La sintesi di Clint Eastwood

31 Agosto 2012 di Stefano Olivari

Clint Eastwood è di destra o di sinistra? Domanda che ricorda il surreale dibattito italiano di qualche anno fa riguardante Tex Willer… dopo il monologo-dialogo con una sedia vuota (dove il vuoto rappresentava Obama), incentrato sulla disoccupazione, che ha chiuso la convention repubblicana di Tampa, verrebbe da dire di destra. Peccato per le critiche ai suoi prossimi film, se fosse un regista europeo. In realtà Eastwood, che da vecchio è stato inevitabilmente rivalutato come attore (solo in Gran Torino è stato sopra la media, secondo noi, mentre grande vero oltre che onestamente furbo è l’Eastwood regista), è sempre stato repubblicano del genere anarchico-libertario. La sua esperienza politica diretta si è esaurita in qualche anno da sindaco indipendente in un paesello e ci ricordiamo sue prese di posizione nette solo a favore di Arnold Schwarzenegger, che come outsider (un ex culturista di Graz di solito negli Usa ha meno chance politiche di chi ha studiato in un college della Ivy League) e come posizioni sulle libertà personali lo ricorda. Non a caso Eastwood in California ha spesso sostenuto candidati democratici, liberal autentici come Sam Farr e Gray Davis (predecessore di Schwarzenegger come governatore, fra l’altro). L’unica cosa sorprendente dell’Eastwood repubblicano è insomma la sorpresa, avendolo visto con i nostri anziani occhi (in televisione) su un palco con il primissimo Ronald Reagan e l’ultimo John McCain. Del suo sostegno a Romney ci ha sorpreso… proprio Romney, un pezzo di legno con autori nemmeno tanto ispirati, per non parlare del suo vice designato, l’iperliberista Paul Ryan. Il repubblicano dell’America di Eastwood è, parlando per stereotipi, l’operaio della General Motors che guarda il football e va a pescare, non certo un gestore di fondi di investimento che sogna di togliere Medicare (che fu introdotto non da Obama, ma da… Lyndon Johnson!) agli over 65 per fare un favore alle assicurazioni. Insomma, il pensiero politico dell’attore lanciato da Sergio Leone è abbastanza complesso, lui si definisce a metà fra Milton Friedman e Noam Chomsky: la sintesi fra il padre del monetarismo e uno dei più acuti critici del capitalismo non sarebbe venuta così bene nemmeno al Jovanotti di ‘siamo tutti una grande chiesa, da Che Guevara a Madre Teresa‘. Ma questo è già volare alto. Stando più bassi, siamo curiosi di vedere come cambieranno le critiche artistiche e giornalistiche nei confronti di Eastwood dopo che ha osato non tanto criticare ma proprio prendere in giro Obama, più che un presidente ormai un feticcio del politicamente corretto.

 

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