La strada di Giorgio Aiazzone, provare per credere

20 Marzo 2019 di Indiscreto

Provare per credere. Biella intitolerà una via a Giorgio Aiazzone, con qualche decennio di ritardo rispetto al dovuto. Perché il re del mobile, nonché icona anni Ottanta, non soltanto è stato un innovatore nell’imprenditoria italiana ma è anche il primo nome che molti italiani, noi di sicuro fra questi, associano alla città di Biella. Aiazzone è morto in un incidente aereo nel 1986, a 39 anni, ma grazie a You Tube il suo nome dice qualcosa anche a molti giovani che possono godere delle performance di Guido Angeli, Wanna Marchi, Walter Carbone e altri testimonial del mobilificio piemontese che a metà anni Settanta cambiò le regole del gioco inventandosi quella che nel cialtronese del marketing odierno verrebbe definita ‘experience’. Ma qual era la peculiarità di Aiazzone?

La prima intuizione di Giorgio Aiazzone fu quella di andare oltre la normale pubblicità in televisione, che in quegli anni stava esplodendo grazie anche alla nascita delle tivù locali. Non semplici spot o telepromozioni, ma vere e proprie trasmissioni per promuovere il brand Aiazzone, con slogan martellanti (“Consegne in tutta Italia, isole comprese”, “Dite che vi manda Guido Angeli”, “Il sabato grande festa” e il celeberrimo “Provare per credere”). Trasmissioni all’inizio su Telebiella ma poi dilaganti sui canali locali di tutta Italia, soprattutto di quella del Nord. Da Antenna 3 a Videolina, da Quartarete a Tele Genova, passando ovviamente per Rete A, ogni italiano di una certa età sa di cosa stiamo parlando. In breve Aiazzone divenne uno dei maggiori investitori pubblicitari d’Italia e di fatto proprietario di molte tivù. Ad un certo punto con il suo G.A.T., sorta di syndication, vagheggiò anche di diventare imprenditore televisivo ma sul campo era già arrivato Berlusconi, che fra l’altro lo stimava molto.

La seconda intuizione fu quella di non limitarsi a vendere mobili, lui che era partito dall’azienda poco più che artigianale del padre, ma di mettere il marchio Aiazzone anche a mobili prodotti da altri e di venderli all’interno di una vera e propria Aiazzone City. Dove chi entrava veniva omaggiato di orologi e gadget vari, con sconti per ristoranti e alberghi, e così era maggiormente disposto a passare una giornata dentro il mobilificio. A volte comprando poco o niente, ma comunque diffondendo il verbo di Aiazzone e quasi sempre tornando la settimana seguente per farsi fare un progetto dai memorabili “nostri architetti”, quelli “Che vi ospiteranno a pranzo e a cena”. In altre parole, Giorgio Aiazzone aveva previsto l’Italia dei centri commerciali molti anni prima che esistessero i centri commerciali.

Le terza intuizione fu quella di mantenere tutto molto centrato su Biella e sul punto vendita principale, che diventò così meta di veri e propri pellegrinaggi, in quanto ogni giornata era spacciata come un ‘evento’. Con le consegne gratuite in tutta Europa, come se dalla Danimarca o dall’Irlanda qualcuno fosse interessato al truciolato del Canavese, che come messaggio avevano comunque un grande impatto in quel mondo pre e-commerce. La famosa filosofia Aiazzone era un condensato di tutto questo, ma poteva essere sintetizzata soltanto dalla figura del fondatore.

Un peccato che dopo la sua morte l’impero sia rapidamente andato verso il declino fra vertenze giudiziarie e l’inevitabile vendita da parte degli eredi, con l’entrata in scena a un certo punto anche di Gian Mauro Borsano. E quando si parla dell’ex presidente del Torino sembra inevitabile anche l’arrivo della magistratura… Per farla breve, dal 2011 Aiazzone non esiste più nemmeno come marchio, ma la lezione del suo fondatore è stata rielaborata da molti imprenditori di successo. Personalizzazione, forza del brand, coinvolgimento emotivo del cliente, acquisti di impulso: concetti oggi banali ma che negli anni Settanta non lo erano. Insomma, Giorgio Aiazzone è stato qualcosa di più di un venditore di mobili di serie B e di un ispiratore di televisione trash. Un uomo del fare, come ricordato nel titolo della biografia scritta dalla sorella Enrica.

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