La vita ingiusta con Nilton De Sordi

10 Settembre 2013 di Stefano Olivari

Gilmar De Sordi sono scomparsi a poche ore di distanza, ma la tristezza per due morti comunque coerenti con l’età (il portiere aveva 83 anni, il laterale destro 82) è superata dal senso di grandezza che certi nomi lasciano e lasceranno per sempre. La domanda su quale sia stata la più grande squadra di tutti i tempi non ha ovviamente una risposta indiscutibile, ma nel dibattito un posto d’onore merita di sicuro il Brasile del 1958. Quello del Mondiale svedese, quello della Coppa fino a quel momento sempre sfuggita, quello di Pelè, Garrincha, Didì, Vavà, Zagallo e di tutti gli altri. Ma se il nome di Gilmar (Gylmar dos Santos Neves) è sempre stato familiare anche ai non brasiliani, visto che sarebbe diventato campione del mondo anche nel 1962 e che era una delle colonne del Santos di Pelé, non altrettanto si può dire di quello di Nilton De Sordi. Grande difensore di destra, icona dei tifosi del San Paolo e noto per la sua bravura in marcatura più che per l’appoggio al centrocampo (che del resto all’epoca non veniva richiesto, nemmeno in Brasile), De Sordi fu il titolare per tutto quel Mondiale e fece anche molto bene. Nel suo girone il Brasile batté Austria e Unione Sovietica, pareggiando con l’Inghilterra, senza mai subire un gol. Proprio prima dell’ultima partita del girone, quella con i sovietici, ci fu la rivoluzione che portò all’esclusione di José Altafini, che stava facendo una buona figura, a beneficio di un diciottenne Pelé che era pompatissimo (una volta tanto a ragione) dai media brasiliani. A partire dalla terza partita con Pelé fu buttato nella mischia anche Garrincha (al posto di Joel), con Vavà spostato nella posizione fino a quel momento occupata da Altafini-Mazola… Rivoluzione che non toccò una difesa fino a quel momento perfetta (completata da Orlando, Bellini e Nilton Santos), che non diede chance nemmeno al Galles nei quarti di finale. Due gol subiti, ma dominio assoluto (5-2) contro la grande Francia di Kopa e Fontaine in semifinale e poi l’ultimo atto contro i padroni di casa. A questo punto mille versioni dei fatti, che concordano su pochi punti: 1) De Sordi era leggermente infortunato (una contusione, nulla di più), ma non in maniera tale da non poter giocare contro la Svezia; 2) Il parere decisivo per la sua esclusione fu quello del medico della Selecao, Hilton Gosling, che spiegò alla commissione tecnica della squadra che De Sordi non era nelle migliori condizioni psicologiche per giocare; 3) I senatori della squadra, Didì e Nilton Santos, spingevano per Djalma Santos che era stato loro compagno anche al Mondiale di 4 anni anni prima (quello del leggendario quarto di finale con la Grande Ungheria, negli anni successivi definito ‘La battaglia di Berna’) e che era stato in ballottaggio fino all’ultimo con De Sordi per una maglia di titolare. A tutte queste spinte Vicente Feola, che della commissione tecnica era la faccia ma che in realtà non aveva grande potere (all’epoca funzionava così, anche in Italia), non seppe opporsi. Rimaneva il problema di comunicarlo a De Sordi, nessuno aveva il coraggio di farlo e così la parte del cattivo dovette farla, come accade spesso ancora oggi, il medico. Un’ora prima della partita fece massaggiare De Sordi, convintissimo di giocare. A un certo punto gli chiese se sentisse ancora dolore e lo sventurato rispose qualcosa del genere “Sì, un dolorino. Ma ho ho giocato mille partite in queste condizioni”. Tanto bastò a Gosling per dirgli che il Brasile non poteva rischiare (all’epoca non erano possibili sostituzioni) e che quindi avrebbe visto la partita da spettatore. Djalma Santos giocò quella finale e gli bastarono 90 minuti, pur straordinari, per essere eletto miglior terzino destro della manifestazione. Non solo: vinse il Mondiale anche nel 1962, con De Sordi (più giovane di lui di 2 anni) ormai in precoce declino ed è, in quasi tutte le classifiche all time, considerato il miglior difensore di destra di tutti i tempi. Vista l’era paleo-televisiva a cui appartiene, sulla base ‘solo’ dei Mondiali. Dal momento che tutto funziona sul modello ‘Silding dooors’, per tutta la vita De Sordi ha pensato con buone ragioni di essere rimasto vittima di una enorme ingiustizia (lo pensa anche Altafini, ma di fronte a Pelé…) e che giocando quella finale il suo posto nella storia del calcio sarebbe stato diverso. Il suo posto, ma probabilmente anche quello di Djalma Santos. Che se ne è andato un mese prima. Quel Brasile invece rimarrà per sempre e come tutte le grandi storie ha le sue vittime innocenti. Nilton De Sordi è una di queste.

(Articolo pubblicato sul Guerin Sportivo del 26 agosto 2013)

Share this article