La voce di Scarlett Johansson

11 Novembre 2013 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dall’Anaunia vescovile, terra nonesa, strada di Teroldego per arivare ad Amblar ascoltando idealmente musica andina insieme al badante Tony Ci, nel viaggio del ricordo e del rimpianto verso  i fiori che la Menghini ha messo sul cuore del nostro Franco che ci manca tantissimo, soprattutto in una giornata come quella di ieri dove avrebbe ritrovato, insieme a tanti, il profumo e il sapore della Bononia circenses amante del  gioco per far “paniere”. Anche lui avrebbe salutato in piedi Alberto Bucci che urla alla vita e sputa sulla chemio, che si commuove davanti all’ovazione in piedi del popolo virtussino  che ha ritrovato qualcosa di suo nella costruzione della società fatta così porellianamente, in linea con i colori e le nostalgie, da Renato Villalta.

Ci saremmo divertiti, caro Grigo, a scoprire che l’Emporio Armani, superfavorita per il titolo che non vince dal 1996, ha ancora questa strana vocazione a fare l’amore con le suggestioni di quello stile dove tutto sembra dovuto. Questa volta la voce di Scarlett Johansson non ha sedotto con nel film Her il feroce Phoenix del Gladiatore, ma la squadra che Luca Banchi cerca di cambiare nell’anima senza rendersi conto che la città da bere, mangiare, ingoiare è quella dove alla parola tormento, fatica, vita insieme, gruppo, ti mandano tutti in bagno a meditare, con la speranza che tu capisca dove  si vive senza la pallosità del dovere.

Lo stesso discorso che dovrebbe fare Sacchetti ai suoi bancari sassaresi che non possono pentirsi soltanto quando hanno fatto il disastro e infierire su questa Varese confusa non vuol dire essere guariti o aver vinto alla grande per una difesa decente. Per adesso, sia chiaro, restano soltanto loro i veri rivali di Milano, più delle meravigliose Cantù, Brindisi e Bologna che stanno al vertice dopo 5 giornate, anche se Brindisi e Bologna hanno battuto l’Emporio che ora deve visitare il pianeta Lawal,  territorio non sempre facile da bonificare se non si ricomincia dalla cura Calvani anche quando la gente smaniava per il grillo delle meraviglie.

Caro Grigo saresti saltato al collo del tuo caro Renatone per aver presentato l’essenzialità Virtus rappresentata dalla cultura mai imposta del Bruno Arrigoni che sa cercare fra i giocatori senza pedegree, ma con una bella fame, messa in campo dal Bechi livornese che, giustamente, non vuol sentir parlare di ragazzi d’oro, italiani, da mandare nella mischia, ma soltanto di giocatori degni della maglia che portano. Nel gruppo ce n’è uno, Simone Fontecchio, classe 1995, uscito da lombi nobilissimi, padre il Daniele ostacolista pescarese argento europeo indoor più volte campione d’Italia fra l’81 e l’86 che consideravo il nostro principe Mattia Corvino quando sbocciò, madre Malì Pomilio stirpe sportiva dorata fra basket, è nata da Vittorio ex Stella Azzurra, pallanuoto, che avrebbe fatto perdere la trebisonda al nostro Grigo giustamente coerente fino al momento dell’addio quando non chiedeva un prete, ma voleva  dalla sua compagna una paglia, una nazionale senza filtro, altro che sigarette elettroniche.

Bologna per godere oltre le delizie culinarie del Diana, dei peccati nella bottega Tamburini. Fra Casalecchio e il Pala Dozza più di tredicimila fedeli al basket nella domenica che dovrebbe servire  a questa Federazione  da piccole vendette, dal codice multe così ridicolo da far rizzare i capelli come dice il Viperignu Costa sul Carlino per quella multa  su “invasione” del fotografo, non uno scherzo, un potere azzurrocentrico che ancora fa sbrodolare l’albero dei sospiri perché siamo davvero convinti che con i 4 della NBA e il ritorno del figliol prodigo Hackett potremo fare bella figura al Mondiale dove ci chiedono 500 mila euro per entrare: capite le multe a pene di segugio? Il movimento è altrove da via  Vitorchiano. Magari nei 5.000 in tribuna a Torino, serie oro, dove il Poz, senza l’aiuto di un Basile pazzesco come nelle ultime uscite, ha sbancato la casa del conte Pillastrini con la sua Capo d’Orlando che gli ha ridato il gusto dell’abbraccio senza eccezioni, perché gli piace il contatto fisico che, invece, fa ribrezzo agli arbitri, più attenti allo sfioramento dopo canestro segnato, anche se involontario, su slancio nel tentastivo di andare a rimbalzo, in caso di errore, che alle botte nei momenti in cui tutto si decide. Questa nuova generazione di arbitrini che sa leggere il breviario di Facchini sembra meno preparata sul gioco e sul diritto-dovere di non essere debole con i potenti e potenti con i deboli anche in questa Italia dove tutto è truccato e per rubare falsificano persino i biglietti dei mezzi pubblici per lucrare, salvo poi aumentarne il prezzo ai poveri disgraziati che hanno ascoltato i loro amministratori quando chiedevano di lasciare a casa auto e mezzi inquinanti.

Dal Grigo seguendo l’anima grande del Dallera che  pur saltando l’appuntamento di agosto non si è dimenticato del grande  bardo roveretano, portandoci tutti a meditare come ha confessato il Pea amareggiato dal mancato accredito per la sua Juventus, come ha ci ha detto il Werther nato da un‘idea del Trevisani che ad Amblar veniva per la rigenerazione quando la strada maledetta di Torino ci aveva rubato Gianni Menichelli, come sapeva  bene il Dario Colombo quasi noneso che sulla bancarella ha trovato la fiaba tedesca “Alla ricerca di Grigo” che ora sarà nelle mani  di uno dei nipoti di casa, quello che è ancora indeciso fra il giornalismo e lo studio del cervello. Stessa cosa, caro amico, ma in questo caso è il cervello dei giornalisti che andrebbe analizzato quando si inchinano troppo, si  perdono nell’aria melensa del sissignore al padroncino di turno. Con Tony, poi, avrebbe ritrovato qualcosa che adesso non c’è più e non è vero che guardare indietro fa male se la strada porta nei posti giusti e certo a prezzi meno cari. Ora che Zanetti sta lanciando la fondazione “Gigi e Paola Porelli” ci  associamo anche a nome di Franco Grigoletti, contenti di sapere che Bruna Pellegrini, borgomastro di Amblar, terrà acceso questo ricordo sotto il monte Roen perché noi tutti torneremo, anche gli assenti, per questo viaggio che non è mai stato di dolore, ma soltanto di gioioso rimpianto e per la prossima volta vedremo di convincere Reineri, più del Gramellini che certo ricorda chi lo portò fuori dall’anonimato anche per piccole cronache di basket torinese ai tempi di De Stefano, ma ha tanti impegni più importanti fra vicedirezione della Stampa, libri che stravendono, Fazio da rispolverare, a far coincidere le sue esigenze di caldo fra Celle e San Diego.

Bella gente alla Bocconi per la presentazione del libro del Daniele Peterson “Per me sempre numero uno” con tavolone rotondo per ascoltare  di tutto e di meno, anche se c’erano Pianigiani e Galliani, con l’unico rammarico di non aver trovato nei capitoli scritti per educare i manager a motivare i lavoratori, certo basterebbe pagare il giusto e non trattare  male la gente, fare aziende scavoliniane e non ferriere con capibastone pronti alla frusta per il guadagno senza limite del sciur padrun e dei suoi pargoli senza fondo, un po’ come succede in uno spogliatoio dove tutti devono sentirsi coinvolti e  allora  oguno sarà qualcuno e nessuno si sentirà nessuno, di non  aver letto la lezione emblematica del Daniel Lowell che un giorno partì per i tornei estivi con Milano avendo 5.000 lire in tasca e fu capace di tornare alla base, dopo quasi un mese, con 5.500 lire. Come ha fatto? Ha trovato una moneta da 500 in terra.

Da Termeno sulla strada del vino, furenti per aver scoperto che c’è gente capace di vendere prodotti non trentini, persino le mele, al turista dolente e un po’ allocco. Atterraggio sul campionato cucinato come i bolliti della vecchia cucina bolognese, come quella brianzola. Sapere che per un attimo  Bechi, Bucchi e Sacripanti sono stati i primi della classe dà una certa elettricità per non farci urlare davanti all’ipocrisia delle paci in tempi  dove stringersi una mano costa pochissimo, sapendo che poi con le cicale e il caldo tutto cambierà. Pagelle dalla scrivania nascosta del Franco Grigoletti che a Pesaro aveva il suo “spacciatore” di Nazionali da tenere sempre caro, anche quando lo tradiva con le Papier Mais dei francesi.

10 A Romano PRODI che ha ritrovato più facilmente la strada del Palasport per vedere la Virtus piuttosto che il vicolo per andare a rinnovare la tessera del PD. Ai tempi di Messina  andava pure a vedere la Nazionale. Se la Lega cerca un presidente e ha scartato Veltroni perché non ci pensa?

9  A Massimo ZANETTI, unica vera vittima col fornaretto Cirelli del caso Lorbek che ci rubò Gilberto Benetton più della finale di eurolega persa contro Maljkovic, per questa idea della fondazione Porelli che ci terrà lontani da questi orgasmi elettronici e ci consentirà di vedere ancora palazzi dello sport dove colore, armonia contano come la scelta dei buoni giocatori. La gente bombardata dal rumore, asfissiata dalla pubblicità,  sapeva di trovare al Madison di piazza Azzarita una casa speciale. Nessuno lo ha imitato. Tutti caduti nella stessa trappola, persino gli All Blacks del rugby.

8 A Caleb GREEN che già sorrideva dal giornale prodotto dalla Dinamo al popolo  cestistico di Sassari prima d’infierire con i suoi 45 punti sulla Varese che ora ha certo capito quale deve essere la sua dimensione, dimenticando le meraviglie dell’anno scorso. Vero che anche Vitucci vedeva in giro scetticismo in partenza, ma poi l’imbattibilità, sapendo di non essere imbattibili, aveva dato un senso a tutto. Ora non separate i fatti dalle idee e non cedete all’idea che il ruvido in panchina rovina l’armonia.

7 Al JONES ritornato nel cuore di Roma dopo essere passato dai sogni africani, dal limbo dove lo teneva chi non aveva ascoltato la voce passionale del giovane Toti. Spesso i rampolli reali sbagliano, direbbero molti allenatori dell’Inter, ma però amano smisuratamente e magari vedono quello che sfugge ai troppo pragmatici e l’anno scorso Roma che discuteva Jones sapeva anche che nessuno più di lui dava consistenza alla difesa.

6 All’ARADORI recuperato dopo tanti guai per lo sforzo fatto nel momento in cui Cantù doveva mandare fuori giri questa Avellino che non rende abbastanza, non rende come sognavano quelli che adesso sembrano domandarsi se valeva la pena spendere tanto.

5 Al CARROZZONE della LEGA NAZIONALE, il vero basket, perché pentirsi adesso delle scelte di panza fatte ieri, convinti che Coldebella fosse l’uomo per risolvere ogni problema sembrava esagerato e liquidare il passato, che pure era stato glorioso e virtuoso e televisto, con amore semplice, dava un senso di amarognolo che ora si mastica nella casa dove tutto dovrebbe rinascere se ci fossero idee e risorse, se la gente facesse Lega e non trovasse ogni scusa per andarsene a funghi oltre il loro confine.

4 Al CUSTER TRINCHIERI che vive fra i cieli di Kazan per aver spiegato la sua nuova vita  da randagio del grande basket che ce lo fa ammirare sempre di più. Ma non ha mai chiarito cosa non ha visto in Cincianrini e Cusin per tenerli nella Cantù che stava costruendo, lui con l’ingegner Cremascoli ci ha fatto sapere, soltanto lui e lei, ovviamente, perché ai prossimi raduni ecumenici con Pianigiani questo argomento andrà sviluppato: l’allenatore ambizioso deve rischiare per far maturare ragazzi da maglia azzurra? Se sì, come verrebbe ripagato visto che in certi casi non si vince tanto?

3  A Gregg POPOVICH grande allenatore di San Antonio che vuole davvero umiliarci per aver avuto perplessità su Marco Belinelli. Lui lo ha messo in quintetto al Madison dove Bargnani  resta sempre il Buster Keaton  della Mela, straordinario nel non far capire se è felice o triste, lui ci ha creduto. Ora, come scusante,  vorremmo dire all’ex  agente che la NBA ha fatto maturare e cambiare il Beli di Sangio in Persiceto, ma l’Europa ad alto livello lo avrebbe cambiato molto prima e   la NBA avrebbe avuto il giocatore quasi completo che vede oggi.

2 Alla TERNA arbitrale della partita  bolognese che è  la fotografia esatta di come vorrebbero adesso i direttori di gara: pieni del loro non sapere, nascosti dietro il breviario. Non lo diciamo perché  sulla caduta in contropiede di Cerella poteva forse riaprirsi una partita che la Virtus meritava di vincere e che giustamente ha portato a casa anche nel momento in cui la fatica aveva fatto dimenticare il piano di battaglia che deve essere  questo fino alla fine.

1 A PETRUCCI e alla LEGA se in questo rotolare a valle dei trattati di pace, fra un caffè e l’altro, non si  allertano per evitare che a gennaio, febbraio, comincino gli stati di morosità di certe società verso i tesserati. Non facciamoci ridere dietro come al solito. Mandare subito ispettori sui posti dove già si saltano le mensilità o dove dicono che stiano saltando. Se non è vero e sono soltanto calunnie ancora più importanate sputtanare gli agenti esosi che fanno girare il veleno in barca.

0 Alla RAI che oltre  ad aver imposto la partita domenicale delle 20.30 è anche super sfortunata perché il maritozzo Sassari-Varese schiacciato dalla Sacher di Juventus-Napoli ha portato anche un tempesta sulla Sardegna per far saltare la luce nel palazzo. Certe volte la sfortuna ci vede benissimo e  se la provochi ti perseguita pure.

Share this article