La seconda di Federer

13 Novembre 2013 di Stefano Olivari

E’ dalla finale di Wimbledon 2008, quella che Nadal vinse con un drammatico 9-7 al quinto set, che si parla del declino di Roger Federer. Che nel frattempo ha continuato imperturbabile, anche se a un ritmo inferiore, a vincere tornei dello Slam (altri 5, oltre ai 12 che aveva già conquistato), Masters 1000 e tanto altro, prima di sbattere contro un 2013 che per per i suoi parametri è stato di sicuro negativo e si è concluso con le ATP Finals di Londra fra grandi prestazioni (eroica quella nel girone contro Del Potro, con il pugno battuto sul cuore alla fine) e numeri estemporanei in mezzo a partite che non avrebbe vinto nemmeno rigiocandole 10 volte, come quelle con Djokovic e Nadal. Insomma, per la prima volta Federer non solo ha perso di continuo contro i più forti ma ha dato proprio la sensazione di non essere più al loro livello. E non certo per questioni di ranking, dove attualmente occupa la posizione numero 6. Alla sua età, 32 anni, quasi nessuno dei grandi del tennis moderno è stato capace di vincere un torneo dello Slam: Wilander ha vinto l’ultimo dei suoi a 24 anni, Borg e McEnroe a 25, Lendl a 30, Laver, Sampras e Connors a 31. Insomma, oltre l’età di Federer hanno vinto tornei dello Slam solo Agassi a 33 anni e Rosewall, a 38 (!).

Ma questa è statistica, che conta meno dell’impressione visiva di un Federer che semplicemente tira meno forte che nel passato e ha una fase difensiva che contro i più forti non gli permette più di ribaltare il comando dello scambio. Si trova così nella condizione di dover chiedere moltissimo alla prima palla di servizio, perché sulla seconda i Djokovic, i Murray e i Nadal prendono subito l’iniziativa e lo sbattono all’angolo: contro la sua nemesi, nella semifinale di domenica, servendo la seconda ha conquistato a malapena un terzo dei punti. Detto questo, quello che i colleghi (anche quelli del passato) ritengono il più grande di tutti i tempi, in alternativa a Laver, nel suo deludente 2013 non pensa affatto di essere finito ed in effetti la sua annata si presta a differenti letture. Prima di tutto perché la sua preparazione invernale è stata più leggera del solito, un po’ a causa di esibizioni e molto per scelta personale, senza consigli di allenatori, motivatori o guru: una grande qualità di Federer è sempre stata quella di ragionare (e a volte di sbagliare) con la propria testa, senza mettere la propria vita in mano ad altri. Forse solo la sua Mirka avrebbe potuto riportarlo verso le scelte del passato, ma è ancora in tempo. Gli allenatori di Federer, anche quelli prestigiosi, sono sempre sembrati mezze figure, bravi professionisti che il più grande di tutti usava solo per scaldarsi e avere qualcuno che lo tirasse giù dal letto. Lundgren, Tony Roche, Higueras, per non parlare di Annacone e di Luthi: tutti hanno ricevuto l’arrivederci e grazie, senza particolari motivi di attrito. E’ che per Federer davvero uno vale l’altro. Compreso Riccardo Piatti, in uscita da Gasquet, del quale si è letto e parlato.

Il 2013 era iniziato arrivando in semifinale agli Australian Open, battuto in cinque set da Murray. Sconfitta dolorosa, ma meno di quella patita nella finale olimpica di Londra con lo stesso Murray (l’oro a cinque cerchi Federer lo ha agguantato a Pechino 2008, in coppia con Wawrinka). A Melbourne ha perso un po’ di sicurezza, passando poi attraverso sconfitte tristi (con Benneteau a Rotterdam e con Berdych in Dubai) e altre scontate (Nadal nei quarti di Indian Wells, ormai quasi un quinto Slam). Fuori prima del tempo a Madrid con Nishikori, Federer ha raggiunto la sua prima finale dell’anno a Roma. Solo che c’era Nadal. Quarti al Roland Garros, strabattuto da Tsonga, e prima coppa alzata dell’anno solo a pochi giorni da Wimbledon, ad Halle. La mazzata è arrivata a Wimbledon, fuori con Stakhovsky al secondo turno, prima volta dopo 36 (quindi 9 anni di fila!) in cui Federer non è arrivato almeno ai quarto di un Slam. Estate fra mal di schiena e modesta attività sulla terra europea, prima di provarci a Montreal e a Cincinnati. Niente da fare, US Open iniziati in crisi di fiducia e terminati negli ottavi contro il risorto Tommy Robredo. Il resto è storia di oggi, ATP Finals comprese, inutile bombardare con cifre e risultati.

Più importante è secondo noi devoti rispondere alla vera domanda: Federer può ancora vincere qualcosa di importante? La risposta è, sempre secondo i devoti, la seguente: sì, se qualcuno nel corso dei tornei gli eliminerà o stancherà molto Djokovic e Nadal. Con tutti gli altri top ten Federer non parte di certo battuto: con il numero 3 Ferrer ha un record di 14 a 0 (!!!), con il 4 Murray, peraltro alle prese con acciacchi vari, non gioca da Melbourne (dove comunque perse al quinto set), con il numero 5 Del Potro si è visto a Londra che livello può raggiungere, tutti gli altri hanno molte meno possibilità anche del Federer attuale di vincere uno Slam. E allora tanto vale spararsi tutto in questo 2014, visto che i ‘giovani’ Djokovic e Murray avranno 27 anni e Nadal 28, mentre fra gli emergenti si vede poco potenziale a questo livello di eccellenza. Per trovare un 22enne, cioè l’età di Federer quando vinse il suo primo Slam nel 2003, bisogna scendere fino alla posizione numero 23 del signor (o ex ?) Sharapova, il bulgaro Grigor Dimitrov. E per trovarne un altro bisogna arrivare fino al 51 del discontinuo australiano Bernard Tomic. Due ragazzi di talento, di certo ancora senza la testa per puntare in alto. Insomma, proprio come dicono i vecchi al bar leggendo la Gazzetta sul bancone dei gelati, non ci sono più i giovani di una volta. Per questo un Federer tirato a lucido anche a 33 anni potrà fare tantissimo. E magari Djokovic e Nadal avranno quel crollo improvviso che tanti uccelli del malaugurio profetizzano per i motivi più vari (soprattutto uno).

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