L’apice di Spartacus

8 Aprile 2013 di Simone Basso

Fabian Cancellara, in una fredda domenica di Aprile, riscrive la storia del ciclismo. Non è solamente il terzo alloro sul pavè, che statisticamente lo mette sullo stesso piano del campione del passato che più gli somiglia, Francesco Moser, ma dopo Tom Boonen è il secondo fuoriclasse – su undici doppi sigilli – a ripetere il double nella Settimana Santa.

Parigi-Roubaix bellissima, corsa à bloc dal principio e quindi, nel finale, dominata da una selezione darwiniana. Ogni anno la Regina delle classiche, ancor più del Giro delle Fiandre, ha la funzione (irrinunciabile) di ricordarci quanto sia quasi insignificante il resto dello sport professionistico. Roubaix col sole, dopo una primavera all’insegna delle invernate, ovvero Jour de Fete della polvere: incrosta tutto, i sentieri, l’acciottolato, la folla; le bici, la pelle e i polmoni dei corridori. Una Rubè così è un invito alla velocità, al termine di una corsa che farà registrare i 44 orari, e lo scenario ideale di azioni clamorose: nel 1964, col vento in poppa, divenne supersonica. Vinse Peter Post, il ras delle Sei Giorni, a 45,129 di media, davanti al reietto iridato di Renaix, il buon Benoni Beheyt. Nel 2007, con un caldo che pareva Giugno, Stuart O’Grady – all’epoca luogotenente di Cancellara – si infilò in una fuga a lunga gittata e non fu più ripreso.

Stavolta Spartacus ha altri piani e uno squadrone a supportarlo: la RadioShack-Leopard lo affianca fin dall’inizio e per almeno duecento chilometri contiene le iniziative altrui.Vecchi draghi, Devolder, Popovych, Rast, insieme al promettente Jungels, che l’anno scorso si impose nella versione under 23. Ma la partita tattica la impone soprattutto l’armata Omega Pharma-Quickstep, che isola definitivamente (a quaranta chilometri dal traguardo) il fenomeno di Berna.

Il Cancellara contro tutti ha una svolta ai meno trentuno quando, in una situazione pericolosa per il rossocrociato, con otto fuggitivi davanti, l’elvetico parte col 53 x 13 in un tratto di falsopiano su asfalto. Lì è l’Aleph della giornata, il momento che lo porterà più avanti alla fuga decisiva con l’emergente Sep Vanmarcke sul micidiale Carrefour de l’Arbre. I due di Lefevere scoppiano: Stijn Vandenbergh, stanchino, direbbe Forrest Gump, cade. Poco dopo anche il compare Zdenek Stybar, fusto iridato nel ciclocross, perde il treno sulla banchina infida, traditrice, della stradaccia.

Nel Velodromo, con i due fuggitivi visibilmente all’ammazzacaffè, Spartacus ha l’istinto di impostare la volata giusta, all’esterno, e vince in rimonta. Avevamo letto in anticipo il 2013 di Cancellara nelle prime uscite stagionali, per esempio a Siena: quella pedalata fluida, i polpacci magri e reattivi, le gambe toniche, erano il segnale che le delusioni del 2012 erano state smaltite. Le cadute al Fiandre e a Londra, beffarde, cancellate attraverso il lavoro invernale con il diesse (e amico) Luca Guercilena. Più qualità specifica nell’esercizio lattacido, le ripetute dietro moto, per esaltare i wattaggi straordinari prodotti dalle gambe dell’oro olimpico di Pechino 2008.

Per il treno di Ittigen è forse l’apice di una carriera incredibile, proprio all’alba di una nuova generazione che incalza minacciosa: Sagan, Phinney, Vanmarcke, i colombiani… Il suggello, in attesa magari di indossare per qualche dì (provvisoriamente) la maglia rosa, è un sogno che potrebbe realizzarsi proprio nella terra dei suoi avi, l’Italia. Il 29 settembre di quest’anno, sul circuito mondiale di Firenze, lo attende il corridoio di via Salviati: praticamente un muro belga… Era il 2000, mica ieri, e lo vedemmo trionfare al Palio del Recioto: le caratteristiche tecniche erano le stesse, il peso forma no. L’erede del leggendario Heiri Suter ha sviluppato – tolti i cinque chili di troppo – un motore con pochi eguali, un concentrato di potenza e agilità che ne fanno un unicum nel ciclismo del ventunesimo secolo. Un mosaico completato dalla vis agonistica senza paura e da una capacità feroce di concentrarsi sugli obiettivi da raggiungere.I settori a tutta delle pietre della Roubaix 2013, le accellerazioni micidiali sul Vecchio Kwaremont, al GP Harelbeke e alla Ronde, non sono nient’altro che le fotografie perfette di questo stile vincente.

Simone Basso
(per gentile concessione dell’autore, fonte: Il Giornale del Popolo dell’8 Aprile 2013)

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