza ogni catto cantuchiano dal verso giusto, al rimpianto per i denti verdi del Custer Trinchieri che intimidisce, ma almeno non permette ai giocatori di andare in campo cone pantofole da 52 punti in una partita di serie A contro similmostri della difesa come quelli di Avellino. Per chi sta in testa il tempo e l’incenso diventeranno alleati della Milano  che si sente maltrattata nella speranza di far scattare l’accordo di gruppo per andare in saccoccia ai nemici occulti che creano negatività.

Grande festa a  Varese, questo Vacirca è un creativo che il basket deve coltivare, per le grandi leggende del mondo bosino. Hanno cominciato con l’anniversario dei successi Girgi, lo sponsor danzava fra vecchie glorie del suo tempo con quei capelli corvini presi al mondo delle fate, partendo dal premio  al Sandro Gamba che sul campo, da giocatore, da allenatore, non ha mai avuto niente gratuitamente. Mettendoci sempre la faccia, la voglia di imparare, soffrire, sopportando i giorni dell’incomprensione in casa Olimpia che lo fecero andare verso Varese, lui che aveva dato proprio tutto, quelli del tormento quando Petrucci gli aveva negato il carro del trionfo dopo il capolavoro di Nantes, ma, soprattutto, dopo quello del bronzo di Stoccarda che fu davvero impresa e tutti sanno che quella squadra era orfana anche più dei menestrelli che Recalcati portò a vincere una medaglia europea in Svezia preparando il grande colpo dell’argento olimpico.

Varese e questo entusiasmo per un mondo a cinque stelle che si rinnova, che reagisce alla micragna. Ma, come sempre, quando sui carri dei vincitori vogliono sedersi in troppi si arriva alla confusione. Vitucci è  davanti al bivio: o convince la sua squadra a tornare  nella realtà, tutti per uno, uno per tutti, o finirà per schiantarsi come nella finale di coppa Italia, come nella partita  contro Cantù, come poteva succedere contro la straordinaria Caserta che era attaccata al remo prima che un fischio malvagio rompesse l’incantesimo.

Caro pinguino ti vorrei dire che il secondo e terzo quarto della sfida Milano-Siena sono stati abominevoli, indegni di due squadre dominanti. Ma se i campioni hanno mille scuse, salute, fatica, giocheranno 20 partite in più, per l’Emporio è più difficile capire perché hai sempre l’impressione che siano ancora nel precampionato. Certo, hanno ragione loro. Fuori dall’Europa. Squadra sbagliata. Fuori dalla coppa Italia al primo turno. Mondo sbagliato. Hanno tempo, hanno denari per stare sul bordo del fiume: in play off dove si giocherà ogni due, tre giorni, perché avere paura di chi arriverà fisicamente sfinito, mentalmente provato, come accadrà sicuramente a Varese, a Sassari che pure sta cercando in fondo alla bisaccia i fondi per  avere una pedina in più che di sicuro servirebbe anche a Siena che  ha scoperto quando sia difficile far diventare un giocatore di alto livello il Sanikidze cavallo brado, come sia quasi impossibile convincere Benjamin Eze che se fai 4 falli in poco più di 2 minuti allora sei davvero irrecuperabile come diceva Scariolo quando suggeriva al Proli di tenere a bagno maria, ben pagato, un giocatore che destabilizzava.

Giornata da meditazioni antartiche per il Sabatini che  non si nega mai una paginata perché sa cercare, inventare, ma nella sostanza non può andare avanti fingendo che questa Virtus, soprattutto se Poeta dovesse stare fuori un po’ di tempo, è degna della storia di una società che è pur sempre prima come popolo pagante ed adorante.

Cosa dire della Reyer schiantata da micione Charlie ad Ancona dove se la prendono con il nostro caro Massimo Carboni, un giornalista che  nelle sue critiche è sempre stato costruttivo, mai distruttivo, soprattutto amando quello che faceva, vedeva e che ancora oggi alle squadre della sua regione  regala una parte del suo cuore quando è libera da impegni impossibili con la Beneamata Inter. Trenta punti sotto contro una squadra piena di problemi, con ammutinati, contestati, è qualcosa che va oltre la partitaccia, la giornata storta. Eravamo sicuri che Venezia sarebbe piombata sul carro delle finali, ma ora, pensando anche alla caduta casalinga contro Avellino nel giorno della Befana, ci viene il dubbio che non tutto il  male sia stato estirpato con Williams.

Cari pinguini lasciateci correre per portare un fiore agli assenti e una pagella ai vedenti, quelli che non scambierebbero mai come giusta severità la corsa sfrenata verso il fallo tecnico, l’antisportivo di arbitri che ora recitano parti in commedia da brivido se Taurino, ad esempio, vede tutto rosso anche se Milano gioca in bianco,  e il leggiadro Lanzarini vede tutto nero nel verde della verbena senese. Datevi una regolata all’osservatorio Facchini-Teofili. Stiamo avvcinando i campi del rancido perenne:

10 Al MENETTI reggiano per questa striscia vincente fra tortelli ed erbazzone, ma, soprattutto, per questo legame al territorio, alla cultura del posto dove vive ed allena, per aver aperto la sua cucina cestistica a tanta gente e quella di casa a chi sa valutare un buon cuoco.

9 A RECALCATI perché se dai 30 punti a chi ha speso così  tanto per  andare in prima classe vuol dire che sei proprio bravo, soprattutto se tu devi andare con una locomotiva a carbone, dove spesso manca chi paga questo carbone.

8 Al MORDENTE mille punti e una cicatrice in più nella sua randagia vita in serie A fra altissimi e bassissimi. Come tutor a Caserta per Stefano Gentile, che nel gioco e negli atteggiamenti ci piace  spesso più del fratello Rodomonte che gioca a Milano, e che potrebbe essere importante anche in  chiave Azzurra.

7 Al VACIRCA che si è inventato i Varese legend nella stagione dove tutto fiorisce come se fosse ancora il Sacromonte dei canestri. Abbiamo bisogno di creativi e di credenti, di gente che si preoccupa anche per fare stare bene gli altri.

6 Al ventenne Alessandro GENTILE che gioca  con scarpette rosse, che riesce a mescolare il suo furore adolescenziale e di figlio d’arte che non sopporta la cappa, perché ha dato una bella mano allo Scariolo che con Langford sano, insomma disponibile mentalmente, forse si sarebbe confuso un po’ come gli capita quando deve fare il supertecnico dei time out a pochi secondi dal gong e, magari, scopre che i suoi “ragazzi” hanno ascoltato il rap fastidioso della consolle invece  di guardare la via luminosa sulla lavagna elettronica.

5 A BROWN, l’uomo dei sogni senesi, e GREEN, il pilota del brigantino varesino, se non  dedicheranno il loro talento alle squadre che li hanno ingaggiati, il loro ego a compagni che hanno bisogno di luce, ma che davanti al ravanamento della palla finiscono per sbattere sul primo blocco, senza speranza di far parte del gioco.

4 Al pirata ARADORI, più che al Tabu mai assistito, che non può andare alla ricerca di gloria quando i riflettori splendono e poi fare partite come quella del Mancinelli in rincorsa affannosa verso una forma decente, lasciando Cantù a meditare e la presidentessa a sacramentare.

3 A PETRUCCI e PIANIGIANI che andranno insieme  negli Stati Uniti, se continuano a dirci che lo faranno per parlare con gli azzurrabili della NBA. Per quello basta ed avanza la tecnologia di Soldini velista nel grande mare. Dite che andate in America per vedere da vicino come si evolve il basket, per parlare con gente che ci potrà aiutare se manderemo squadre giovanili a fare viaggi di studio, ma non per incontrare ragazzi che hanno già dimostrato quanto possono essere disponibili alla causa.

2 Al BRUGNARO che si è inventato la grande Reyer degli utlimi due anni se lascerà passare l’acqua ragia di questa sconfitta contro Montegranaro perché non è vero che perdere di due è come perdere di venti se porti un certo nome e hai speso certi soldi.

1 Alla VIRTUS Bologna che sta sprofondando in classifica e va almeno ripresa per i capelli prima che affondi davvero. Virtuosa la scelta dei giovani, ma farli crescere nell’angoscia è pericoloso perché poi certi vizi non si tolgono più. La fondazione  si riunisca e cerchi almeno un correttivo perché una stagione del genere sarà veleno per il futuro.

0 Agli ARBITRI che seguono il filone del fischio ustionante e ancora non fermano le partite quando i giocatori, già balbettanti coi fondamentali, vengono perseguitato dai fischietti sugli spalti. Al Forum per Milano-Siena, da una parte e dall’altra, c’era questo tormento, sarà per questo che i tre sul campo si sono confusi e pensando  all’intervento del collega si sono dimenticati di guardare dove le mani e il pallone venivano contesi.

Oscar Eleni, lunedì 4 marzo 2013

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