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Esercizi di ciclostile

L’anello all’Aso

di Stefano Olivari

Pubblicato il 2008-02-22

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1. Primo Giro della provincia di Grosseto, seconda tappa (Campagnatico-Orbetello, 167 Km). Finale in circuito dentro e fuori la laguna, previsti tre passaggi sulla linea del traguardo. Il gruppo scende al mare dalle dolci colline di Scansano e Magliano. Oh meraviglia, l’azzurroverde in movimento. Bello pedalare sulla 323. Non meno bello sulla 74. Poi l’Aurelia, e subito dopo il Tombolo della Giannella. Quindi Santa Liberata e Terrarossa, alle pendici dell’Argentario. Infine l’arrivo, stretto sul lungolago. Ma stretto stretto, stretto fin troppo. I velocisti prendono le misure e calcolano che tutto sommato i conti non tornano. Ai 400 m c’è una doppia curva da Formula 1, ai 300 c’è un budello da corsa dei tori. E questo non è sport, questo non è lavoro, questa non è vita. Una rappresentanza (unitaria) dei professionisti prende consapevolezza dei propri diritti. Comunicato sindacale: gli organizzatori investano di più sulla nostra sicurezza, altrimenti sarà sciopero e lotta dura, e senza paura per cadute e infortuni. Ma una mobilitazione alla prossima Gent-Wevelgem?
2. Marca ha scritto di una possibile acquisizione di Unipublic da parte dell’Aso. Il Tour che si compra la Vuelta, detto in soldoni. Operazione più verosimile che probabile, e ancora tutta da definire anche solo sulla carta. Gli spagnoli sono sempre stati competitivi, almeno a casa loro: oltre che nel ciclismo nell’atletica leggera, nel basket, nella pallamano. I francesi non hanno bisogno di presentazioni, sono gli organizzatori della Dakar e di altri grandi eventi internazionali (Maratona di Parigi, sport equestri, Open di golf). La puntatina a San Sebastián de los Reyes dei chefs d’entreprise d’Issy-les-Moulinoux si spiegherebbe in ragione di uno sviluppo societario – noblesse oblige – programmato ai tempi della crisi con l’Unione Ciclistica Internazionale, fuori giri e classiche dal ProTour. Liberi tutti di spendere ed espandersi, s’intende chi può permetterselo. C’è poi l’idea dell’Abu Dhabi Cycling Race of Champions, la corsa a inviti più ricca del mondo. L’anno scorso era stata annunciata in pompa magna, anche se poi non se n’è fatto più niente. Ieri ci stava lavorando sopra giusto quell’Unipublic che oggi l’Aso, un domani… Documento: http://www.unipublic.es/noticia.asp?id=13
3. Paradossale: sia l’Astana di Contador sia la Lpr Brakes di Di Luca e Savoldelli non rispetterebbero criteri generali di qualità tecnica, giuridica, amministrativa ed etica. Questione di punti di vista. Nel primo caso l’opinione è di Aso e Rcs. Nel secondo è della federazione internazionale (Commissione licenze). Simile la dichiarazione dissimile la sua portata, di conseguenza. Per la squadra di Bruyneel il piatto piange: niente Tour, Roubaix, Liegi, Giro, Sanremo, Lombardia eccetera. Il team di Bordonali invece se la ride. Niente Fiandre ma soprattutto niente Eneco e Polonia, sai che danno e dispiacere. Pat McQuaid si sente raggirato, non capisce e non si adegua. El País lo provoca: che farà l’Uci? “Faremo rispettare le nostre regole. Al via della Grande Boucle ci devono essere tutte e diciotto le formazioni ProTour, altro che storie”. Paradossale: a neanche un mese dalla pace di Treviso è di nuovo guerra aperta, scontro totale, conflitto permanente. D’altronde molte partite non erano affatto state chiuse, nessuna tregua era stata firmata, nessun accordo era stato sancito e messo per iscritto. E non è l’ora dei gentlemen’s agreement, questa.
4. Magreglio (Co). Che coppia Castellano & Torriani: e che cinema, con tutto il rispetto per Pipolo (Giuseppe Moccia, il padre di Federico). La commedia all’italiana del Giro ’75-’88 la si rilegge nelle loro sceneggiature, la si ri-rappresenta sotte le loro regie. “Vincenzo è stato anzitutto un maestro. Ma poi un amico, anzi un fratello. Il mestiere di direttore l’ho imparato da lui, il secondo (e ultimo) dei patron, un degno successore di Armando Cougnet”. Carmine l’avvocato difende la causa della storia e della storiografia del ciclismo, arringa la platea su vecchi aneddoti e nuove svolte ad effetto. Come quella del ’93-’97, “quando portammo Mediaset alla corsa rosa (Raimondo Vianello compreso nel pacchetto). Da allora anche la Rai dovette adeguarsi, fare la sua offerta per l’acquisizione dei diritti. A noi di Rcs andò benone: in fondo la tv di stato finiva per trattarci male, lei e il suo comodo monopolio”. Il ciclismo è di tutti, il Giro di più. Al Museo del ciclismo Madonna del Ghisallo, per la rassegna “Storie di ciclismo”.

Francesco Vergani
francescovergani@yahoo.it

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