La vacinada di Messina

Il punto sulla stagione dell’Olimpia Milano dopo avere raggiunto le Final Four di Eurolega...

5 Maggio 2021 di Oscar Eleni

Oscar Eleni da Sant’Elena per  spiegare ai cantori napoleonici la Vacinada di Ettore Messina nel giorno in cui l’Armani  ritrovava una finale europea. Come il grande corso anche Ettorre avrà capito come sia facile andare dall’altare alla polvere. L’ultimo minuto di gara cinque contro il Bayern, vera rivelazione del torneo europeo, gli dà tutto il diritto, come allenatore e presidente, di fare trattenute, su stipendi sontuosi, per pagarsi un vagone di antiacido per il mal di stomaco. Quei 10 punti mangiati in un minuto dai bavaresi erano incubo, anche se in stagione ci eravamo abituati a partite dove la Maginot difensiva sembrava vera, dove l’attacco aveva ispirazioni da farfalla che vola e ape che punge, ma anche a momenti dove la squadra faticava a fare più di 15 punti. Era stata costruita così. Cavalleria leggera, artisti, poca gente da trincea. Per fortuna nel gruppo hanno messo anche Shields e Hines e con loro sono andati davvero lontano, spesso ispirati da Rodrigeuez.

Nel diario messiniano queste giornate resteranno speciali. Per fortuna, mentre danza come Zalone con la divina Mirren, accompagnando la sua Armani vacinada, dal femore artificial, che spesso appoggia il sorriso protesi sul comodino, verso Colonia, avrà anche lasciato in cucina lo sbrodolamento esagerato. Certo che ha fatto benissimo il suo lavoro. Non avevamo dubbi. Undici finali europee, 4 euroleghe portate a casa per la gloria virtussina e del CSKA, ci dicevano che era lontano il tempo del nobile ritiro, senza aspettare gli esoneri dorati come Mourinho che ora fa tremare dopo l’abbraccio paravento con il daje Roma che ricorda tanto il non sono un pirla nella presentazione interista. No, con lui c’erano tutte le garanzie, ma ululare che molti giocatori scelti hanno fatto bene il loro lavoro ci sembra esagerato anche stando nel teatrino. Certo lui, parlando di “giocatori strepitosi”, ha confuso la servitù, come succede al grande cuoco quando non trovando il sale ci mette il limone.

Gloria sia, nel nome di Armani. Tutto bello, ma, per caritànon parliamo di basket italiano riscattato se la squadra da finale aveva dentro un solo italiano, il Gigi Datome che, in realtà, si è visto davvero soltanto in gara cinque. Anche qui nessuna novità. Succede di confondere, nel professionismo. Le grandi cercano di prendere il meglio, il passaporto conta poco. Lo sa anche Shields, uomo del Kansas diventato gigante in Europa dove ha preso anche la cittadinanza danese giocando nella loro under 20, uno che a Trento diede due finali scudetto, anche se perdute, un titolo spagnolo ai baschi di Vitoria. Siamo contenti di riavere una italiana in finale, 11 anni dopo Siena che oggi devi citare, ma non nominare, come se davvero intorno ci fossero soltanto vergini dai candidi manti. A proposito, il calcio parla di tetto ai salari, cosa che Buzzavo e Treviso proposero tantissimo tempo fa per un basket che non seppe ascoltare.

Cara Armani, buon viaggio nella speranza che in semifinale col Barcellona possa trovare le ballerine fuori tempo in maglia rosa arrivate addirittura a gara cinque col San Pietroburgo, altra bella rivelazione del play off, l’ottava in una stagione senza vero padrone, perchè neppure i catalani ora “rinforzati” da Gasol, primi alla fine della stagione, avevano camminato senza sentire il dovere di andarsi a confessare per certe partite giocate davvero maleA Colonia arrivano tutti con qualche peccato da scontare. Il CSKA ci ha messo un po’ per dimenticare il divorzio da James liquidato da Messina con un messaggio elegante dove c’era la verità: cercati un’altra squadra. L’Efes, che stava per essere tradito dal suo maghetto Larkin, ha fatto fuori il Real Madrid orfano della genialità di un Campazzo andato a smazzare assist NBA in quel di Denver. I turchi in  campo per riavere quello che la pandemia  aveva tolto l’anno scorso.

Armani non favorita, ma più leggera. Ora può amministrare il suo finale di stagione, anche se la Lega, genuflessa ai boia dell’irregolare e della retrocessione, impegnata a congratularsi, non si è mossa come quella spagnola dopo la qualificazione del Barcellona: tutti i play off al meglio delle tre partite. Da noi? Prima di muoversi bisognerà aspettare, ad esempio, che a Sassari decidano come valutare le bestemmie  di Pozzecco. Chiaro e scuro. Ora sembra cielo nero per il Poz, ma con Sardara hanno fatto pace spesso e, se dovessero divorziare, faranno come i coniugi Gates, anche se la signora si prenderà molto di quello creato dal marito geniale.

Aspettando che i recuperi definiscano la classifica finale ci si domanda, non soltanto a Sant’Elena, il motivo per programmare alle 20.30 di lunedì 10 l’ultimo turno. Sadomasochismo televisivo? Voglia di fare dispetti ai giornali già smadonnanti per  le partite  di coppa dell’Armani alle 20.45, sempre oltre il coprifuoco da virus in Italia e Germania? Valli a capire. Per adesso stiamo tranquilli: Petrucci ha incontrato la grande Vezzali, oro della scherma, argento della politica: ci hanno detto che hanno parlato, ma dai. Ci hanno detto che hanno anche fatto i conti per  riavere pubblico sulle tribune. Voi cosa  dite? Allegria o no ?

Pagelle ARMANI dopo la galoppata per arrivare in finale:

MESSINA e il suo staff con STAVROPOULOS in sala macchine 8 – Geniali e pazienti, forse anche troppo pazienti.

DELANEY 6 più – Sei più per tutto, sei meno per troppe cose. Va preso così, spesso aiuta.

PUNTER 6 – Più fumo che arrosto contro lo sbarramento bavarese, ma comunque era calamita per liberare altri.

MICOV 6 – Sempre saggio, professorale, ma le gambe sono da Vacinada.

LEDAY 6 – Quando doveva fare il vero esame di maturità ha dimenticato a casa gli appunti.

TARCZEWSKI 6 – Ti dà tutto quello che può. Poco per la verità.

DATOME 6 – Ha risposto presente in gara cinque dopo molte assenze ingiustificate.

HINES 7.5 – Ha cantato poco, ma portato sempre la croce da uomo d’oro.

RODRIGUEZ 7.5 – Geniale anche quando tossiva senza  proteggersi dai nemici bavaresi.

SHIELDS 8 – L’uomo in più per quasi tutta la stagione.  Col Bayern ha sofferto, ma poi come l’ultimo samurai ha meritato l’inchino di tutti nella battaglia finale.

Per BROOKS, EVANS, ROLL, CINCIARINI, BILIGHA, MORASCHINI, MORETTI il momento di meditazione: vittime o colpevoli  per il loro impiego ridotto al minimo?

Share this article