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Latino alle medie

Indiscreto 16/01/2025

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Il ritorno dello studio del latino alle medie (oggi scuola secondaria di primo grado), sia pure in forma facoltativa, è una buona notizia. Lo diciamo senza averlo mai fatto, il latino alle medie, visto che fu tolto nel 1977, un anno prima che iniziassimo questi terribili tre anni in cui i ragazzi, soprattutti i maschi, danno il peggio di sé. E al liceo in latino saremmo stati canissimi, con la sufficienza strappata copiando e arrabattandosi. Di più: l’enfasi del progetto annunciato da Valditara sulla parte umanistica e letteraria ci sembra vada nella direzione sbagliata, anche senza metterci qua a fare la retorica sulle materie STEM. Il latino alle medie è importante soprattutto come segnale: lo studio delle proprie radici culturali contro quello di un vaghissimo mondo in cui un po’ tutto ha lo stesso valore.

Il latino, più ancora della storia e della geografia (bella notizia anche l’abolizione della geostoria, come insegnare il 4-3-3 e il gegenpressing a chi non sa stoppare un pallone), ha simboleggiato le trasformazioni della scuola italiana. Perché nel 1963, con l’introduzione della scuola media unica e l’obbligo scolastico portato a 14 anni lo studio del latino rimase. Per il mantenimento del latino come era studiato nella media elitaria di ‘prima’ era fondamentalmente la Chiesa, mentre contro era il PCI, con anche i socialisti scettici con la motivazione data da Nenni secondo cui era assurdo imporre ai figli di ceti popolari lo studio di una materia che non gli sarebbe servita nella loro vita dopo i 14 anni. Ma assurdo era proprio questo classismo, contrario allo spirito della media unica voluta da Luigi Gui, ministro dell’istruzione durante il IV governo Fanfani e scomparso pochi anni fa, nel 2010. 

La soluzione fu ovviamente democristiana: dal 1963 il latino alle medie unificate (tranne che per le cosiddette classi differenziali) si iniziò a studiare dalla seconda, di fatto accorpato all’italiano, e come materia autonoma soltanto in terza: materia autonoma ma facoltativa, non si poteva in pratica essere bocciati per il latino (e in generale per essere bocciati alle medie bisognava dare fuoco all’auto del preside e mettere anche la firma). E così in questa forma soft il latino rimase presente alle medie inferiori per altri 14 anni, prima della sua abolizione durata 48 anni con la riforma del 1977, quella che fra le altre cose creò l’obbligatorietà dell’educazione tecnica (che prima era ‘Applicazioni tecniche’, molti continuavano a chiamarle così) e dell’educazione musicale (ciò che per noi era sbavare dentro un flauto), altre materie in cui non eccellevamo senza colpe specifiche della nostra scuola Gulli di via Martinetti a Milano (quella nella foto è lei), di fronte alla casa di Luis Suarez.

Prima del sondaggio la nostra opinione: del latino si può fare a meno, come del resto di quasi tutto (a cosa serve conoscere l’esistenza della Dora Riparia e della Dora Baltea?), ma nell’immaginario collettivo italiano ha resistito come simbolo di classe, se non di classismo. Far studiare il latino ai dodicenni potrà quindi essere inutile, ma serve a creare la sensazione che tutti si parta più o meno alla pari: avere la vita già scritta a 14 anni è meglio che averla già scritta a 11. Personalmente saremmo per una scuola unica e obbligatoria fino ai 18… Fra i cultori di un passato polveroso (nei vecchi dibattiti la Chiesa, i partiti laici e l’MSI) e quelli del classismo più o meno consapevole (la sinistra di PCI e PSI), la Democrazia Cristiana sembrava un gigante di lungimiranza ed equilibrio. Anzi, lo era, prima che venisse distrutta per via giudiziaria e legislativa, impedendo il successo di ogni partito di centro (o peggio: trasformando tutto in centro). Ma veniamo al 2025: latino alla scuola secondaria di primo grado sì o no?

stefano@indiscreto.net

 

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