Basket

La squadra di Polonara

Oscar Eleni 18/06/2025

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Oscar Eleni in via Brera, nella Milano soffocata dal cemento e non esaltata dai grattacieli, per cercare artisti che dopo aver fatto una vera opera d’arte devono buttare via tutto. Succede alla Virtus dai piedi blu, la squadra campione d’Italia del basket che nel dolore, pensando al Polonara inchiodato su un letto d’ospedale, lascia in spogliatoio la ferocia come la sua avversaria che ne condivide il dramma, e sente dentro una musica diversa, quella del gioco come armonia collettiva, piacere di comporre insieme l’ultimo valzer, quello del diciassettesimo scudetto, lasciando che Dusko Ivanovic finga di non ricordare questo capolavoro come il più grande in una carriera dove ha portato gioia e scudetti in tutti i posti dove ha lavorato cominciando dalla Spagna, creato, urlato e si è fatto maledire durante i suicidi alla fine di ogni allenamento.

Questa scuola di vita e di sport della ex Jugoslavia, una scuola che avremmo dovuto imitare invece di invidiarla soltanto. Sono state sicuramente imprese quelle che hanno fatto nel nostro basket il veterinario STANKOVIC con la Cantù del 1968, il Gelsomino REPESA con la Fortitudo di SERAGNOLI, il Boscia TANJEVIC che Petrucci non è stato capace di coinvolgere anche se era il nostro mago di Oz venuto dalla sacra Bosnia, dalla Sarajevo campione d’Europa, l’uomo che con il cavalier MAGGIÒ ha portato la musica e la meraviglia a CASERTA, la gioia a TRIESTE e MILANO con il signor STEFANEL, l’oro europeo con la Nazionale a Parigi, senza incolpare nessuno per il boicottaggio psicologico interno che gli rubò la medaglia olimpica a Sydney, il viaggio nei sogni proprio in casa Virtus del DJORDJEVIC che aveva contro chi poi è stato liquidato dalla società quando era necessaria la purificazione dopo le trappole lasciate aperte per BANCHI che se ne è andato dignitosamente insieme al suo fegato molto provato, capolavoro storico quello del MILICIC che ha riportato la coppa Italia a Napoli. Una scuola, un mondo, lo stesso del grande Djokovic che nel dolore ha costruito la carriera da numero uno.

Era il finale che ci aspettavamo appena si è accesa la luce con il trottolino amoroso TAYLOR, uno trovato quasi per caso in una società spagnola che andava verso la retrocessione, uno che per settimane veniva deriso al Pavaglione, tipico di una città dove tutti sono allenatori, di calcio, di basket, per anni anche di pallavolo, sicuramente di baseball, per fortuna terra anche di grandi allenatori, maestri, dall’atletica, alla pallacanestro come diceva il PARISINI che vorremmo rivedere come nume tutelare in via San Felice, facendo gli auguri al GHERARDINI se, finalmente, accetterà di dare una mano al basket italiano tornando su questa pista.

BRESCIA, senza un giocatore come NDOUR che rendeva luminoso ogni triangolo di gioco insieme al genio BILAN, ai cateti principali, quelli cancellati dalla difesa bologne, senza trovare spazi per armare il braccio antico, ma sempre buono, del DELLA VALLE che andrà con la Nazionale del tre contro tre, senza liberare mai l’IVANOVIC il giocatore in cui POETA si è reincarnato come uomo e come allenatore. La Leonessa della presidentessa sempre sorridente avrebbe voluto bisogno della rabbia che invece era svanita, come la voce delle folla, pensando davvero al POLONARA sul letto dell’ospedale bolognese dove il ragazzo di Ancona, l’ACHI di tante battaglie, riceveva le carezze del mondo, della moglie, del presidente federale guardando il viaggio verso uno scudetto che è sicuramente suo e non soltanto per il capolavoro nelle sfide contro VENEZIA e MILANO. Era il viaggio di una squadra ricostruita che sentiva il gioco come liberazione, armonia collettiva, senza altri pensieri oltre a quello della coppa da portare ad ACHILLE uno che in quell’ospedale aveva già combattuto un male tremendo, eroico nel voler ritornare.

Festa finale vissuta nella famiglia sapendo che più di metà squadra l’anno prossimo non ci sarà cominciando dallo SHENGELIA principe georgiano, sicuramente senza il capitano BELINELLI che lascerà il campo, ma non il giardino bolognese del basket. Virtus che può chiedere un altro anno di sacrificio ad HACKETT, forse, con la fortuna di aver trovato in TAYLOR l’uomo che davvero può far muovere la macchina dei giganti, lui che nessuno voleva vedere in campo anche se era arrivato dopo la cacciata dell’Holiday che non ha lasciato niente, forse non soltanto per colpa sua.

Ciao basket che ora ci farai smaniare con le NAZIONALI, nella speranza che vada tutto bene, anche se sappiamo che dall’inferno di un campionato poliglotta regaleremo all’allenatore di AZZURRA speriamo non TREMEBONDA pochi giocatori di qualità anche se tipi come PAJOLA, DIOUF, AKELE ci sembrano pronti per aiutare la barca a non andare contro le rocce del basket internazionale.

Voti 10 a tutti, perché tutti in questo mondo sono primo al traguardo del mio cuore che batte lentamente, un tamburo in una foresta dove non ci sono quasi più alberi come nella Milano dove si respira cemento come avrebbe detto Lucio DALLA che di sicuro sta facendo festa al tavolo grande del Diana paradisiaco col PORELLI capotavola insieme al suo amico TESINI che, per una volta, rinuncerà a litigare nel nome della sacra FORTITUDO che Artiglio CAJA ci ha promesso di riportare dove deve essere, proprio come Cantù. Un abbraccio a tutti.

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