Basket
Nel nome di Sales
Oscar Eleni 30/09/2022
Oscar Eleni accampato sul monte a cima piatta per non far sentire ai daini, appena salvati dagli sterminatori del Lido di Classe, la supercazzola della Supercoppa che ha aperto la stagione del basket. Annusando rosmarino dai fiori blu abbiamo contato le presenze nella due giorni bresciana: 2.152 al mercoledì con l’offerta speciale del primo Armani-Segafredo dell’anno, prima sfida che si ripeterà per un minimo di 5 volte e un massimo di 16. Meno di 2.000 per la finale.
Eravamo entrati idealmente al PalaLeonessa felici per la panchina azzurra dedicata a Riccardo Sales che con Pedrazzini aveva fatto del Cidneo una meraviglia, che in Nazionale era la voce chiara per aiutare Sandro Gamba ad essere più flessibile di una putrella (mantra di Spartacus per far capire chi era a certe belle gioie), binomio stupendo per due giganti, il Barone che ha dato l’ultima medaglia alla femminile e per onorarlo, insieme ad ex della Brescia storica, anche 5 azzurre di quella nazionale. Felici di potersi complimentare con quelli della Liba che già avevano pensato a Gamba e Tanjevic, ori mai dimenticati, medaglie preziose vinte e meritate, contenti che ci sia memoria e gente a ricordarlo come Scariolo che prima di prendersi anche la supercoppa è stato felice di raccontare il suo praticantato al servizio del Barone. Ancora più felici per la panchina azzurra dedicata dai volontari a Solfrini.
Brescia e la Lega che hanno organizzato bene, bella idea l’inno della violinista, pessimo lo spegnimento luci, come all’Europeo, durante i minuti di sospensione. Atmosfera piacevole, sopportando persino il nuovo rigore arbitrale, tre intenzionali al pronti via nella partita inaugurale, facendo finta di essere dalla parte dei direttori di gara anche quando, come nel finale di Milano-Virtus, hanno davvero ampliato di molto il concetto del fallo antisportivo, una mina piazzata nel cuore di chi ama da sempre il basket come gioco di squadra che parte da buone difese, che si esalta per tutti i tuffi dei cercatori di palle vaganti, che accende gli animi anche se e i contatti sono ruvidi perché il “no contact game” va bene al tiro a segno.
Stagione del basket che comincia fra bagni gelati e minacce di nuove tempeste solari, la stessa cosa promessa dal destino per un mondo che scherza con la natura giustamente diventata matrigna, con gente che ascolta persino chi si diverte a terrorizzare i già disperati per epidemie sempre diverse, per veleni che vanno oltre i salsicciotti mangiati crudi, finti tonti che non capiscono perché la gente non li vota, finti esseri umani che arricchendo i venditori di morte scherzano anche quando c’è in giro chi annuncia bombe atomiche “circoscritte”. Un po’ come lo smog sano, i veleni delle ciminiere che spariranno come gli operatori ecologici sempre in malattia.
Ci eravamo avvicinati a Brescia felici di sapere che Gianmarco Pozzecco avrebbe tifato per i ragazzi della sua Azzurra gioiosa. A parte Pajola non ci sembra che gli altri siano andati bene, ma del resto quanti giocatori italiani sono stati in campo nella supercoppa che, per certi commentatori, era un po’ come la supercazzola di Amici miei, insomma parole al vento basta che fossero antani? Gli italiani in campo, dunque. Tortona: discreti Candi e Severini e tenace come sempre il Filloy azzurro argentino. Sassari: bravo fino al mal di schiena Gentile, quasi n.e. Raspino, interessante il 2000 senegalese di cittadinanza italiana Diop, un 204 con bel temperamento. Milano: Melli sfiatato più di Ricci, Biligha da toccata e fuga come Baldasso. Virtus: inguardabile Mannion, mano gelida Belinelli, leone inesauribile il Pajola che non è mai stato fermo andando persino in America a cercare la sua dimensione.
Lista breve come si vede, ma qui continuano a raccontarsela, rimpiangendo i liberi che non ci hanno fatto eliminare la Francia, facendo orecchie da mercanti in fiera senza ascoltare quello che diceva un tempo proprio Sales: “La differenza fra allenatori normali e vincenti è data dal rapporto umano che sai costruire con i tuoi giocatori”. Aspettando il messia Banchero, invidiando le naturalizzazioni buone come quelle della Spagna invece di sentirsi minus quam davanti ai successi delle loro giovanili, ci trasferiamo verso un campionato dove la fede, più dei bilanci, garantirebbe eguaglianza competitiva. Lo si dice per ingannare? La RAI, questa birbona, non c’è caduta, mentre per il basketmaniaco che ama vedere il suo sport in TV un fiore con qualche spina, felici che Discovery ed Eurosport siano nel mazzo di Gandini, allarmati soltanto dall’ingresso di DAZN, via Eleven, nella palla al cesto, per colpa di quelli che urlano alla finestra quando il calcio arriva in differita o, addirittura sparisce.
Facce nuove sul campo a Brescia? Be’, quelle di Milano sono state tutte rimandate in sala trucco per l’esordio con Brescia e la prima di eurolega dopo aver visto i capelli dritti di Messina bucare la volta del palazzo bresciano alla fine di un’inguardabile sfida fra regine vestite da straccione. Tortona deve essere felice per Christon anche se negli ultimi due assalti contro Sassari gli hanno preso le misure. Da ripesare Radosevic. Sassari può essere contenta di aver trovato dopo Bilan questo Onuaku che ha tanto per farsi amare in terra Dinamo. La Virtus con la squadra due, aveva fuori un bel quintetto, può essere certa che il Mickey torero per il tiro vincente e l’Ojeleye MVP di coppa la renderanno più forte dell’anno scorso anche se Scariolo dice che gli mancano lunghi.
Siamo pronti al via. Favorite con budget extra lusso, 30 e 20 milioni, ARMANI e SEGAFREDO. Nemiche nella foresta? VENEZIA, la bella SASSARI di supercoppa, BRINDISI, BRESCIA e la TORTONA che stupisce tutti meno chi ostacola il progetto Gavio per la cittadella. Vi abbiamo portato via anche troppo tempo, ma prima di lasciarci un bel dieci e lode alla ARMANI che, davanti alla memoria corta del comune di Milano, ha deciso di intitolare almeno il parquet dove gioca le sue partite a CESARE RUBINI che lorsignori forse dovrebbero conoscere non tanto per i 15 scudetti, la storia Olimpia insieme a Bogoncelli, ma anche perché è l’unico sportivo nei due pantheon mondiali del basket e della pallanuoto.