La vecchia Europa di Rothlin

16 Novembre 2013 di Stefano Olivari

Viktor Rothlin forse vincerà l’oro a Zurigo il 17 agosto dell’anno prossimo, di sicuro nel 2013 è stato il miglior maratoneta europeo ‘vero’ (ma potremmo anche togliere le virgolette politicamente corrette). Non lo dice il ranking ufficiale della IAAF, ma la realtà. Nella graduatoria annuale dei maratoneti, compilata dalla federazione internazionale, prima di lui compaiono alla posizione numero 72 il francese Abraham Kiprotich e alla numero 108 lo spagnolo Ayad Lamdassem. Solo 153esimo il trentanovenne del Canton Obvaldo, che il 3 marzo a Otsu, in Giappone, ha corso in 2:10:18. Ma Kiprotich è nato in Kenya ed è diventato francese a 26 anni, nel 2011, con una domanda di cittadinanza presentata sia come atleta che come ex arruolato nella Legione Straniera (!). Avventuroso anche il cambio di passaporto di Lamdassem: ex nazionale marocchino scappato dall’albergo durante una trasferta in Spagna, dal 2007 difende i suoi nuovi colori. Non siamo alle scandalose campagne acquisti di emirati e di nazioni che cercano scorciatoie da furbi (la Turchia, per dirne una), ma di sicuro Kiprotich e Lamdassem non sono un prodotto atletico di Francia e Spagna.

Senz’altro europeo è invece Rothlin, che a New York si è ritirato a metà gara come da programma ma che non potrà partecipare alla maratona di Fukuoka dell’1 dicembre a causa di una condizione che lui stesso giudica insufficiente. Forse dovuta anche a un recupero più lungo del previsto dopo la Jungfrau Marathon di due mesi fa: il terzo posto nella corsa dell’Oberland bernese è stato pagato caro, in questa fase della sua carriera 42 chilometri e 195 metri in montagna non sono stati una grandissima idea. Comunque fra un paio di settimane riprenderà ad allenarsi e la difesa in Svizzera dell’oro europeo conquistato a Barcellona 2010 (quelli preolimpici di Helsinki sono stati ‘europeini’ ed in ogni caso la maratona non era nel programma) è ancora più che possibile, vista la sua regolarità ad alto livello. Certo è che se il maratonismo europeo è rappresentato da un quasi quarantenne, con tutto il rispetto per la grande carriera di Rothlin (quattro partecipazioni olimpiche, sesto a Pechino 2008, più un bronzo mondiale a Osaka 2007), la situazione è preoccupante. Anche perché la specialità non è più il punto d’arrivo dei mezzofondisti da pista avanti con l’età, ma è ormai dominata da atleti che nascono e crescono come maratoneti.

Nessuno dei primi tre del ranking, tutti keniani (il primo è ovviamente Wilson Kipsang Kiprotich con il record del mondo stabilito a Berlino, 2:03:23), ha un passato significativo in pista, mentre il quarto, Kipchoge, risponde ai vecchi canoni del grande ex mezzofondista (oro ai Mondiali di Parigi 2003 nei 5.000, più varie medaglie olimpiche e iridate) che allunga la distanza. Ma ad impressionare non sono le punte keniane e africane in genere, quanto il loro livello medio. Non c’è maratona di serie A o B che non venga dominata da loro, al punto che molti organizzatori arrivano a strapagare atleti di casa che arrivano ventesimi pur di avere qualche faccia in cui lo spettatore locale possa identificarsi. Potrà sembrare razzismo, ma in un periodo di crisi finanziaria è marketing quasi obbligato. Certo è che la supremazia degli atleti keniani ed etiopi è imbarazzante: considerando le velocità medie, ce ne sono la bellezza di 34 che nel 2013 avrebbero dato a Rothlin un chilometro di distacco all’arrivo. E non tutto si può ricondurre alla scarsa frequenza dei controlli antidoping a sorpresa nella Rift Valley.

Ma chi è in definitiva il miglior maratoneta del mondo, visto che il cronometro nelle gare su strada non dice tutto? Intanto vanno presi in considerazione soltanto le cosiddette World Marathon Majors, cioè il circuito delle maratone più importanti che su base biennale dovrebbe dare il suo verdetto su basi oggettive. L’arco temporale è di due anni perché raramente un grande specialista partecipa a più di due maratone per stagione e quindi si vuole ‘spalmare’ la competizione su almeno quattro prove. Che sarebbero Giochi Olimpici e Campionati Mondiali (nella serie 2012-2013 ci sono stati entrambi), più New York, Londra, Chicago, Boston e Berlino. A partire dalla classifica 2014-15 entrerà in questo esclusivo club anche Tokyo, spinta da una travolgente passione dei giapponesi (da Haruki Murakami in giù) per la maratona che si riflette anche nel ranking.  Il campione 2012-13 è stato, secondo i punteggi assegnati ai piazzamenti, l’etiope Tsegaye Kebede: nel 2012 terzo a Londra e primo a Chicago, quest’anno primo a Londra e secondo a New York. Esempio proprio del nuovo corso di maratoneti puri, bronzo olimpico a 21 anni a Pechino. Kebede non è certo un modello di stile ma insieme al campione olimpico Kiprotich (il Kiprotich ugandese) e al connazionale Desisa, vicecampione mondiale, è riuscito a non farsi condizionare dai keniani e dal loro modo di correre, tipo gara ad eliminazione. Agli europei rimangono le gare master e in quelle principali solo qualche campione delle vecchia generazione come Rothlin. I nostri parchi sono pieni di quarantenni che vogliono tenersi in forma, ma non di ragazzi ambiziosi.

(pubblicato su Il Giornale del Popolo di venerdì 16 novembre 2013)

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