Attualità
L’anno del Coniglio e della comunicazione
Oscar Eleni 23/01/2023
Oscar Eleni idealmente nel borgo milanese dei cipollai, per abbracciare don Mario Longo che sulle ceneri del vecchio Verga ha ricostruito un teatro che sarà anche cinema, scuola, punto di aggregazione ed incontro. Idea che dovrebbe venire in mente anche a chi fa il dirigente sportivo. Via Sarpi, quartiere cinese, zona dove è nato Carlo Recalcati, ultima medaglia olimpica del nostro basket, zona mistica ricordando la scuola Taurisano e Fratel Brambilla al Pavoniano di micione Charlie. Anche questa è un’assenza di progetti che pesa, che dovrebbe far pensare, sperando che il messaggio arrivi ai cittì di volley, calcio e pallanuoto che Petrucci ha voluto di fianco al suo Pozzecco perché, come dice, quel che conta è la comunicazione, la caramella ben incartata, pazienza se non ha ingredienti giusti.
Al convegno romano, bella cosa, per carità, ci sarebbe stato bene anche Giovanni Storti, nato nel quartiere del nuovo teatro del Borgo, l’ancora del trio con Giacomo e Aldo. Loro una volta furono portati anche al Trussardi per il basket. Idea magnifica di Enzo Lefebvre, compagno in campo, amico indimenticato, bravissimo manager che a quei tempi lavorava per l’Olimpia. Il trio avendo capito che negli intervalli la gente cercava cibo, conforto nelle chiacchiere, fece un capolavoro di mimica. Stupendi, come sempre, noi li abbiamo applauditi anche per Fuga da Reuma Park che faceva capire quello che è accaduto dopo: meglio lasciarsi per un po’, riflettere.
Altro consiglio per società strangolate da contratti in scadenza, con giocatori e agenti smaniosi di arrivare al divorzio. Figurarsi se qualcuno si commuove leggendo che la gente lo vorrebbe ancora come capitano. Ronaldo e il suo partito, il loro mondo, quello che si sta giustamente agitando per il verdetto che ha tolto 15 punti in classifica alla Juventus nel pasticciaccio brutto delle plusvalenze. Per capire come stanno le cose invito tutti a decrittare titoli e proclami nelle varie trasmissioni: Juventus sentenza giusta, ma i tifosi non vanno umiliati. Domanda: da chi sarebbero umiliati i tifosi?
Pazienza. Informazioni di parte come quelle che si palleggiano fra successi invisibili, feste sfarzose e strilli piangendo sullo sciopero dei benzinai mentre due pagine dopo, due titoli di telegiornale dopo, arriva il sale sulla ferita ben visibile dopo aver fatto la spesa: riso, pane, pasta, bollette, trasporti, costo della vita su del 12 %. In questa atmosfera, sempre al quartiere cinese, abbiamo cercato ravioli fritti e dolci per il capodanno dedicato al Coniglio dalla comunità asiatica nel mondo. Una festa pacifica, fortunatamente, mentre negli Stati Uniti della pistola autorizzata anche ai lattanti un tipaccio faceva fuori dieci persone sparando dove voleva.
Una festa durata tutto il giorno e la notte dove sembrava avessero invitato anche i giocatori di basket dell’Olimpia, come avevano fatto quelli di Bologna ospitando quelli della Virtus Segafredo e della Fortitudo per un derby di bevute visto che sul campo, come rimpiange giustamente il Peterson che sembra non riposare mai, non ci sono più queste sfide stracittadine in serie A. Per la verità, come dice giustamente Guerrini sul Tuttosport, è difficile anche trovare giocatori italiani protagonisti perché le società accademia mandano volentieri via i loro talenti selezionati cercando ovunque senza aspettare le lumache dello ius soli, dove li accolgono bene, li migliorano e, anche se hanno 16 anni, li fanno esordire in massima serie come ha fatto il Barcellona con il quasi due metri Sarr. Problema annoso che dovrebbe agitare la comunità degli allenatori e dei giocatori molto più di qualche serrata, anche se iamo tutti in allarme. O almeno dicono così.
Dicevamo dell’anno del coniglio mentre la perturbazione Attila sembra più feroce della Thor che ha portato neve, grandine, acqua alta a Venezia depressa dai giochi di palla adesso che la Reyer sembra abbandonata dalla fede e fioccano i voti negativi sul De Raffaele che sa benissimo, come tutti i colleghi allenatori, quanto è corta la memoria. Il rogo è sempre acceso per chi dirige, orchestre, squadre sportive. La mezza stagione, con contratti da rivedere, riscrivere, voglia di fuga creano la situazione giusta odiata dal Velasco luce non soltanto del volley, che non sopportava la moda perfida e perdente di cercare sempre una scusa.
Questo è il momento per fingersi tutti uniti, battere le mani, far capire che la squadra è famiglia, salvo poi sussurrare con gli emoticon, suggerendo l’idea dei parenti serpenti, con le facce da schiaffi quello che pensano davvero: se sbaglio la colpa è di quello lì che mi ha messo in fondo alla panchina, alle scelte. Se faccio bene avrete capito anche voi che il mister l’è un barbun e mi ha rubato al vostro affetto. Colpevole già trovato e sulle tribune ne trovi tantissimi di nati allenatori che farebbero in maniera diversa. A noi, invece, piaceva il periodo in cui, i faccia a faccia in sede erano belli tosti e anche sugli stipendi da rivedere non si perdeva tempo pur ammettendo che il mangi questa minestra o vai oltre la finestra era davvero spietato.
Ora la prima giornata di ritorno del basket ha creato anche nuovi luoghi di tortura. Una settimana per parlare bene di Varese e a Trento, dove mugugnavano su Molin, ed ecco la versione peggiore. Una settimana fingendo di non vedere il buco nero in Europa delle nostre rappresentanti, con la consolazione di ritrovarle almeno belle in campionato. Chiedete a Brescia e Venezia, per non parlare dell’acqua calda scoperta da chi ha preso troppo Micoren e integratori spacciati per vitamine che facevano bene, dagli stessi che si confondono sul rapporto allenatore-atleta, di quelli che al risveglio dopo una domenica dove le regine sono finite sulla ghigliottina si urlicchia, scoprendo una realtà non più utile di quella sull’acqua calda, che la doppia fatica prosciuga: fa danni su rose ridotte, ma anche su colossi da 40, 50 milioni di budget.
Ora le rimonte subite da Brescia avvilita dalla sconfitta in Francia, i 24 punti sperperati nel quarto tempo a Brindisi dalla Virtus, i 68 punticini segnati dall’Armani a Reggio Emilia contro l’ultima in classifica, ci dicono che forse c’è anche altro: Brescia che ha perso identità, umiltà e giocatori importanti. Virtus confusa nel sentirsi elogiare per una partita di scarsa qualità contro il Panathinaikos che scopre a Brindisi debolezze già viste contro i greci, da Mickey e Lundberg a Pajola. Dando un colpo al cerchio intorno alla testa si parla di fatica, ma poi si critica se dai riposo allo Shengelia appena ritrovato.
Su Milano confusione totale, fuori dalla partita gli inguardabili della sconfitta europea contro l’Asvel, la seconda delle ultime, l’altra era Berlino, che con l’Armani ha brindato felice vincendo fuori casa dove di solito va via tristissima per la rabbia dei Parker. Diciamo che Messina è un po’ nella stessa posizione di Pioli e del suo Milan. Ha già vissuto la stessa situazione nell’amatissima Bologna irriconoscente che lo sfotte quando torna da avversario, al Real Madrid, nella Milano che rivoleva la sua anima rigorosa dopo i fasti al CSKA e di San Antonio. Come allenatore criticarlo è da tapini invidiosi, ma se si prende la responsabilità di presidente delle operazioni tecniche per come è stata costruita la squadra allora è difficile capire perché si lamenta per troppe palle perse visto che non ha un regista decente, perché chiede dedizione a rimbalzo senza specialisti disposti a questo sacrificio quando il tagliafuori è carente e vedi benissimo che chi fa fatica a prendere posizione in attacco nel caldo dell’area difficilmente andrà in mezzo alla tonnara sotto i tabelloni.
Aspettando con ansia di leggere il libro di Monti e Colombo su storie e leggende dei 100 metri, felici che Romeo Sacchetti abbia dimenticato, tornando al successo con Cantù, quello che l’amato figlio Brian gli ha fatto portando Treviglio al successo contro il Cantucki la settimana scorsa, augurando a Buscaglia di fare bene all’Hapoel Eilat senza mangiarsi il fegato come a Napoli o con la nazionale olandese, andiamo ai materassi con le pagelle di giornata, riconoscendo a Bruno Arrigoni le analisi più lucide nei nostri giorni del ricordo, del rimpianto, del commento per le poche orecchie che ci ascoltano.
10 A TRIESTE per il ritrovato entusiasmo con la proprietà americana, al LEGOVICH trentenne, il più giovane allenatore della serie A, che sbancando il Taliercio e casa REYER ha dato una dimensione nuova alla passione di un città dove il basket è religione.
9 Al FILLOY orgoglio di TORTONA che non si arrende mai, lui come il connazionale FORRAY, come l’argentino ZANETTI vicepresidente dell’Inter, gigante sul campo, splendido fuori come dirigente e come sostenitore di progetti per aiutare i giovani, perché sono uomini come questi che ricorderai sempre, anche se nati altrove, non i mercenari con la valigia e la bugia sempre pronta.
8 Al folletto reggiano SENGLIN che ha ridato speranza alla Reggiana di Sakota, vero tormento per la Milano confusa, utile anche nel finale caotico dove persino lo splendido CINCIARINI e HOWARD stavano per rovinare tutto.
7 Al VITUCCI che, anche nel momento in cui le tribune del Pentassuglia a Brindisi impazzivano per la rimonta incredibile sulla VIRTUS troppe bellezze, ha cercato di svincolarsi dagli abbracci per poter inseguire SCARIOLO e stringergli la mano. Diciamo una cosa da interpretare bene e non come i malevoli per lo slancio di SPALLETTI alla ricerca della mano di ALLEGRI dopo il doloroso 5 a1 più duro quasi dei giudici del meno 15.
6 Al NICOLA della TREVISO appena bonificata, scaricando il polacco che sembrava fuori sintonia, per la rimonta che pareva impossibile a Brescia dove il finale è stato meraviglioso per lui e una società che sa benissimo di essere ancora sul fondo del barile in classifica.
5 Ai ROMPIGLIONI che lavorano in periferia, nei vivai, nella ricerca, se non si alzeranno in piedi quando POZZECCO ospiterà nella tavola rotonda voluta da Petrucci i colleghi DE GIORGI (volley), CAMPAGNA (pallanuoto), MANCINI (calcio), se non capiranno che la comunicazione vale più di dieci ore in palestra o in giro per campi. Se dite di no, be’, allora, hanno ragione loro: non ci va mai bene niente. Come mai ?
4 A BRASE e Piero BUCCHI che davanti ai veterani MOLIN e PANCOTTO hanno scoperto che i troppi complimenti hanno rubato l’ispirazione a chi sentiva di aver conquistato la passione della gente a Varese e Sassari.
3 Alla NBA che vuol far arrabbiare davvero la FIBA pensando di cambiare formula al polpettone della stagione regolare, mettendo da parte il circo della partita per “sole stelle”, creando a metà stagione una manifestazione dove si vince davvero qualcosa sul modello dell’EUROLEGA che pure deve cercare di sfoltire il calendario perché aspettare il buon senso fra bulli convinti di essere la parte migliore del sistema non cambierà mai nulla.
2 Alla REYER che è stata davvero peggio dell’acqua alta in queste ultime settimane anche se la volata persa con la VIRTUS faceva sperare bene. Ora sparare su DE RAFFAELE non ha senso, ma è certo che pure il livornese gentile deve rivedere qualcosa, soprattutto nella sua difesa.
1 A MAGRO se dovese soltanto pensare di arrendersi nel buon lavoro che ha fatto a BRESCIA fino a questo ultimo periodo di sbandamenti generali che vanno oltre gli infortuni, problema per tanti.
0 Al SOTTOSCRITTO, prigioniero degli anticoagulanti e delle ischemie che venerdì non potrà essere nel salone d’onore del CONI per ritirare il premio alla carriera, al momento più gradito di quello alla memoria, anche se si potrebbe discutere, che una giuria di cari ex compagni di viaggio in 50 anni di professione ha deciso di assegnarci nella V edizione dove Estra per lo sport riconosce che si può aiutare una comunità anche raccontando ” buone notizie”, o perlomeno tentando di farlo senza dimenticare che la stampa libera serve i governati, i tesserati, non i governanti al primo o al terzo mandato.
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